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Lo Hobbit – Un film a lungo aspettato

Da Messersottile @messersottile

Sono passati più di dieci anni dall’uscita della Compagnia dell’Anello e, di conseguenza, ne sono passati quasi dieci dalla conclusione della trilogia di Peter Jackson. La lunga genesi della versione cinematografica dello Hobbit è stata accompagnata da un lungo brontolio dei fan, al quale non nego di essermi sporadicamente unito. Avrei preferito vedere Del Toro alla regia, e invece Del Toro si è stufato. Avrei preferito un film solo invece dei due voluti da Jackson: mi sono ritrovato con una trilogia. Avrei voluto dei nani un po’ più nani e senza imbarazzanti pettinature per distinguerli l’uno dall’altro, ma come mi diceva la mamma: “L’erba voglio non cresce neanche nel giardino del Re”.

lerba voglio

Essendo passati quei dieci anni di cui sopra, ho deciso di fare lo spettatore maturo, ho messo da parte i miei pregiudizi e il mio essere prevenuto e mi sono recato, da buon “fan boy”, alla prima del primo dei tre film da tre ore* dello Hobbit: “Un viaggio inaspettato”.

Sfido la neve, sfido il fatto che la mattina dopo devo recarmi in aeroporto** e prendo posto in una sala gremita, ma non gremitissima come mi sarei aspettato per una prima tanto attesa. Spunta qua e là qualche mantello e qualche orecchio a punta, ad aggiungere un po’ di folklore.

Lo-Hobbit-un-Viaggio-Inaspettato

Durante la visione si alterna qualche sporadico “oooh”, un “meh” ogni tanto e, per fortuna, pochissimi, temutissimi “gne gne gne”. Il film scorre con estrema lentezza, aternando lunghi dialoghi, racconti di cosa è successo, racconti di gente che racconta cosa era successo, saltuariamente movimentati da flashback che mostrano, in modo un po’ più movimentato, gli eventi del passato. Come previsto viene fatto qualche strappo alla fedeltà al testo per inserire comparsate dei personaggi del Signore degli Anelli, che altrimenti non avrebbero trovato posto (concedetemi una personale standing ovation per l’inossidabile Christopher Lee, anche se la sua brevissima apparizione mi è risultata di difficile lettura).

Il mio giudizio sul film è molto simile a quello del Sommobuta: Jackson ha ripreso con grande fedeltà il materiale del libro (ho l’impressione che molti dialoghi siano riportati quasi alla lettera), ha aggiunto qualche piccolo ruolo per collegare questa trilogia all’altra (quella vera) e ha inserito, credo, del materiale da appendici varie. Il risultato è buono, la narrazione riprende i toni dello Hobbit, con qualche raro intermezzo più “epico” in stile Signore degli Anelli. Non ho apprezzato le scene di azione che, forse per manetenere il tono scanzonato, hanno un aspetto troppo da videogioco, da platform 3D più che da film per il grande schermo.

Il difetto macroscopico di questo film è sicuramente la sua esasperata lentezza, che può essere gradita ai fan più ingordi che vorrebbero che il titoli di coda non arrivassero mai, ma che è assolutamente penalizzante per un film che racconta l’inizio della storia, iniziando una lunghissima, lentissima rincorsa verso una storia che tutti conosciamo già. La domanda che tutti ripeteremo allo sfinimento a Peter Jackson in attesa del secondo (ma non ultimo) capitolo di questa forzata trilogia è: “Perché? Che bisogno c’era?” Davvero le necessità commerciali del film sono l’unica motivazione dietro a questa opinabile scelta?

Concludendo, aggiungo una personale nota di biasimo sul doppiaggio. Il cambio di doppiatore di Gandalf era obbligato, lo sappiamo, e Gigi Proietti è di certo un ottimo attore e un ottimo doppiatore. Detto questo, non si poteva doppiarlo senza l’accento romano? Sembra una caricatura di Gassman al cacio e pepe.

Lo Hobbit – Un film a lungo aspettato

“Daje Bilbo, famose du bucatini”

* Due ore e cinquanta (“Che faccio, lascio?”), prima che qualcuno decida di puntualizzare.

** Ci metterò più di due ore, il mio volo verrà cancellato… ma quella è un’altra storia.



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