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Live a Napoli per Marco Masini, fenice della musica italiana – di Fabio Fiume

Creato il 12 maggio 2013 da Halixa @Halixa

marco masini
Tappa partenopea, al Teatro Cilea,  per il fiorentino Marco Masini, che torna sempre con piacere alle pendici del Vesuvio, sia per l’accoglienza che di solito riceve, che per i tanti amici che dichiara di avere della città o in città, uno tra tutti il nostro calciatore “superbike” Christian Maggio, per il quale racconta divertito di aver suonato anche al matrimonio. Si tratta stavolta però di una tournée particolare, che arriva a supporto di un disco altrettanto particolare, intitolato “La mia storia piano e voce”, progetto ambizioso in cui il cantautore riveste, anzi sarebbe meglio dire spoglia, le sue composizioni più significative, per renderle al suo pubblico così come sono nate, dalla magia che a volte nasce da una coppia di mani che percuote i tasti di un pianoforte. Senza quindi sovvertire quanto ci si aspetta, Marco compare a centro palco con solo un pianoforte e due grandi led, dove di tanto in tanto, a comando del nostro, compaiono in una versione colorata, stile Andy Warhol, alcune facce che durante la sua venticinquennale carriera sono state fondamentali. Si parte dal compianto Giancarlo Bigazzi, che lo volle al suo fianco nelle produzioni in studio di gente come Raf, o come il trio sanremese Morandi, Ruggeri & Tozzi, per cui Masini provinò i pezzi e che pareva non fosse troppo convinto inizialmente delle attitudini canterine dell’impaziente giovanotto. Diversi anni sono così trascorsi sul finire degli 80, tra sala e studi delle più disparate condizioni, da quelli ricchissimi delle super produzioni a quelli da pochi soldi usati da giovani emergenti con pochi mezzi e pochi investimenti, il tutto sperando che prima o poi… E così col solo ausilio di quell’amico pianoforte, Masini ha dato il là ad oltre due ore di musica, partendo proprio da quei provini, la sempre verde “Si può dare di più” e la più elaborata “Cosa resterà degli anni 80″ fino a quando insieme a Beppe Dati (compare il suo faccione sui led )  non compose “Dal buio”, che piacque tanto all’istrionico Massimo Ranieri, che la volle incidere proponendola ad un programma di prima serata di Rai Uno; era il 1989 e da allora la vita di Masini cambiò del tutto. Iniziarono infatti ad arrivare tante richieste per avere dei brani suoi, ma Marco capì che forse era meglio affinare sulla sua voce quelle composizioni e riappropriandosi di quella “Dal buio”, iniziò a scrivere tanto per un eventuale primo album. Nacquero così “Caro babbo”, sul difficile rapporto col padre e la notissima “Disperato” , che piacque al punto da essere selezionata per Sanremo giovani, tra testo da risistemare, perchè a detta della commissione inneggiava alla violenza, finite nel primo omonimo disco. Seguirono gli anni della discesa facile, vittoria a Sanremo, oltre 600.000 copie del primo omonimo album, un altro singolo entrato di diritto tra i capolavori della musica italiana, quella “Ci vorrebbe il mare” al termine della quale qualcuno gli grida :”Marco sei un poeta”. Sorride e scherza molto Masini, complice di un pubblico che ascolta divertito altri aneddoti tra una canzone e l’altra, come le femmine che aumentarono a dismisura come api intorno al miele, ma anche situazioni più tristi, come quando dopo il terzo posto a Sanremo 1991 con “Perchè lo fai” ed il plebiscitario successo di un disco come “Malinconoia”, che mise in riga oltre 1.2 milioni di acquirenti, qualcuno stesso dell’etichetta discografica, quindi in teoria un amico, iniziò ad additarlo come perdente, cantautore dall’immagine negativa e non ultimo portatore di jella. Marco con l’aiuto di Bigazzi, fiutata l’aria, rispose con un brano velenoso, il cui titolo dovremmo “beepparlo”, ma tant’è che fu il successo,  che sinceramente…. Si trattava di “Vaffanculo”, brano leader di un altro disco, quel “T’innamorerai” dove la title track diede la spinta definitiva ad un nuovo successo da quasi un milione di copie e che i discografici offesi  non volevano promuovere.

Fu invece Pippo Baudo ( altro faccione sui led ), che lo volle promozionare in un suo show, salvandolo dall’embargo. Pausa quindi nella lunga carriera di Masini e spazio ad una giovane Giulia Pastorelli, che compare sul palco vestita in maniera surreale, con gonna demodé di tulle resa un filo attuale dal giubbinetto, per proporre due brani, il primo, “Parole”, di sua composizione, dotato di un inciso ficcante che come recita il testo ti entra nella testa, ed il secondo, “Piccole donne”, scritto per lei da Grazia Di Michele e che come ogni sua composizione appare musicalmente leggero, soave, pur raccontando nel testo messaggi con un non indifferente peso specifico. Si farà. Torna Marco ed è il momento di raccontare i momenti complicati, come l’album “Scimmie”, composto lontano da Bigazzi e di cui ricorda vendette talmente poco, che forse nemmeno tutti i parenti… Da esso ci ripropone la bella “Fino a tutta la vita che c’è” che però nella versione solo piano perde la sua potenza. Il ritorno a Sanremo con “Raccontami di te”, scimmiottata da “T’innamorerai” impressionabilmente simile in tutte le aperture melodiche, non produsse i risultati sperati e lo spettro delle maldicenze ( compare ovviamente Mia Martini sui led ) spinse all’oblio la promozione del successivo “Uscita di sicurezza”, che Masini salta a piè pari  ( peccato per la splendida “Lasciaminonmilasciare” ). Il ritiro quindi e poi la rinascita, proprio nuovamente al festival del 2004, che Marco vinse a man bassa  con quella “L’uomo volante”,  che ripropone e di cui il pubblico ricorda ogni singola parola, seguita dalla dolce “Il giardino delle api”, dalla “Ti amo” figlia del disco con Umberto Tozzi e dalla più recente e bella “Niente d’importante”. Tempo quindi di chiudere il percorso con l’attuale inedito “Io ti volevo”, mentre noi si rifletteva, sulla bellezza e profondità di alcuni testi, che forse oggi con la maturità degli anni si è maggiormente in grado di capire e sentire in qualche modo e su come la lunga carriera di Masini sia stata comunque piena di alti si ma anche di momenti molto bassi da cui lui, come fenice, è sempre riuscito a risorgere.



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