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Come per le serie TV, anche per i grandi film ho bisogno di una motivazione per recuperarli.
Se, infatti, Il signore degli Anelli non sta nella mia vergognosa lista di 10 cadaveri è solo perchè con l'uscita de Lo Hobbit lo scorso anno mi sono sentita in dovere di vedermi la fantomatica trilogia, armata di un giovine volonteroso, una valanga di popcorn, una pizzeria accanto a casa e un divano comodo che potesse reggere 9 ore di seduta.
E amore fu.
Per gli ambienti, per la storia, per Gandalf il grigio così tenero, per Gollum così ossessivo, e per la storia di per sé.
Come già detto nella recensione di Un viaggio inaspettato, questa magia è riportata solo in parte in questo prequel, dove ritroviamo i vecchi amici -ora più giovani di 60 anni- e soprattutto i luoghi fantastici del mondo creato da Tolkien, ma non la stessa forte e ammaliante trama.
Le disavventure del nano Thorin per ritrovare il suo regno assediato da un incandescente drago, sono infatti meno solide rispetto a quella di un anello dal potere oscuro e il lungo viaggio per distruggerlo, e soprattutto con questo secondo capitolo si percepisce un allungamento dei momenti, del viaggio e dell'azione.
Seguiamo, infatti, la nuova compagnia dopo l'attacco degli orchi tentare di arrivare a Ereborn, passando per il Bosco Atro infestato dai ragni dove vengono catturati dagli elfi silvani dai quali fuggono inseguiti dagli orchi dai quali vengono salvati da un contrabbandiere che li porta a Pontelagolungo dove vengono visti come eroi e aiutati ad arrivare alla montagna mentre Gandalf deve vedersela con il Negromante.
Non si pensi però che questo lungo viaggio sia noioso, niente affatto, visto che i combattimenti e gli inseguimenti sono il vero sale della pellicola, dove Jackson si può esprimere al suo meglio tra frecce scoccate, botti di fortuna e pungoli audaci. E' qui infatti che la sua macchina da presa coinvolge maggiormente lo spettatore, con i suoi movimenti fluidi, sobbalza e accelera come i protagonisti facendo così entrare all'interno delle emozioni del film e rimanere a bocca aperta.
Superate tutte queste sfide, la compagnia giunge un po' dimezzata alla porta incantata di Ereborn, dove ha lungo la parte più interessante e decisamente migliore del film: l'incontro tra Bilbo e il drago Smaug, risvegliato e ancora geloso custode del suo tesoro.
La distesa infinita dell'oro, unita ai dialoghi che i due si scambiano e all'inevitabile scontro in cui tutto il genio dei nani si mette all'opera basta a giustificare i 161 minuti passati in sala.
Qui gli effetti speciali si scatenano e risultano sempre più magnificamente unici e spettacolari, mentre la storia si fa un incastro perfetto tra presente e passato, che ancora una volta ha il suo peso.
Il finale -tagliato quasi con l'accetta- lascia così di stucco e soprattutto in una trepidante attesa che verrà soddisfatta -purtroppo- solo fra 11 mesi.
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