Livide, di Julien Maury e Alexandre Bustillo. Entrambi hanno curato sceneggiatura e regia.
Che ci dobbiamo raccontare?
Tanto per cominciare, che io non ho visto À l’intérieur, il loro precedente lavoro. E quindi, per metterla come Ash, non quello di Bruce Campbell, ma quello di Ian Holm, io non sono offuscato da precedenti giudizi, nella valutazione di questo film.
Ok, d’accordo, messinscena intrigante, fastosa. Un po’ troppo sui generis, se capite cosa intendo. La casa dove si svolge l’azione è la casa delle fiabe per antonomasia.
La trama, poco più che un pretesto per farci entrare, nella casa, tre giovani protagonisti fastidiosi. Una volta dentro, il canovaccio vuole che interagiscano con quel qualcosa o qualcuno, o entrambe le cose, che si annidano nella inquietante dimora.
I soldi, soprattutto la mancanza di essi, sono il combustibile di ogni sciocchezza o atto avventato. Anche se, in verità, qui si prospetta un colpo facile facile o, tutt’al più, una notte di spasso avventuroso. Due ragazzi e una ragazza, infatti, mossi da un pettegolezzo, esplorano la suddetta dimora, dove risiede un’anziana donna in coma, per cercare il suo tesoro nascosto.
Ecco qua. Poi mi potete raccontare quello che volete sul cinema francese e sul modo che ha di utilizzare le forbici. Ovvero non per tagliare, ma per pugnalare. O sull’estetica del sangue e del taglio come cesura sulla vita e bla bla bla, o sulla mitopoiesi di questi due autori.
Ma, a quel punto, siete costretti a parlarmi anche di un certo Alistair Grout.
La parte seguente contiene spoilers.
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Il nome dirà qualcosa solo a chi ha avuto la fortuna di giocare a Vampire The Masquerade: Bloodlines, 2004, della Troika Games. RPG per computer ispirato all’omonimo GDR Vampire: The Masquerade della White Wolf, noto oltre che per la sua bellezza, anche per essere uno dei videogiochi più buggati di tutti i tempi. Ma questa è un’altra storia.
Quel che ci interessa è il signor Grout, il Primogenito (vampiro anziano) Malkavian di Los Angeles. Pazzo, vive in una casa in collina, che costituisce livello autonomo, nell’economia del gioco.
Ecco, in quanto ad atmosfera, il livello dedicato a Grout è quanto di più riuscito, anche se, per questioni di grafica, ripetitivo. Un’antica magione sulle colline di Los Angeles, arredata con sfarzo e affetta dalla pazzia che si sprigiona da quella particolare linea di sangue vampirica: i Malkavian.
Ecco la dimora di Grout, insieme alla dimora di Livide:
E fin qui, ci può anche stare. Due case simili, non fanno testo. Poi, però, la trama di Livide va avanti. A un certo punto, i nostri si trovano davanti a quella che, credo, nella mente dei registi sia un gran colpo di scena. Una ragazzina mummificata, posta su un piedistallo che, se attivato, si mette a ruotare facendo scattare, contemporaneamente, la musica del grammofono alle spalle. Ohibò, capitava la stessa cosa nel videogame, solo che a essere mummificata era la moglie di Grout. Stesso grammofono alle spalle. (per il filmato di Bloodlines guardate QUI, al minuto 4:30)
L’ho già detto, la follia del sangue Malkavian si irradia in tutta la dimora, trasformando gli abitanti in assassini. Certo, in Livide il look sadomaso non ci stava molto, così s’è optato per un cappuccio insanguinato che fa molto horror francese
E infine, facciamo la conoscenza del Primogenito Grout. Nel gioco, ahimè, la sorte avversa vuole che il primogenito sia già cenere. Ciò non toglie che possimo ammirarlo in un bel dipinto alla parete. E anche in Livide, anche se qui è la vecchia signora. Povero…
Livide regala momenti di comicità sopraffina, sopra tutti gli altri il soave attimo “spaccaschiena”, fantozziano e che mi ha fatto scompisciare. Chi l’ha visto sa a cosa mi riferisco. E un finale che deraglia fino al totale nonsense.
Bene, non credo di avere molto altro da aggiungere. Anzi, forse una cosa, la colonna sonora che accompagna la visita alla Grout’s Mansion è mille volte più inquietante dello score di Livide.
A voi ogni ulteriore considerazione in merito.