da Livorno Magazine del 14 ottobre 2012
di Patrizia Poli
Sabato 13 ottobre, in occasione della festa delle piante e dei giardini d’oltremare “Harborea” di villa Mimbelli, ci si è potuti immergere in un’autentica esperienza sensoriale, oltre che nel parco, anche proprio all’interno della storica villa, fra immagini, parole e suoni.
Entrando, ci vengono incontro gli affreschi di Annibale Gatti, la sala da fumo in stile moresco, la scala decorata con putti in ceramica invetriata. Attraversiamo poi le sale dove sono conservati dipinti di macchiaioli, Giovanni Fattori, Silvestro Lega, Telemaco Signorini e dei post macchiaioli, Giovanni Bartolena, Vittorio Matteo Corcos, Oscar Ghiglia, Ulivi Liegi, Guglielmo Micheli, Plinio Nomellini, Llewellyn Lloyd, Raffaello Gambogi etc.
Fra i macchiaioli, attivi dal 1855, e i post macchiaioli c’è un ventennio, che ha trasformato la forza delle pennellate di Fattori in manierismo sempre meno verista e più decadente.
La sala di Fattori è inconfondibile, ti devi sedere davanti ai grandi quadri di battaglie e paesaggi, con quella botta nello stomaco che dà l’arte vera e che non puoi descrivere con nessuna nota accademica.
Pennellate grosse, personaggi tozzi, pantaloni sformati dall’uso, buoi e pagliai, battaglie risorgimentali con cavalli impennati. Il rinnovamento verista è declinato in stile toscano, maremmano, in opposizione alle rovine romantiche, alle dame in pose languide, ai poeti pensosi. Le immagini sono contrasti di macchie di colore, ottenuti tramite la tecnica chiamata dello specchio nero, utilizzando uno specchio annerito col fumo che permette di esaltare i contrasti chiaroscurali all’interno del dipinto. Punti e linee sono eliminati perché non esistenti in natura e sostituiti da macchie di colore. Cronologicamente, i macchiaioli precedono gli Impressionisti francesi, e tendono alla riproduzione del presente, così com’è colto dall’occhio nell’immediato, senza sovrastrutture culturali, ma anche senza piena identificazione, piuttosto come testimonianza e commento.
Nella sala degli specchi è in programma il concerto “Music, love and wine” con brani d’intrattenimento dedicati al vino che spaziano dai pezzi da taverna, alle allegre canzoni scozzesi, al melodramma italiano. Mozart e Beethoven son colti nel loro lato meno serio, più conviviale, con canzoni come Freunde, lasset uns beim Zechen e Come fill fill my good fellow, e un repertorio che va dal cinquecento al novecento.
La voce di Pietro Venè recita brani di Herman Hesse, di Trilussa, di Pascoli, di Baudelaire, i solisti Simone Mugnaini (tenore) e Simona Cianchi (soprano) cantano arie di Leoncavallo e Mascagni, accompagnati dal coro Guido Monaco e diretti da Paolo Filidei.
Inutile dire che il pezzo conclusivo è Libiamo ne’ lieti calici, il celebre brindisi valzer del primo atto della Traviata di Giuseppe Verdi.
Libiam libiamo, ne’ lieti calici,
che la bellezza infiora;
e la fuggevol fuggevol’ora
s’inebrii a voluttà.
Libiam ne’ dolci fremiti
che suscita l’amore,
E perché la full immersion sensoriale sia davvero completa, all’uscita chi vuole può sorseggiare, anzi qui proprio il caso di dire “libare”, del vino.
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