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Livorno e l’Antico Egitto

Creato il 14 maggio 2013 da Patrizia Poli @tartina

collezione-drovetti-1da Livorno Magazine

di Patrizia Poli

“Tu squarciasti il velo mistico

che nascose al Nilo in riva

del saper la luce viva”

(Angelica Palli)

Nell’ottocento Livorno era lo scalo dove transitavano i reperti archeologi provenienti dall’Egitto. Nei magazzini di San Marco si raccoglievano e sostavano, in attesa di acquirenti, oggetti provenienti da collezioni destinate poi ad arricchire i musei italiani ed europei. In particolare ricordiamo le collezioni Drovetti, Salt, Nizzoli e Anastasy.

La collezione Drovetti, portata in Italia da console francese, arrivò a Livorno nel 1818 e rimase in deposito nei due magazzini dell’ebreo Morpurgo. Fu acquistata nel 1924 dal re di Sardegna e costituisce la base del Museo Egizio di Torino. Vivoli, il fondatore dell’Accademia labronica, si recò alla dogana per esaminarne il contenuto. Pare che comprendesse anche modelli in legno di edifici egizi.

Alcuni reperti, a volte, giacevano a lungo dimenticati, com’è stato nel caso del sarcofago in granito di Amenemhatseneb, donato al granduca Leopoldo II dal console di Svezia in Egitto. Nonostante le numerose sollecitazioni, il sarcofago rimase a giacere nei magazzini Fernandez fino a quando non fu finalmente portato a Firenze.

Visitare le antichità ammassate nei depositi divenne uno svago alla moda. Pare che Angelica Palli, dopo una di queste visite, abbia sognato mummie tutta la notte.

Jean Francois Champollion (1790 – 1832), il fondatore dell’egittologia, primo a decifrare i geroglifici nel 1822, venne di persona a Livorno per trattare l’acquisto della collezione Salt, portata in Italia dal console inglese (cognato di un banchiere di Livorno) comprendente 4000 oggetti, fra i quali una bellissima testa scolpita.

Champollion negoziò l’acquisto dei reperti per il Louvre. Grazie all’interessamento dell’Accademia Labronica, di cui Champollion divenne “socio corrispondente”, Angelica Palli conobbe il famoso egittologo e gli dedicò persino una poesia. In cambio, Champollion la rinominò “Zelmire”. I due rimasero in contatto epistolare e le loro lettere sono conservate nella Biblioteca Labronica.

A Livorno Champollion incontrò il pisano Ippolito Rosellini (1800 – 1843), unanimemente considerato il padre dell’egittologia italiana. I due partirono poi insieme per una famosa spedizione.

Rosellini, a sua volta, acquistò molti pezzi sul mercato di Alessandria. Il 22 dicembre 1828, sulla nave “Cleopatra” (e non poteva esserci nome più adatto) arrivarono a Livorno settantasei casse piene di antichità acquistate o scavate in Egitto, che andarono ad arricchire la collezione granducale di Firenze, cosicché il Museo Egizio di Firenze è ora secondo solo a quello di Torino.

Riferimenti

Edda Bresciani, “Il richiamo della piramide” in “La piramide e la Torre”, Pacini Editore


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