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Lo chiamavano jeeg robot

Da Oichebelcastello

jeeg robot

Img dal web

LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT

Ce la posso fare. Anni fa mi ripetevo : – non mi piacciono i film cruenti e non andrò mai a vederli.-
Nella vita si cambia, cambiano gli interessi, gli obiettivi, aumenta la voglia di scoprire.
Eccomi in sala a vedere un film di gang, omicidi a go-go e altro, diretto da Gabriele Mainetti e scritto da Nicola Guaglianone e Menotti.
Ci vedo come due storie parallele, quella del cartone animato al quale il film si riferisce e quella della bassa delinquenza di borgata, condita da ruoli di pazzia ed esagerazione.
Le scene violente non disturbano più di tanto, l’attenzione si focalizza sul cartone, sulla invulnerabilità del protagonista Enzo Ceccotti, il pregiudicato della borgata Tor Bella Monaca contagiato da sostanze radioattive che gli conferiscono l’invulnerabilità.
Quando se ne rende conto comincia ad usarla per sé, ma come gli racconta Alessia, la figlia di Sergio, il compare deceduto in una azione di recupero di sostanze illegali, non è quello il suo destino. Il suo compito è salvare gli altri. In un primo momento non riesce ad essere contemporaneamente umano ed eroe.
Enzo è un personaggio senza passato e senza futuro, l’arrivo dei poteri è qualcosa che lo sconvolge. Il suo rapporto con Alessia non è dei migliori, prima la salva dalla banda di ladri e trafficanti di droga capitanata da Fabio Cannizzaro detto “lo Zingaro” e gli nasconde la morte del padre per non creargli traumi, la ragazza infatti ha problemi psichici e lo riconosce come un eroe del cartone Jeeg robot d’acciaio.
Enzo Ceccotti, l’uomo diventato eroe, ricerca con molta difficoltà la ragione di essere lì, finalmente la ritrova nel cartone visto e rivisto da Alessia.
Scene di crimini efferati diventano fruibili, forse più accettabili della scoperta di Enzo del torbido passato di Alessia, non scelto da lei.
La similitudine con il cartone fa sperare un finale da cartone, non mancano colpi di scena con lo Zingaro e un clan di camorristi napoletani non meno truci di lui.
Sull’orlo del precipizio, come un racconto senza finale, sembra risuonare una domanda :
– spettatori, ma…. Voi perché siete qui ? –
e un brivido mi è corso lungo la schiena. Il film è finito. Vale la pena vederlo, ora anche un nuovo corso di film italiani può limitare lo strapotere di film americani.


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