Negli Stati Uniti accade che se un giornalista non necessariamente famoso (ma in questo caso si trattava del “Pulitzer” Peter Arnett), rifila una sòla spacciandola per notizia, viene licenziato in tronco. Ad Arnett è accaduto nel 1998 quando commentò per la CNN “La Valle della Morte”, un documentario falso sull’uso di gas nervino da parte degli americani in Laos nel 1970. Arnett, probabilmente in crisi di astinenza da scoop, fece quello negli Usa è considerato un vero e proprio peccato mortale indipendentemente da chi lo compie: mentire. Il “caso Arnett” non è restato isolato, ad altri grandi della stampa americana è toccata la stessa sorte per servizi taroccati e a qualcuno anche la revoca del “Pulitzer”. Bill Clinton, per aver mentito sugli effettivi rapporti avuti con la sua stagista Monica Lewinski, rischiò l’impeachment e si salvò solo grazie all’aiuto fondamentale della moglie Hillary. Da noi la menzogna è assurta a “metodo” e chi non mente viene considerato alla stregua di un demente. Reduce dal “pacco” confezionato a Dino Boffo, Vittorio Feltri ci ha preso gusto e, scoprendo i danni che possono fare notizie false ma scritte in prima pagina, ne ha confezionato un altro ad uso del presidente della Camera reo di “marcato dissenso” con il suo Capo, nonché padrone ed editore. Incurante della famosa frase di Berlusconi “a casa mia faccio quel che mi pare”, Feltri ha pensato di interessarsi invece degli affari di casa Fini dai quali tutti gli italiani sembrano essere morbosamente attratti. Così il prode Vittorio, reo-confesso mentitore con tanto di scuse pubbliche a Boffo, ha pensato di sputtanare Fini tirandogli addosso secchiate di fango che hanno riempito il tinello della ex casa di An a Montecarlo. Il risultato è sotto gli occhi di tutti e la conclusione suona pressappoco così: “Fini è come tutti gli altri, un nepotista interessato solo agli affari di famiglia”. A poco varranno le querele che l’avvocato Bongiorno sta depositando un giorno sì e l’altro pure in tribunale perché, quando queste andranno a processo, sarà trascorso talmente tanto tempo che nessuno ci farà più caso; la merda, comunque, sarà rimasta a lungo. Non avendo ancora compreso se Feltri “ci fa” o “ci è”, sgomenti abbiamo letto il suo “fondo” sul Giornale. Ebbene, della casa a Montecarlo e degli affari di Elisabetta e Giancarlo Tulliani, il direttore non fa alcun cenno mentre si addentra in una analisi politica che, da sola, dovrebbe aprire gli occhi anche ai più ciechi fanatici berlusconiani. Per grande sintesi Feltri scrive che gli errori di Fini per i quali dovrebbe dimettersi sono sostanzialmente tre: aver tradito la maggioranza, aver dialogato con l’opposizione, aver creato un gruppo autonomo”. E la casa di Montecarlo? Quella va bene per le casalinghe che si orgasmano per Emilio Fede, i leghisti rincoglioniti del Bar dello Sport, il cummenda al quale la badante non ha cambiato il pannolone. A proposito della Lega. È quasi ferragosto e ci permettiamo di riportare una battuta di Vergassola ascoltata ieri sera: “Il Trota è l’unico pesce al quale manca il fosforo”. Buon Ferragosto e sempre occhio agli yacht, la GdF sorveglia, ispeziona e canta “Alba chiara”.
Magazine Società
Lo scoop degli imbecilli. Dolce è mentire.
Creato il 14 agosto 2010 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Negli Stati Uniti accade che se un giornalista non necessariamente famoso (ma in questo caso si trattava del “Pulitzer” Peter Arnett), rifila una sòla spacciandola per notizia, viene licenziato in tronco. Ad Arnett è accaduto nel 1998 quando commentò per la CNN “La Valle della Morte”, un documentario falso sull’uso di gas nervino da parte degli americani in Laos nel 1970. Arnett, probabilmente in crisi di astinenza da scoop, fece quello negli Usa è considerato un vero e proprio peccato mortale indipendentemente da chi lo compie: mentire. Il “caso Arnett” non è restato isolato, ad altri grandi della stampa americana è toccata la stessa sorte per servizi taroccati e a qualcuno anche la revoca del “Pulitzer”. Bill Clinton, per aver mentito sugli effettivi rapporti avuti con la sua stagista Monica Lewinski, rischiò l’impeachment e si salvò solo grazie all’aiuto fondamentale della moglie Hillary. Da noi la menzogna è assurta a “metodo” e chi non mente viene considerato alla stregua di un demente. Reduce dal “pacco” confezionato a Dino Boffo, Vittorio Feltri ci ha preso gusto e, scoprendo i danni che possono fare notizie false ma scritte in prima pagina, ne ha confezionato un altro ad uso del presidente della Camera reo di “marcato dissenso” con il suo Capo, nonché padrone ed editore. Incurante della famosa frase di Berlusconi “a casa mia faccio quel che mi pare”, Feltri ha pensato di interessarsi invece degli affari di casa Fini dai quali tutti gli italiani sembrano essere morbosamente attratti. Così il prode Vittorio, reo-confesso mentitore con tanto di scuse pubbliche a Boffo, ha pensato di sputtanare Fini tirandogli addosso secchiate di fango che hanno riempito il tinello della ex casa di An a Montecarlo. Il risultato è sotto gli occhi di tutti e la conclusione suona pressappoco così: “Fini è come tutti gli altri, un nepotista interessato solo agli affari di famiglia”. A poco varranno le querele che l’avvocato Bongiorno sta depositando un giorno sì e l’altro pure in tribunale perché, quando queste andranno a processo, sarà trascorso talmente tanto tempo che nessuno ci farà più caso; la merda, comunque, sarà rimasta a lungo. Non avendo ancora compreso se Feltri “ci fa” o “ci è”, sgomenti abbiamo letto il suo “fondo” sul Giornale. Ebbene, della casa a Montecarlo e degli affari di Elisabetta e Giancarlo Tulliani, il direttore non fa alcun cenno mentre si addentra in una analisi politica che, da sola, dovrebbe aprire gli occhi anche ai più ciechi fanatici berlusconiani. Per grande sintesi Feltri scrive che gli errori di Fini per i quali dovrebbe dimettersi sono sostanzialmente tre: aver tradito la maggioranza, aver dialogato con l’opposizione, aver creato un gruppo autonomo”. E la casa di Montecarlo? Quella va bene per le casalinghe che si orgasmano per Emilio Fede, i leghisti rincoglioniti del Bar dello Sport, il cummenda al quale la badante non ha cambiato il pannolone. A proposito della Lega. È quasi ferragosto e ci permettiamo di riportare una battuta di Vergassola ascoltata ieri sera: “Il Trota è l’unico pesce al quale manca il fosforo”. Buon Ferragosto e sempre occhio agli yacht, la GdF sorveglia, ispeziona e canta “Alba chiara”.
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