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Lo psicodramma di Berlusconi

Creato il 28 novembre 2013 da Gianna
Lo psicodramma di Berlusconidi Fabrizio Casari
Il Senato della Repubblica ha votato la decadenza da senatore di Silvio Berlusconi. Un voto che rappresenta una prassi consolidata, un esercizio dovuto a seguito di condanne penali o civili che implichino l’interdizione dai pubblici uffici. La sceneggiata delle donne di Forza Italia vestite a lutto, con lui che associa la magistratura alle Brigate Rosse è il degno epilogo di una avventura politica e di costume che del paradosso e della sfacciataggine, dell’ignoranza e del vittimismo, ha fatto il suo marchio di fabbrica.
Comincia ora una nuova fase politica, con la destra italiana sempre più desiderosa di una crisi parlamentare a breve, che consenta di consumare possibili vendette pur a fronte di incerte vittorie. Dal momento però che comunque Berlusconi non potrà essere eletto nella prossima legislatura, la voglia di tornare alle urne vive solo dello sfruttamento emotivo in un arco temporale breve della vicenda berlusconiana, ieri trasformatasi da storia di successo in storia di persecuzione.
La persecuzione, il complotto, le trame e i tradimenti. Questi gli ingredienti della tragedia di un uomo privo del senso del ridicolo, ultra potente che si è cosparso di ridicolo. Un personaggio che ha dimostrato come le condizioni avverse del quadro di sistema rendano impossibile l’elaborazione di una strategia politica capace di ribaltare il piano. Affidatosi ai pasdaran, primi della fila Santanchè e Sallusti, (sempre più identificati come i Rosa e Olindo del biscione), il risultato non poteva essere migliore di quel che è stato. Scarsa lucidità, incapacità di lettura politica, assenza di ragionevolezza nel trattare la vicenda interna sono stati i caratteri principali dell’avventura dal sapore donchisciottesco consumatasi in queste ultime settimane.
A voler ascoltare o anche solo leggere quanto Silvio Berlusconi ha affermato alla vigilia del voto, c’era da domandarsi davvero dove finiva la realtà e cominciava la fantasia, cioè dove il terreno del diritto individuale cedeva il passo all’ego ipertrofico del cavaliere quasi decaduto. Giacché se per il primo aspetto il condannato annunciava un ricorso per la revisione del processo (che a giudicare da quanto anticipava sembrava però una solenne patacca, diffusa al solo scopo di evitare il voto sulla decadenza), su quello della personalità malata si è assistito al tanto peggio tanto meglio.

Lo psicodramma di BerlusconiLancio di appelli a deputati e senatori affinché non si macchiassero di quello che deve tuttora sembrargli, fondamentalmente, un regicidio. Le ha provate tutte. Alla vigilia ha persino chiesto a tutti di votare in suo favore "in modo da non doversi un giorno vergognare di fronte ai propri figli", ricalcando così la scenetta mediatica di quando giurò sulla testa dei suoi a meri fini elettorali. E pensare che aveva sempre definito le istituzioni politiche come un “teatrino”, salvo non voler a nessun costo veder scendere il sipario.
Deve essere proprio il convincimento che l’applicazione delle norme e delle sentenze giudiziarie, quando riguardino la sua persona, siano un regicidio, dal momento che in un delirio ormai inarrestabile condito con grida manzoniane, il cavaliere di Arcore denunciava un ridicolo colpo di Stato, omettendo che, letteralmente, un colpo di Stato mira a ribaltare un sistema e a cacciare chi lo rappresenta istituzionalmente; nella storia non si è mai saputo che un colpo di Stato viene realizzato per ridurre il margine di manovra di un oppositore.
La stessa pretesa per la quale Napolitano avrebbe dovuto concedergli la grazia è parte del suo convincimento malato di essere al di sopra di tutti e della stessa legge. Perché oltre a rappresentare un atto individuale di clemenza a totale discernimento del Capo dello Stato, sentito il parere del Ministro di Grazia e Giustizia, la grazia non può essere concessa se la persona cui è destinata è sottoposta ad altri procedimenti giudiziari in itinere (e Berlusconi ha altri tre processi aperti).

Oltre a ciò, la grazia viene concessa in presenza di un evidente ravvedimento del condannato, non certo mentre lo stesso accusa magistratura, presidenza della Repubblica, Senato e Camera dei Deputati di colpo di Stato ai suoi danni. Men che meno quando il condannato esalta la figura del suo stalliere mafioso, cui dedica parole di stima per non essersi pentito come già in precedenza aveva fatto Dell’Utri.
Utilizzando l’arcinota metafora del marziano che fosse sbarcato sulla terra e che avesse letto quanto avviene in questi giorni sulla vicenda Berlusconi, ascoltando o leggendo quanto egli affermava e afferma, avrebbe potuto pensare di trovarsi di fronte ad un uomo che, rinchiuso nel braccio della morte, si proclama innocente alla vigilia dell’iniezione letale. Invece, si trattava solo del voto sulla decadenza da senatore del condannato Silvio Berlusconi. Voto che, addirittura, è un ulteriore passaggio garantista verso l’applicazione della sentenza definitiva del quale ha usufruito solo in quanto parlamentare della Repubblica.
Andrebbe semmai evidenziato come, nonostante le reiterate sentenze di colpevolezza, che lo identificano quale diretto responsabile di alcuni dei peggiori reati amministrativi, civili e penali, Berlusconi verrà solo privato del titolo di Senatore della Repubblica, ma non conoscerà né prigioni né confino, non dovendo scontare altro che una leggerissima condanna ai servizi sociali. Per qualche tempo, insomma, dovrà diventare una persona normale colpito da una leggerissima condanna

Sosteneva ieri, in conversazioni private fatte filtrare alla bisogna: “Ricevevo gli uomini più importanti del mondo ed ora mi trovo a dovermi figurare come portatore di vassoi in qualche centro di recupero o di assistenza”. Insomma si è dipinto come statista (dipinto di chiara impronta onanistica) e ha il terrore di diventare un cameriere, ha vissuto tra i ricchissimi e teme di dover incrociare i poverissimi.
Lo psicodramma di BerlusconiLa fine dell’immunità, per chi si è arricchito all’ombra di poteri tenebrosi e amicizie politiche, che ha acquistato soprattutto con mezzi illeciti tutto ciò che valeva la pena possedere, coprendosi così con un manto di potere che avvolgeva ogni ganglo del corpo del Paese, rende il momento particolarmente difficile.

Dover abbandonare i sogni monarchici procura in soggetti come Berlusconi la tipica sindrome abbandonica della star del cinema invecchiata e dimenticata, che senza più disporre delle platee adoranti, rivede ossessivamente i film che la videro protagonista illudendosi di esserlo ancora. Il suo amico Putin, non a caso, gli ha ricordato come il sostegno all’inizio è ampio, poi si riduce e infine svanisce.
Ci sono due livelli che s’incastrano perfettamente nella novella berlusconiana: la perdita di prestigio istituzionale e, ancor più sostanziosa, quella dell’immunità parlamentare. I suoi sicari nelle redazioni dei suoi diversi house-organ paventano ordini di cattura che sarebbero pronti ad essere emessi non appena l’immunità dovesse cessare, ma sono solo una parte della guerra mediatico-politica che dichiara un uomo impaurito dalla normalità, terrorizzato dall’associazione tra diritti e doveri riguardante ogni cittadino.
Sono mesi che la condanna definitiva è stata emessa e fin troppo tempo era passato. Ogni possibile manovra destinata a impedirne o anche solo ritardarne l’esecuzione è stata approntata. Per schivare il voto decisivo non si è risparmiato: bombardamento mediatico tramite i suoi sicari nella pubblicistica, minacce dirette e insulti ad ogni istituzione, cambiamento politico della sua formazione, ritiro del sostegno al governo Letta.
A definire ancora una volta la singolarità del caso avevano provveduto le intromissioni non richieste di chiunque, direttamente o no, sia a suo libro paga. Un ciarpame urlante di scarsa dignità. Che non ha aggiunto niente a quanto già si conosceva ma che ha confermato quanto il valore del denaro e del potere sia la condizione perché in un mondo di teoricamente uguali, qualcuno sia più uguale degli altri. Ribadendo con ciò quanto l’assioma secondo il quale “la legge è uguale per tutti” sia, nella migliore delle ipotesi, un simpatico auspicio.

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