Livorno la rossa ha un neo-sindaco pentastellato, Filippo Nogarin, toscanissimo ingegnere dal venetissimo cognome. Si parla di fine di un’era, di svolta clamorosa, di rivoluzione. Invece a ben guardare è sempre la stessa Livorno, la capitale degli esaltati: in Italia sicuro, nel mondo forse. Tanto è vero che io ne sono certissimo senza averla mai visitata: la fama e la storia parlano da sole. E io non voglio mettere in discussione certe gloriose conquiste. Piccola capitale della massoneria, piccola capitale del comunismo, piccola capitale del fascismo, sempre compulsivamente all’avanguardia, Livorno è un posto dove si scherza un sacco, ma dove ci si prende anche tragicamente sul serio, con esiti disastrosi, per gli altri soprattutto. A Livorno nacque il partito comunista italiano, con la scissione dal movimento socialista dell’ala massimalista. Fu poi città fascistissima sotto la dinastia dei Ciano. E quindi antifascistissima per settant’anni, di cui cinquanta ostentantamente comunisti. Adesso, con logica ferrea, è caduta senza ritegno in mano all’ultimo manipolo della serie: quello pentastellato, arditissimo, spalleggiato al ballottaggio dalle schegge destrorse dei leghisti e dei fratelloni d’Italia. Il neo-sindaco, comunque, ha subito chiarito che il “suo” M5S sta nettamente alla sinistra del Pd, ed ha mille volte ragione. Per farlo capire ai duri di testa ha colpito alla pancia molle della città confessando che il suo primo voto da elettore fu per i “trotzkisti” di Democrazia Proletaria, la qual cosa ha commosso anche me. Insomma, cari amici, stiamo sereni: a Livorno l’Italia Migliore folleggia come sempre.
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