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Lo scheletro della verità - di Nazzario Giambartolomei

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Carica immagine:  Lo scheletro della verità - di Nazzario Giambartolomei

Ho pochi ricordi della mia infanzia. Qualche scena vivida mi è rimasta, qualche immagine televisiva, ma soprattutto qualche visione paurosa durante i sogni infantili. Ricordo benissimo che gran parte dei miei incubi nacquero nel momento in cui appresi la struttura ossea del nostro corpo. Lo scheletro era qualche cosa di terribilmente pauroso, qualche cosa che non si addiceva affatto alla bellezza gioviale della bambina alla quale facevo le prime carezze. Ricordo che non riuscivo ad accettare il pensiero che la mia fidanzatina avesse al suo interno uno scheletro così orribile e spaventoso, ed ero costretto con grande spreco di energie mentali, a rimuovere l'immagine scheletrica in secondo piano quando pensavo a lei. Certo, direte: "Che infanzia infelice!" No, cari miei. Credo che molte di queste esperienze siano accadute anche a voi, ma mentre alcuni non hanno alcun interesse per queste cose, io invece ci scrivo e ci rifletto sopra. Ritengo che sia di vitale importanza riscoprire le radici archetipiche che soggiacciono agli argomenti del nostro amore sillogistico. Si tratta di capire che l'esperienza che abbiamo cumunemente della nostra mente è quella del risultato finale e non quella elementare. Quando pensiamo alle nostre azioni del giorno, attuiamo un tipo di pensiero verbale sillogistico che invoca poche immagini o cumunque quelle necessarie al nostro fine. Se invece ci accasciamo nel letto, e chiudiamo gli occhi leggermente senza porre troppa attenzione ai nostri pensieri, ci accorgiamo di fluttuare letteralmente tra immagini di ogni genere. Questa è una forma di pensiero molto diversa dalla prima; più simile alle associazioni libere freudiane o alle visioni mistico-schizoidi delle mitologie religiose. Ritorniamo allo scheletro. Lo scheletro è un simbolo che molte culture ricollegano alla morte e quindi alla sterilità. Si pensi semplicemente che quando muore il corpo si tramuta in sterili ossa bianche. L'etimologia greca ci indica un parallelo con "skeletòs" cioè "essiccato" e con "skleròs" cioè "arido, duro". Dal punto di vista del common sense possiamo vedere come si parli spesso dello scheletro di un progetto col significato di "base arida" sulla quale costruire. Lo scheletro è simbolo dell'essenza ultima e prima. L'ossatura regge tutto il sistema e una frattura a tale livello determina la caduta dell'intero progetto.
Gregory Bateson, nella poesia "Manoscritto" parla proprio di questo:

Il manoscritto

Eccolo dunque in parole
preciso
e se leggi fra le righe
non troverai nulla
perchè questa è la disciplina che chiedo
né più né meno.

Non il mondo com'è
né come dovrebbe essere...
Solo la precisione
lo scheletro della verità
non cerco l'emozione
non insinuo implicazioni
non evoco i fantasmi
di vecchie credenze obliate

Queste son cose da predicatori
da ipnotisti, terapeuti e missionari.
Essi verranno dopo di me
e useranno quel pò che ho detto
per tendere altre trappole
a quanti non sanno sopportare
il solitario
scheletro
della verità. (*)

Concordi o meno con le preoccupazioni della sua eredità, Gregory Bateson agisce nel profondo facendoci accorgere che molti di noi non sopportano "il solitario scheletro della verità". Sì, la mia fidanzatina aveva anche lei uno scheletro! Ma perchè non riuscivo ad accettare tale idea? Sembra essere la stessa domanda che possiamo porci di fronte all'esistenza. Se le cose stanno come diceva C. Darwin e tutto sembra dirci che le cose stiano effettivamente in questo modo, se le cose vanno come dicono le teorie fisiche e matematiche, perchè allora molti di noi ancora si immaginano come degli angeli caduti nei corpi di scimmioni? Perchè la gente continua a non sopportare lo scheletro dell'esistenza e si rifugia in collettive o personali credenze spirituali? Cos'è che nell'uomo contrasta con lo scheletro della verità? Ebbene, ammesso che l'indagine scientifica debba ancora fare lunghi passi e che ancora sussistono dubbi sull'intima natura dell'esistenza, lo scoglio della percezione sembra essere quello fondamentale. Come siamo abituati a vedere le persone in carne e non in ossa, siamo anche abituati a vedere il mondo nella sua forma colorata e profumata e mai nella forma atomica e scintillante che gli gnostici definiscono come Pleroma. La nostra specie si è evoluta per percepire le forme dolci di una ragazza, allo scopo di favorire la conservazione dei propri geni. Stessa cosa per la scienza, noi ci siamo evoluti per percepire il sole come una grande palla di fuoco e luce, la luna come una pallida perla, più simile al volto di una donna. Le aree cerebrale in fondo dicono questo. Nella zona infero-temporale esistono popolazioni neuronali specifiche per la visione del viso delle persone e non del loro scheletro. Gli studi sulla cosiddetta prosopoagnosia, si basano sugli effetti di una lesione nell'area dei neuroni infero-temporali. Tale patologia genera l'incapacità di distinguere il viso di una persona da un altro oggetto. Sembra trattarsi, oltretutto, di a-priori simili a quelli per il linguaggio. Che cosa può una maggiore cultura e una maggiore conoscienza contro milioni di anni di storia evolutiva?

* Bateson G. & Bateson M. C. (1989) :"Dove gli angeli esitano", (pagg. 17-18). Adelphi

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