Magazine Cinema
(The Hobbit – An Unexpected Journey)
Peter Jackson, 2012 (USA, Nuova Zelanda), 164’
uscita italiana: 13 dicembre 2012
voto su C.C.
Prologo letterario della celeberrima trilogia di Tolkien, Lo Hobbit narra delle avventure di Bilbo Baggins (Martin Freeman) e di come sia venuto in possesso del famigerato anello. Il primo dei tre episodi racconta del suo viaggio con una compagnia di nani che intende rivendicare il possesso del proprio regno, e per raggiungerlo si imbatte nella consueta dose di orchi e malefici. La compagnia (mai termine fu più appropriato) neozelandese che fa capo al barbuto Peter Jackson ha condizionato sensibilmente il modo in cui sono stati concepiti un’intera generazione di nuovi film. Insieme a Matrix, la “trilogia dell’Anello” mostrò che il mondo degli effetti speciali al cinema aveva solo svelato una piccola parte del suo potenziale e che con le più avanzate e fantasiose tecnologie sarebbe stato possibile inventarsi qualsiasi cosa, rendendola incredibilmente fotorealistica. Orde di orchi, troll, nani, elfi e chissà cos’altro si combattevano in scene di battaglia tra le più coinvolgenti degli ultimi decenni, senza che neanche per un istante apparissero ridicoli artefatti: un intero mondo di fantasia poteva vedere la luce, dando l’impressione di essere tanto reale quanto quello su cui tutti noi ci muoviamo.
Si trattò di una piccola ma tutt’altro che insignificante rivoluzione per il cinema che si affacciava al nuovo millennio, ed è giusto tributare a Jackson e al suo Weta Workshop tutti gli onori del caso. Proprio per questo la visione del primo capitolo di questa nuova trilogia, incentrata sulla figura di un altro impavido hobbit (Bilbo), delude tutti coloro che non sono radicali fan della saga. Jackson sembra essere rimasto fermo nel medesimo universo mentre il paesaggio intorno a lui è mutato: non bastano più lo stupore per qualche modello ben ricostruito o il solito continuum di imprevisti superati con affanno a coinvolgere uno spettatore ormai smaliziato. Il pattern diventa sin troppo prevedibile, ripetendosi in modo inesorabile: gli eroi sono sottoposti ad una prova insuperabile e, quando sul punto di soccombere, un deus ex machina provvede a salvarli (c’è sempre una luce mistica che sottolinea questi momenti); per quanto i combattimenti e i vari momenti d’azione si rivelino spesso impeccabili e sempre godibili, il fattore “sorpresa” ed ogni genere di suspense sono ormai scomparsi. Contribuisce inoltre a privare di ritmo la narrazione tutta la prima parte della storia, incomprensibilmente stagnante nel suo voler soffermarsi sull’infinito banchetto che i nani tengono insieme a Gandalf (Ian McKellen) in casa dell’esterrefatto Bilbo – a pensar male sembrerebbe quasi un maldestro tentativo di “allungare il brodo” sin dai primissimi minuti, pur di trasformare il romanzo di Tolkien in un altro tris di film da oltre due ore ciascuno pronti a sbancare il botteghino.
Seguendo questa strada, i successivi capitoli non promettono nulla di buono, anche se gli appassionati sapranno sicuramente trovare i consueti motivi per adorarli.
Deludente.
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