È domenica, e pure il Live Arts Week se ne rende conto. Oggi propone un chillout post-sabato sera molto scarno e diluito nel tempo. Di pomeriggio propone una maratona di film di Neil Beloufa, Dora Garcia, Gaëlle Boucand e Ben Rivers/Ben Russell, mentre la notte, sempre al MAMbo, sarà un ospite molto atteso a farci sciogliere le orecchie.
Per tutto il festival Canedicoda ci ha accompagnato con i suoi originali video ricercati su YouTube e le sue comode e (altrettanto) visionarie sedute. L’ultimo tema è la meraviglia e ricollega un po’ tutto il percorso visto finora. Anche le proiezioni si raccolgono vicine l’una all’altra, per poi tornare, dopo stasera, nella collezione privata di Giovanni Donadini. In ogni caso i più appassionati potranno portarsi a casa una o più panche, grazie all’asta che verrà allestita dopo il concerto.
Si è molto parlato di Traditional Music Of Notional Species Vol. I, primo disco di Rashad Becker. Un album aperto a mille interpretazioni, che sconvolge per la confusione che genera a ogni ascolto, stando in bilico fra genio e nonsense. Nel raccontarlo a Gianni Peng, “essenza ed entità” del Live Arts Week, Becker lo definisce come “il lavoro di un artigiano nel suo studio, il quale modella, senza sperimentare, la musica, come fosse una scultura rappresentante delle entità, che io considero essere una popolazione che vive in un posto che non necessariamente denota un luogo geografico, ma più uno stato mentale”, dunque un’idea di se stesso come scultore audio, collegata al suo essere ingegnere del suono presso Dubplates & Mastering (Berlino).
Le danze tradizionali delle sue entità astratte dal vivo si fanno molto più chiare. Mi metto sdraiato a terra sui cuscini non appena vedo il musicista di origini siriane accendere la sua postazione: il set riproduce le stesse note di Traditional Music Of Notional Species Vol. I, ma è come se la musica si applicasse da sola all’ascolto, sembra di raggiungere davvero quello stato mentale per il quale era stata immaginata, perché in qualche modo essa sorpassa il corpo. Ciò non toglie che il concerto rimanga parecchio fisico: le vibrazioni sono tridimensionali e le onde ci arrivano da ogni lato, vista la disposizione che prevede il pubblico all’interno di un quadrato con angoli segnati dalle casse. La fisicità, da una parte, e questa intromissione a livelli profondi dall’altra, inquieta e rilassa al contempo. È un circolo di rumori continuo, che prosegue senza ripetersi, in antri scomodi. Confusione e pace si uniscono in un’esperienza che lascia tutti esterrefatti, come anestetizzati da un eccitante.