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Lo scamone e le attese alla fermata del tram. Un racconto per i Ritratti di Ringhiera.

Creato il 18 ottobre 2011 da Angela

Quando ho letto per la prima volta che Unarosaverde e Franco Pina avevano bisogno di una mano per continuare a scrivere i RITRATTI DI RINGHIERA – Racconti a più mani mi sono detta perchè non partecipare?! Così non appena ho avuto tempo ho scritto questo racconto Lo scamone e le attese alla fermata del tram che vorrei riproporre anche qui. Andate comunque sulla pagina del racconto linkata e votate mi raccomando: c’è in palio un libro, non si sa mai che possa essere io a vincerlo :-)

Lo scamone e le attese alla fermata del tram

di Angela Fradegradi

Siamo al supermercato, in cassa, mia moglie si accorge puntualmente di essersi dimenticata di comprare qualcosa. “Franco, puoi andare al banco del macellaio a prendermi quattro bistecche di scamone?! Tagliate sottili mi raccomando! Non so proprio cosa cucinare oggi a mezzogiorno altrimenti”. “Va bene, cara, vado subito!”. Tutte le volte che mia moglie mi spedisce a fare la coda dal macellaio non riesco a non pensare al Luigino e a quella volta che, a tredici anni, durante il suo primo giorno di lavoro dal macellaio del paese, si rifiutò di prendere e portare una bestia di trecento kg divisa in quattro pezzi, mettendo così a repentaglio la sua carriera da ‘affetta carne’ e perdendo così il posto di lavoro su due piedi.

Fu fortunato però il Luigino: non stette a casa disoccupato neanche due giorni che già gli arrivò una nuova proposta di lavoro. Una drogheria appartenente a una sorta di catena abbastanza conosciuta in città aveva bisogno urgentemente dal lunedì successivo di un garzone giovane che riordinasse i banchi e andasse in motorino a fare delle consegne a domicilio. La proposta gli arrivava dalla Rita, una signora del paese che era amica della mamma di Luigino e che lavorava come domestica nella casa del padrone della catena di drogherie. Senza dubbio, dopo un breve consulto con mamma e papà, Luigino accettò l’offerta.

La madre di Luigino, Caterina, era casalinga mentre il padre, Tino, faceva il carpentiere in una fabbrica del paese. Non è che non stessero bene in quanto a soldi, anzi, tra tutti noi erano forse quelli messi meglio. La Caterina proveniva da una famiglia benestante e il Tino era un grande lavoratore. Perchè allora, vi starete chiedendo, non mandarono avanti a studiare il loro unico figlio facendolo invece inziare presto a lavorare? Semplice: fu Luigino a sceglierlo. Gli piaceva l’idea di diventare indipendente, gli piaceva anche andare a scuola ma voleva sentirsi libero, camminare con le sue gambe, vedere cosa ci fosse al di là del paese, in fondo lui era stato così poche volte in città.

Quel giorno, dopo aver preso la decisione di andare in città a lavorare come garzone, venne in cortile e, tra una partita di calcio e una gara di corsa in bigicletta, mi confidò: “L’idea di sedermi sul tram al mattino insieme a quelli che fino a poco tempo fa considervano come ‘i grandi’ perchè vanno a lavorare al mattino presto e rientrano in paese solo la sera tardi mi fa esaltare. Mi piace l’idea di far parte di loro!”. Io gli dissi che non avevo fretta di diventare grande ma lui sembrava non capire il perchè di questa mia affermazione: era già proiettato verso una vita fatta di sveglia presto al mattino e di sacrifici, forse già sognava di prendere parte a grandi progetti, chissà!

Il fatidico lunedì mattina arrivò e Luigino salì sul tram per la città accompagnato da sua mamma e dalla Rita. Arrivarono senza troppi problemi alla drogheria dove avrebbe lavorato: in fondo bastava salire sul tram che dal nostro paese arrivava fino alla chiesa principale cittadina e lì fare circa cinquecento metri a piedi e prendere un altro tram per quattro fermate e la drogheria era proprio lì a due passi. Caterina e Rita stettero in negozio un paio d’ore, parlarono con il titolare e videro Luigino districarsi fra i primi scaffali da riordinare poi tornarono a casa, lasciandolo proseguire.

Il primo giorno di lavoro del Luigino fu molto impegnativo, oltre a riordinare gli scaffali gli era stato affidato un vecchio motorino un po’ scassato per andare a fare le consegne. Si perse diverse volte e chiese indicazioni ai passanti, il motorino gli si spense un paio di volte ma alla fine riuscì a fare tutto il giro che gli era stato assegnato e a ritornare al negozio in tempo per la chiusura alle 17.30.

Nel nostro cortile non si faceva altro che parlare di lui e del suo primo giorno, la gente si chiedeva come sarebbe stato, se gli fosse piaciuto o se anche qui, alla prima difficoltà, avrebbe mollato come aveva d’altronde già fatto dall’Osvaldo, il macellaio.

La Caterina, una volta tornata in paese, si era messa a ricamare dei centrini per il tavolo e la giornata le era trascorsa velocemente. Alle 18.30 il Tino, come tutte le sere, rientrò a casa dal lavoro e chiese alla Caterina a che ora sarebbe ritornato il Luigino: “Alle 18.00 ha il tram per tornare a casa”, disse Caterina. “Allora – rispose Tino – fra non molto dovrebbe essere qui”. “Si caro”, concluse lei.

Alle 19.00 però ancora il Luigino non era rientrato e la Caterina era affacciata alla finestra a controllare la strada. Nessuno, non passava nessuno ed era già buio. Alle 19.20, mandò suo marito a bussare alla nostra porta per chiederci se per caso avessimo visto il figlio o se fosse da noi, ma nè io nè mio fratello lo avevamo incontrato. Il Tino allora fece il giro di tutto il palazzo, ma niente, nessuno l’aveva visto rientrare.

In poco tempo il cortile brulicava di persone che si chiedevano dove fosse finito il Luigino, c’eravamo anche io e la mia famiglia. A qualcuno venne in mente che dì lì a poco sarebbe arrivato un nuovo tram dalla città e che magari Luigino era lì, allora tutti ci dirigemmo alla fermata. La Caterina era troppo agitata per venire, rimase quindi a casa a presenziare nel caso fosse tornato, il Tino invece venne con noi altri.

Alle 19.50 arrivò il tram, scese tanta gente e fra quelle persone io riconobbi anche Luigino. Gli andammo tutti incontro, lui era attonito, non capiva cosa ci facessero tutti i suoi vicini di casa lì ad aspettarlo. “La tua mamma è preoccupata, ha detto che tu domani non vai più a lavorare, torna subito a casa!” gli disse la signora Elvira. Il Tino se lo prese sotto braccio e lo portò dalla mamma che gli ripetè quanto prima anticipatogli dall’Elvira. Il giorno dopo, secondo lei, non sarebbe dovuto andare più al lavoro. “Mamma ho fatto tardi a parlare con il titolare e ho perso il tram e poi ho preso ben tremilacinquecento lire di mancia”, disse Luigino. “Allora sai cosa fai domani mattina?! Vai ancora a lavorare!”, sentenziò il Tino e la Caterina non ebbe nulla da obiettare.

Il giorno dopo, mi svegliai presto e vidi il Luigino tutto contento andare alla fermata del tram, oggi lui è già in pensione e io ho perso tempo a ricordare questa storia mentre mia moglie mi sta aspettando alla cassa. “Quattro bistecche di scamone, tagliate sottili, per favore”.

 



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