Treno. Destinazione Firenze. Due sedili più avanti, sul lato destro, siede una ragazza dai capelli corvini lisci come seta. Indossa una camicia bianca che spicca sulla pelle olivastra e un paio di jeans strappati sulle ginocchia. Porta gli occhiali, troppo grandi per il suo viso, e uno zaino nero pieno di spille. Forse è una studentessa universitaria oppure una ricercatrice. Il treno è pieno di gente e dietro di lei un uomo, sulla quarantina, parla a voce troppo alta come se fosse solo. Mi sono sempre chiesta perché le persone vogliono condividere le proprie telefonate con gli estranei.
Lei non se ne cura, ha il suo libro e questo le basta per estraniarla dal resto del mondo. La metamorfosi di Kafka l’ha rapita, completamente. È una vecchia edizione, strappata ai bordi con le pagine ingiallite dal tempo. Legge velocemente, torna indietro, rilegge. Appunta qualcosa a matita facendo delle strane smorfie con la bocca. Forse le piace, forse no. Il treno è arrivato a destinazione. Tutti si alzano e si affrettano a scendere. Noi due rimaniamo lì. Lei continua a leggere, con più calma. Io continuo a osservarla rapita da una storia che ancora mi manca.
* LM ospita: uno scambio di parole con blog e pagine amiche. Questo articolo è stato scritto da Marina Moretti, autrice del blog Caratteri Contrari. La trovate anche su Facebook e Twitter.
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