Che cosa è il Social curator.
Il sempre maggiore problema della rete, intesa come magazzino inesauribile di contenuti, oltrechè di applicazioni e funzionalità, è non tanto la sua catalogazione quanto il data mining di qualità che non può essere svolto soltanto dai motori di ricerca ma deve necessariamente avvalersi di filtri esperti.
Nella storia del web il filtraggio esperto è stato alla base dell’idea di Motore di ricerca.
Yahoo, Altavista,Virgilio in Italia, inizialmente erano raccolte di recensioni di siti e pagine web con funzioni tassonomiche.
La loro caratteristica era l’intreccio di strumenti informatici e attività umana, quest’ultima era quella prevalente e forniva all’utente un approccio di qualità ai dati pubblicati e accessibili, ma non garantiva l’esaustibilità.
Un esempio tutt’ora funzionante è Dmoz.
Il web è diventato un luogo dove informazione e business si intreccia in modo molto più drammatico che non in altri media.
Nel web la velocità di produzione e acquisizione dei dati è straordinaria e nessun media precedente poteva presentare simili performance se non in uno spazio/tempo estremamente ristretto.
La parola, il discorso dalla ristretta retorica dell’agorà si è allargato all’immediatezza del tempo reale ovunque.
Velocità ed espansione sono fattori che determinano un abbassamento della qualità.
Il filtro mediatico che prima veniva applicato a monte ora viene applicato soltanto a valle e neppure in tutte le occasioni.
Ne sono riprova le sempre più frequenti riprese di notizie giornalistiche le cui fonti sono notizie trovate sui social media e quasi mai verificate, ragione non ultima della costante perdita della credibilità del giornalismo contemporaneo.
Ecco quindi, nel corso dell’evoluzione del web, l’emersione costante della necessità di valorizzare i dati importanti, nuovi e interessanti rispetto alla massa di dati ridondanti, non autorevoli o inesatti.
La risposta via via sono stati i portali tematici, i sistemi di bookmark ed etichettatura con la loro variante social, la folksonomy.
La variante social usa la risposta dell’intelligenza della massa come il parametro pià significativo per definire quale possa essere il contenuto più rilevante e di maggior rispondenza qualitativa.
Sappiamo, però, che sono molti i fattori possono influenzare un giudizio soggettivo maggioritario rispetto al suo merito oggettivo. Inanzitutto il contesto non pertinente, l’autorevolezza non misurabile dei giudizi ed il grado di gamification e la sua componente competitiva.
Sappiamo infine che l’accesso ai dati è ormai commisurata al suo valore business e la neutrallità è sempre meno trasparente.
Infine il peso della ristrutturazione dell’informazione si sta rispostando sul singolo individuo.
Il singolo individuo è il ri-protagonista nel filtro delle informazioni. Lo sono molti blogger che, nelle tantissime nicchie di mercato, svolgono funzioni di guru specializzati. lo saranno i curatori in un futuro prossimo.
I curatori, social curator, è un termine mutuato dal mondo della comunicazione e dell’arte, dove la figura di responsabile e coordinatore di progetto , come una mostra, una rassegna, un evento, si estende anche a direttore scientifico, promoter e PR.
Il social curator è quindi un esperto, un referente di settore, nicchia, materia tematica che sia al tempo stesso un esperto nell’uso dei sistemi social mediatici e nel data mining. E che sia anche , e forse soprattutto, un integrato nei social media, uno che li usa e che ha al loro interno una qualifica di fatto di influencer.
Che cosa è la Social curation.
Definito chi sia l’attore principale andiamo adefinire che cosa sia la Social curation ed in che modo si implementa.
La cosa migliore è descivere una delle piattaforme di social curation disponibilil in rete.
Scoop.it è quella che sto usando per integrare la costellazione del progetto ‘La scimmia nuda e Internet‘.
A corredo del progetto, infatti, ho aperto un canale tematico in Scoop che si occupa di antropologia umana nell’ambito della sfera cibernetica. In questo contesto propongo contenuti strettamente attinenti le linee guida che mi sono dato e che sono quelle che sono discusse nel gruppo in Facebook.
Il mio esempio credo sia esemplificativo anche di quello che puà essere la social curation in un ambito di supporto ad un, progetto o un evento.
Nel caso del progetto di cyberantropologia avevo la necessità di aggregare e rendere facilmente fruibile tutto il materiale filtrato attraverso le prime settimane di lavoro del gruppo e integrarlo da qui in avanti con nuove segnalazioni e suggerimenti.
Seguire una nuova tematica che spazia da argomenti social mediatici all’antropologia naturale e umana, alla sociobiologia, psicologia e alla sociologia implica essere supportti da strumenti potenti di data mining o da strategie intelligenti.
Scoop.it mi ha dotato. in modo equilibrato, di un supporto informatico che scava nel web alla ricerca di fonti e mi mette a disposizione delle opzioni efficaci per filtrarle.
Infine mi ha permesso di pubblicare in uno spazio bene delimitato dal topic che ho scelto, e che dovrebbe essere chiaro al visitatore, i lanci dei contenuti che ritengo, a mio insindacabile giudizio, i più pertinenti e attuali.
Non ultima la dotazione social, veramente interessante per intuibilità e duttilità.
Le correlazioni con i social media sono ben disegnate e facilmente fruibili, si possono condividere i post, sia al momento della pubblicazione, creando subito un passaparola tra canale e contenuto, sia dopo con la compiacenza del lettore e della rete di altri curatori che si possono scambiare suggerimenti sui contenuti.
Il livello di collaborazione è palpabile, reso invitante anche dalla gradevolezza delle soluzioni di impaginazione, non troppo rigide, che tengono in buon conto il contenuto importante rispetto alla freschezza tout.court , tipico della soluzione blog.
Che cosa sarà la Social curation?
Credo che Scoop.it e le altre piattaforme del genere, ho valutato anche paper.li ma non corrispondeva a quello che cercavo, possanoi diventare una modalità interessante sia per la criticità del data minig sia per una declinazione nel marketing e nel social branding.
Sarà sicuramente uno strumento a disposizione del social media manager e del community manager che abbia la necessità di organizzare un canale preferenziale con stakeholder e azienda in cui depositare informazioni e conoscenza.
Potrà diventare uno startpoint aziendale settorializzabile che metta a disposizione suggerimenti e risorse, precise e autorevoli, per diramazioni meno gerarchizzate in un progetto enterprise 2.0
Potrà essere uno strumento olistico in cui stili di ricerca e punti di vista diversi, pur rimanendo separati, possano ibridarsi con l’ausilio di altri mondi più o meno alieni.