Lo sciopero dei calciatori non è pura sfacciataggine.
Per capirlo basta conoscere chi ci mette la faccia: Damiano Tommasi, ex azzurro, ora presidente del sindacato calciatori. Un tipo che nel 2005 pur di tornare a giocare con la Roma dopo un bruttissimo infortunio, si abbassa lo stipendio al minimo: 1500 euro al mese.
Poi bisogna leggere i giornali: i tg non spiegano nulla dello sciopero dei calciatori. Anch’io ero tra quelli che si incazzavano al solo sentire troppo vicine le parole “sciopero” e “calciatori”. E dopo i servizi mi incazzavo ancor di più: sembrava che Ibra, Totti e compagni non volessero pagare le tasse aggiuntive che pagheranno tutti.
In realtà c’entra nulla: i calciatori scioperano perché i presidenti vogliono creare due rose separate con allenamenti separati. In una ci stanno i possibili titolari, nell’altra quelli che il presidente vuole togliersi dai piedi ma non può perché hanno un contratto firmato. Una sorta di ghetto per invogliare i brocchi e i ribelli ad andarsene prima. I presidenti avevano ritirato le pretese a gennaio per far proseguire il campionato, ma ora si sono rimangiati la parola e ci riprovano.
Ecco perché anche i ricchi piangono e ne hanno il diritto.
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