Ho dovuto aspettare due settimane ma finalmente anche a Savona è arrivato Lo chiamavano Jeeg Robot, film diretto dal regista Gabriele Mainetti. Vi assicuro che è valsa la pena aspettare così tanto!!
Trama: in fuga dai carabinieri, il delinquentello di borgata Enzo Ceccotti cade nel Tevere ed ottiene dei superpoteri. Gli eventi lo porteranno ad incrociare il cammino con Alessia, fan di Jeeg Robot con problemi psichici, e con la banda dello Zingaro, boss di quartiere che vorrebbe "fare il botto"...
Come faccio a spiegare la felicità provata dopo la visione di Lo chiamavano Jeeg Robot? Non è stata solo la gioia di avere visto un film bellissimo che aspettavo da settimane ma soprattutto l'orgoglio di avere visto il "cinecomic" più bello di sempre, nato dalla consapevolezza di avere davanti un prodotto tutto italiano (con un piccolo aiuto del buon Go Nagai, ovviamente). Lo chiamavano Jeeg Robot ha dalla sua quell'unico elemento che manca alle produzioni Marvel e DC ed è una cosa talmente semplice che viene quasi da ridere a pensare a tutto l'hype che si crea di solito davanti all'ultimo Avengers o Batman vs Laqualunque: guardando il film di Mainetti arriva ad importarci davvero qualcosa del supereroe protagonista. Iron Man, Deadpool, Batman, sono tutti tridimensionali quanto volete ma sono intercambiabili e, soprattutto, non sono "nostri", così estranei allo stile di vita e alla piccola società che conosciamo; se il nemico li abbatte noi ci rimaniamo male, è vero, ma sappiamo che qualcun altro raccoglierà lo scettro e tutte le emozioni provate durante la visione del film durano il tempo di una birra, al massimo di una dormita. Enzo o, come lo chiama Alessia, Hiroshi, è un ladruncolo che un giorno si ritrova con dei superpoteri ma non è un simpatico guascone come Ant-Man, anzi. Enzo tira a campare, ai margini di quel covo di tristezza che risponde al nome di Tor Bella Monaca, cercando di confondersi nelle ombre che hanno inghiottito la sua famiglia e i suoi amici, persi nell'anonimato di una società violenta e spietata: de "laGGente" non gli importa nulla, si lascia vivere tra un budino e un porno, mentre attorno a lui le cose si limitano ad accadere. E quando arrivano i superpoteri per un po' non cambia nulla, badate bene, perché d'altronde dovrebbe? Un ladruncolo con i superpoteri rimane sempre un ladruncolo, al limite un po' più fortunato degli altri, non si mette certo a salvare le persone solo perché "da grandi poteri derivano grandi responsabilità" ed è proprio il percorso MOLTO graduale che spinge Enzo a diventare un Jeeg a renderlo incredibilmente umano, credibile e simpatico.
Più Leon che Peter Parker, Enzo matura innanzitutto come persona, POI come supereroe, aprendo lentamente il cuore all'improbabile e tenerissima donna-bambina interpretata magistralmente da Ilenia Pastorelli la quale, con la sua innocenza, lo prende per mano e lo porta ad accorgersi del mondo esterno, quel mondo che Enzo ha sempre cercato disperatamente di chiudere fuori. Se Alessia è una Gwen Stacy atipica, vittima di un passato talmente orribile che la sua mente ha ricreato la realtà modellandola sui cartoni di Jeeg Robot d'acciaio, per completare il quadro manca solamente un Goblin altrettanto particolare. Si dice che un buon racconto di supereroi debba avere un villain in grado di eclissare il protagonista e lo Zingaro, bontà sua, ci riesce alla perfezione, conquistandosi con due battute e almeno una sequenza cult il cuore degli spettatori. Sì perché come Enzo incarna l'essenza dell'italianità per quel che riguarda quel lassismo un po' omertoso di cui ognuno di noi ha dato prova almeno una volta nella vita, lo Zingaro diventa automaticamente portavoce della voglia di successo a tutti i costi, l'insano desiderio di essere "qualcuno" che ci spingerebbe persino a partecipare ad innominabili baracconi televisivi. Al netto delle sue pose da Joker, della follia tarantiniana e delle velleità da Tony Soprano il povero Fabio Cannizzaro detto lo Zingaro è un poveraccio, un "gangster" da operetta che i suoi sottoposti faticano a prendere sul serio però è anche imprevedibile e totalmente sopra le righe e sono proprio queste due caratteristiche a renderlo un villain perfetto nel suo infantile e doloroso desiderio di "sfondare", di fuggire da Tor Bella Monaca e diventare finalmente uno "che conta". Puoi coronarla di canzoni anni '80 quanto vuoi ma la sete di potere è la conditio sine qua non per ogni cattivo che si rispetti e lo Zingaro ne ha a palate, per fortuna nostra.
E fortunatamente a dare corpo, anima e voce allo Zingaro ci ha pensato Luca Marinelli, un trionfo di romanaccia ambiguità capace di rubare la scena a chiunque abbia la "sventura" di dividerla con lui. Sono sincera, la cosa che temevo di più prima di guardare Lo chiamavano Jeeg Robot erano gli attori e soprattutto il loro modo di parlare ma in questo senso la pellicola di Mainetti è perfetta, un giusto equilibrio di momenti esilaranti dati dall'inflessione dialettale e toni drammatici che mi hanno portata persino a versare un paio di lacrime, cosa mai accaduta durante la visione di un "cinecomic". Marinelli è un piacere da guardare e da ascoltare, la sua esibizione sulle note di Un'emozione da poco (picco di una colonna sonora un po' camp ma piacevolissima e perfettamente calzante) è già candidata a cult duemilasempre, ma anche Santamaria e la già citata Ilenia Pastorelli non scherzano. Santamaria, con la sua aria da pugile suonato, costantemente in bilico tra "duro che non deve chiedere mai" e uomo della strada coinvolto in una cosa più grande di lui, a tratti fa una tenerezza infinita ed è davvero il supereroe che vorrei con me nei momenti di difficoltà, altro che Iron Man, mentre la Pastorelli è dotata di una bellezza incredibile, quel fascino che non risiede nei lineamenti perfetti ma piuttosto nella capacità di suscitare emozioni negli altri, annullandosi completamente in un personaggio difficile ma fondamentale. Lodi sperticate a tutti gli altri caratteristi che partecipano alla pellicola ma anche e soprattutto a Gabriele Mainetti e ai responsabili degli effetti speciali che hanno ovviato agli inevitabili limiti di budget senza sprecare soldi in terrificanti esempi di computer grafica d'accatto, puntando tutto su movimenti di macchina intelligenti, su semplici rappresentazioni degli effettivi poteri di Enzo e, soprattutto, sull'artigianalità per quel che riguarda lo splatter (ce n'è parecchio, eh), portando così avanti la GLORIOSA TRADIZIONE del cinema di genere italiano che, nonostante le parole sprecate da poveri scribacchini, vive e lotta con noi perlomeno fin dagli anni '50. Si può dire che Lo chiamavano Jeeg Robot è il film di supereroi più bello mai girato? Sì, si può dire e non vedo l'ora di avere tra le mani il DVD per riguardarlo ancora, ancora e ancora. Grazie Gabriele, grazie Claudio, grazie Luca, grazie Ilenia, grazie a TUTTI quelli che hanno contribuito a far ri-nascere Jeeg Robot e con lui il Cinema italiano!!
Di Claudio Santamaria, che interpreta Enzo Ceccotti, ho già parlato QUI.
Gabriele Mainetti è il regista della pellicola, al suo primo lungometraggio dopo una serie di corti tra i quali figura l'ormai mitico Basette. Romano, anche attore, compositore e produttore, ha 40 anni.
Luca Marinelli interpreta Fabio Cannizzaro, alias Lo Zingaro. Nato a Roma, ha partecipato a film come La solitudine dei numeri primi, La grande bellezza e Non essere cattivo. Ha 32 anni e due film in uscita.
Dal film è stato tratto anche un fumetto scritto da Roberto Recchioni e disegnato da Giorgio Pontrelli e Stefano Simenone, uscito con la Gazzetta dello Sport a febbraio e che ovviamente, mortacci mia, mi sono persa! Bando alla tristezza: se Lo chiamavano Jeeg Robot vi fosse piaciuto cercatelo e aggiungete anche la visione di Leon. ENJOY!
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