La bella notizia è che i giornalisti non rischiano più la galera. Nonostante i forcaioli della Lega, e i salmoni affumicati dell’Api ci avessero provato, il Senato ha bocciato l’articolo 1 del decreto diffamazione e amen, via con le pene accessorie, ma niente cella. Lo avevamo scritto ieri, e tanto ci conferma oggi Alessandro Sallusti in prima persona. Piuttosto che stare nei 920 mq di Daniela Santanché e di nuotare nella piscina di madreperla leggendo Verlaine, il direttore del Giornale preferirebbe dimorare a San Vittore. D’altronde Sallusti ha ragione, non ha chiesto lui gli arresti domiciliari né, tanto meno, ha fatto richiesta per scontarli in casa della sua compagna “Hanno deciso tutto i magistrati – ha detto Draculino – perché si vergognano come ladri della sentenza”. Intanto al telefono di Mattino Cinque, il direttore del Giornale, novello Silvio Pellico o Adolf se preferite, se l’è presa con l’universo mondo attaccando nell’ordine: la magistratura, i giornalisti, la politica, la Croce Rossa, Amnesty International, il WWF, la Caritas e pure il segretario del suo partito, Angelino Alfano, al quale ha twittato: “Alfano non ha proferito parola su mio arresto. É questo il leader del futuro partito dei liberali italiani?” A parte lo sbaglio clamoroso dell’accento sulla “è”, segnale inequivocabile che per fare il direttore del Giornale non occorre conoscere l’uso della lingua italiana, resta la sensazione che in questa partita, Sallusti si sia sentito solo, oltretutto svillaneggiato dai tre quarti dell’informazione, che ha ironizzato non poco su quanto gli sta accadendo. Così partono querele, la prima è quella di Daniela Santanché che ha denunciato, per violazione della privacy, La Stampa, Mario Calabresi e il collega che ha scritto l’articolo sulla sua abitazione descrivendola nei minimi particolari mentre, così si mormora, sono pronte quelle contro Il Corriere della Sera, Il Fatto Quotidiano e La Repubblica, tutti, notoriamente, organi d’informazione vicini al Pcus. C’è una ragione per la quale, però, Alfano non è intervenuto nell’affaire Sallusti: è impegnato a convincere Silvio di rinnovare con lui il Pdl. Lo ha detto con le lacrime agli occhi e la voce strozzata dal pianto: “Per favore, Sire, rinnova il Pdl con noi”. Ma Re Silvio non ha battuto ciglio. Lui continua per la sua strada, che poi è quella di tentare di riaccreditarsi come il nuovo che avanza. Lo ha declinato chiaro, Silvio, il suo pensiero: “Gli italiani non ne possono più di questa politica e di questi politici. Sempre le solite facce, le solite manfrine, la solita Costituzione che impedisce a un governo eletto democraticamente dal popolo, di governare facendo quel che cazzo gli pare”. E ha continuato dicendo: “Occorre gente giovane, bei ragazzi e belle ragazze vogliose... di politica. Via tutto il vecchio armamentario. Largo al nuovo”. Ovviamente nel nuovo è ricompreso lui, il premier costretto alle dimissioni da Pierferdinando Casini che prima gli ha fatto sapere che “fuori tu si può parlare di un’alleanza con il tuo partito”, e poi ha fatto comunella con i pidini ansiosi di una benedizione papale. Entro domani, Silvio farà conoscere la sua decisione. Chiuso ad Arcore, attaccato al palo della lap-dance, ha commissionato ai sondaggisti una ricerca di mercato basata su una sola domanda: “Volete voi un governo di comunisti mangiabambini e mangiapreti?” se la risposta dovesse essere “no”, Silvio è pronto a immolarsi ancora per la patria.
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Lo sconquasso del centrodestra: domani la nuova lista di Silvio. Sallusti, ai domiciliari, querela tutti.
Creato il 28 novembre 2012 da Massimoconsorti @massimoconsorti
La bella notizia è che i giornalisti non rischiano più la galera. Nonostante i forcaioli della Lega, e i salmoni affumicati dell’Api ci avessero provato, il Senato ha bocciato l’articolo 1 del decreto diffamazione e amen, via con le pene accessorie, ma niente cella. Lo avevamo scritto ieri, e tanto ci conferma oggi Alessandro Sallusti in prima persona. Piuttosto che stare nei 920 mq di Daniela Santanché e di nuotare nella piscina di madreperla leggendo Verlaine, il direttore del Giornale preferirebbe dimorare a San Vittore. D’altronde Sallusti ha ragione, non ha chiesto lui gli arresti domiciliari né, tanto meno, ha fatto richiesta per scontarli in casa della sua compagna “Hanno deciso tutto i magistrati – ha detto Draculino – perché si vergognano come ladri della sentenza”. Intanto al telefono di Mattino Cinque, il direttore del Giornale, novello Silvio Pellico o Adolf se preferite, se l’è presa con l’universo mondo attaccando nell’ordine: la magistratura, i giornalisti, la politica, la Croce Rossa, Amnesty International, il WWF, la Caritas e pure il segretario del suo partito, Angelino Alfano, al quale ha twittato: “Alfano non ha proferito parola su mio arresto. É questo il leader del futuro partito dei liberali italiani?” A parte lo sbaglio clamoroso dell’accento sulla “è”, segnale inequivocabile che per fare il direttore del Giornale non occorre conoscere l’uso della lingua italiana, resta la sensazione che in questa partita, Sallusti si sia sentito solo, oltretutto svillaneggiato dai tre quarti dell’informazione, che ha ironizzato non poco su quanto gli sta accadendo. Così partono querele, la prima è quella di Daniela Santanché che ha denunciato, per violazione della privacy, La Stampa, Mario Calabresi e il collega che ha scritto l’articolo sulla sua abitazione descrivendola nei minimi particolari mentre, così si mormora, sono pronte quelle contro Il Corriere della Sera, Il Fatto Quotidiano e La Repubblica, tutti, notoriamente, organi d’informazione vicini al Pcus. C’è una ragione per la quale, però, Alfano non è intervenuto nell’affaire Sallusti: è impegnato a convincere Silvio di rinnovare con lui il Pdl. Lo ha detto con le lacrime agli occhi e la voce strozzata dal pianto: “Per favore, Sire, rinnova il Pdl con noi”. Ma Re Silvio non ha battuto ciglio. Lui continua per la sua strada, che poi è quella di tentare di riaccreditarsi come il nuovo che avanza. Lo ha declinato chiaro, Silvio, il suo pensiero: “Gli italiani non ne possono più di questa politica e di questi politici. Sempre le solite facce, le solite manfrine, la solita Costituzione che impedisce a un governo eletto democraticamente dal popolo, di governare facendo quel che cazzo gli pare”. E ha continuato dicendo: “Occorre gente giovane, bei ragazzi e belle ragazze vogliose... di politica. Via tutto il vecchio armamentario. Largo al nuovo”. Ovviamente nel nuovo è ricompreso lui, il premier costretto alle dimissioni da Pierferdinando Casini che prima gli ha fatto sapere che “fuori tu si può parlare di un’alleanza con il tuo partito”, e poi ha fatto comunella con i pidini ansiosi di una benedizione papale. Entro domani, Silvio farà conoscere la sua decisione. Chiuso ad Arcore, attaccato al palo della lap-dance, ha commissionato ai sondaggisti una ricerca di mercato basata su una sola domanda: “Volete voi un governo di comunisti mangiabambini e mangiapreti?” se la risposta dovesse essere “no”, Silvio è pronto a immolarsi ancora per la patria.
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