Magazine Cultura
di Peter Jackson (Nuova Zelanda/USA, 2012)
con Martin Freeman, Richard Armitage, Ian McKellen, Cate Blanchett, Christopher Lee, Andy Serkis
VOTO: ***/5
E' sempre più difficile stupire, nell'era di internet, del digitale, del 3D e delle proiezioni a 48 fotogrammi al secondo... Dieci anni fa la trilogia de Il Signore degli Anelli ci aveva lasciati stupefatti e increduli di fronte a un'opera che non esitammo all'epoca a definire 'definitiva': quelle dodici ore complessive di film (considerate le versioni estese) ci erano parse inarrivabili per tecnica e capacità espressiva. A Peter Jackson rendemmo il merito di aver rilanciato un genere, il fantasy, che appariva morto e sepolto e che invece seppe risorgere grazie alla 'lucida follia' di un regista coraggioso e megalomane, capace di trasporre egregiamente sullo schermo il romanzo più famoso e, si diceva, il più difficile di tutti da filmare...
Ma a Jackson piacciono le grandi sfide, ormai è evidente. E dieci anni dopo torna sul luogo del delitto, cimentandosi in un'impresa se possibile ancora più ardua: una nuova trilogia che altro non è che il prequel della precedente, con l'obbiettivo di renderla ancora più spettacolare e memorabile grazie anche alle sempre più sofisticate tecniche di ripresa, come quelle citate all'inizio. Premessa doverosa e necessaria: anche Lo Hobbit, allo stesso modo de Il Signore degli Anelli, è stato diviso in tre parti per ragioni puramente commerciali: ma si tratta di un'opera unica, girata tutta nello stesso momento, e che perciò andrebbe valutata nella sua interezza. Per farlo però bisognerà aspettare ancora due anni (il contratto prevede l'uscita nelle sale di un film all'anno) e allora, beh, intanto due paroline possiamo anche cominciare a dirle...
La prima cosa che salta agli occhi di questo primo capitolo è la 'dilatazione' del tempo: se ne Il Signore degli Anelli il regista lavorava di sintesi (tre film di tre ore e passa l'uno erano appena sufficienti per realizzare una versione attendibile della monumentale saga tolkeniana), ne Lo Hobbit accade esattamente l'opposto: un unico libro, neanche lunghissimo, viene diviso in tre parti. E con la prima di queste, Un viaggio inaspettato, non si arriva nemmeno a metà del romanzo. 174 minuti di pellicola per raccontare, in pratica, solo l'antefatto della storia. Troppi? Necessari? Difficile dirlo... Certo possiamo intuirne il motivo: Jackson doveva in qualche modo 'presentarsi' alle nuove generazioni (quelle che non hanno mai letto Tolkien e avevano bisogno di un minimo di spiegazione) e, nello stesso momento, 'riconquistare' i cuori degli spettatori della vecchia trilogia, 'orfani' e nostalgici dei personaggi di un tempo.
Ecco perchè, in pratica, tutta la prima ora del film viene dedicata alla presentazione dei personaggi e ai loro 'collegamenti' con la vecchia trilogia: il regista, astutamente, ricorre immediatamente al flashback in modo da gettare subito nella mischia i vari Bilbo, Frodo, Gandalf e compagnia... in questo modo vecchie e nuove generazioni di spettatori si uniscono ed è anche più facile seguire la trama. C'è però il rovescio della medaglia: a farne le spese è inevitabilmente il ritmo della pellicola, che all'inizio è veramente noiosetta e poco interessante, dominata da un'antipatica voce-off che ci spiega (fin troppo dettagliatamente) quello succederà di lì a poco. Peccato però che, appunto, per un'ora non succede niente e, oggettivamente, gli sbadigli si susseguono impietosi, nonostante il bellissimo 3D ce la metta tutta per tenere viva l'attenzione.
Poi però si passa all'azione, e il discorso cambia: qui Jackson finalmente torna a lidi a lui più congeniali e i risultati si vedono: il ritmo e la tensione aumentano vertiginosamente, e con essi le scene più spettacolari. Le battaglie con i Troll, il duello tra le montagne 'vive', la fuga tra le caverne degli Orchi, i precipizi di GranBurrone riportano la pellicola sui livelli a cui ci eravamo abituati. Entrano in scena anche i personaggi 'storici' dell'epopea: ritroviamo il subdolo Saruman, l'elfo Elrond, la bellissima ed eterea Galadriel e, ovviamente, il viscido Gollum, del quale scopriamo finalmente come abbia fatto a farsi 'fregare' il suo celeberrimo 'tessssoro', ovvero l'anello che Bilbo custodirà per quasi sessant'anni prima di scatenare il finimondo...
Insomma, il primo episodio de Lo Hobbit è una specie di 'passerella' tra il vecchio e il nuovo, dove inevitabilmente il confronto con la precedente trilogia si fa sentire e getta un'ombra pesante. Sarà per questo che Jackson ha decisamente cambiato anche il metodo di approccio alla storia: rispetto alla 'sacralità' de Il Signore degli Anelli, infatti, Lo Hobbit ha un tono molto più confidenziale, sbarazzino, fanciullesco, a tratti anche volgarotto, certamente molto meno 'formale'. Nonostante questo, però, è utopia sperare che questo film ci coinvolga emotivamente quanto la vecchia trilogia. Vero è che, come dicevamo, questo è solo il 'primo tempo' di tutta la saga e mancano ancora molti elementi determinanti (ad esempio, non c'è ancora un vero cattivo: Sauron e il drago Smaug entreranno in scena nei prossimi film) ma, semplicemente, la verità è che ormai lo spettatore è abituato a tutto ed è sempre più difficile stupirlo, appunto, con gli effetti speciali. Lo Hobbit si lascia guardare, in certi punti ci fa palpitare, in generale ci piaciucchia, ma certo la 'meraviglia' non abita più da queste parti...
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