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Lo scrittore Franco Spazzoli intervista Antonio Paganelli

Creato il 20 febbraio 2012 da Ciessedizioni
Lo scrittore Franco Spazzoli intervista Antonio Paganelli Lo scrittore Franco Spazzoli intervista Antonio Paganelli

Franco Spazzoli

1) Anche tu, come me, sei arrivato piuttosto tardi al romanzo, dopo varie esperienze di vita e lavoro… quale esigenza interiore ti ha portato alla scrittura?

C’è un tempo per la lettura e un tempo per la scrittura. Per ogni lettore che ama i libri, dopo averne letti tanti, arriva un momento in cui vorrebbe scrivere il suo. Per la maggior parte di loro, questo rimane un sogno irrealizzabile. Alcuni cercano di dare forma al sogno, ma quel progetto, per diverse ragioni, rimane nel cassetto. Coloro che riescono a pubblicare il loro libro sono solo una minoranza, i più fortunati e noi fra questi.

Era da un po’ di tempo che sentivo l’esigenza di scrivere e finalmente dopo essere andato in pensione e aver esaudito un altro desiderio, l’apprendimento del restauro pittorico, ho cominciato a scrivere, come hobby.

2) Perché, una volta che hai deciso di cimentarti con la scrittura creativa, hai scelto il romanzo e non, ad esempio, la poesia o il racconto?

Perché il pittore dipinge o lo scultore scolpisce? Ogni artista che vuole comunicare qualcosa agli altri sceglie la forma che sente più congeniale, più adatta a sé stesso, sia dal punto di vista tecnico sia espressivo. Trovo la struttura del romanzo più completa e di più ampio respiro, rispetto a quella di un racconto. Preferisco cimentarmi con il romanzo,perché la sua complessità diventa per me una sfida da affrontare, che mi permette un maggiore coinvolgimento. La prosa poetica è una delle forme artistiche più alte, alle quali aspiro. La poesia pura, invece, non mi appartiene. L’ammiro, o l’ascolto estasiato e, come una bella canzone, arriva al cervello e al mio cuore, per emozionarmi, ma lì si ferma.

3) Anche a te chiedo: in che modo costruisci la trama dei tuoi libri? C’è una fase di progettazione vera e propria del racconto, dall’inizio alla fine, o parti con la sola idea iniziale?

In principio c’è l’idea di una storia grezza, ma compiuta; i personaggi sono appena abbozzati. Poi incomincio a scrivere e la trama si costruisce e si dipana, i personaggi si configurano e si precisano. La storia narrata, che all’inizio è solo frutto della mia mente, pian piano acquisisce una sua autonomia. I fatti producono fatti, le parole altre parole e la trama si arricchisce e acquisisce una forza rigeneratrice che limita e imbriglia la creatività dell’autore, cioè la mia. Così, strada facendo, il racconto devia dal percorso originario tracciato e io, autore, non posso fare altro che accompagnarlo con gentilezza, là dove vuole approdare.

Lo scrittore Franco Spazzoli intervista Antonio Paganelli

Antonio Paganelli

4) Come costruisci i tuoi personaggi: sono ripresi dalla tua esperienza di vita, da persone che hai incontrato o piuttosto proiezioni di aspetti diversi della tua personalità?

I personaggi di “Cicatrici nascoste”, così come del romanzo che sto terminando, sono nati dalla mia fantasia. Come tu dici, però, sono sia proiezioni di aspetti diversi della mia personalità sia frutto di osservazioni ed esperienze reali di tutta una vita.

5) Quali sono le tue principali scelte stilistiche per quanto riguarda la costruzione della frase, la scelta del linguaggio, ecc?

Per me la forma linguistica ha molta importanza: ha il sopravvento sulla trama. È ciò che distingue la grande letteratura dalla semplice prosa. La forma a cui mi riferisco, che naturalmente non è fine a sé stessa, veicola significati, produce emozioni. Se i miei ricordi non mi ingannano, Flaubert utilizzava la metafora di un albero per descrivere un testo scritto. Ebbene le parole, in una frase, devono vibrare come le foglie di un ramo al vento e i rami, tutti assieme, concorrono a dare vita all’albero. Solo così il testo scritto, come l’albero, potrà dare fiori e frutti. A mio avviso, tuttavia, lo stile ideale deve ricercare la semplicità, da non confondere con la facilità o la superficialità. La semplicità, come diceva lo scultore Brancusi, “è una complessità risolta”.

6) A tuo parere i particolari (nella descrizione di un personaggio, di un paesaggio, di una scena) sono importanti o per te prevale lo snodarsi della vicenda principale?

Tutto è importante, dalla scelta delle parole, ai personaggi, dai dettagli ai fatti. Un romanzo è come un albero. Se vogliamo vederlo fiorire e fruttificare dobbiamo alimentarlo e curarlo. Quando occorre, poi, bisogna potarlo, tagliare i rami secchi e, a volte, innestare un nuovo ramoscello per ridargli vita.

7) Il tuo romanzo d’esordio Cicatrici nascoste ha riscosso un certo successo e anche un premio di prestigio. Potresti indicare quali sono i punti di forza della tua opera?

Cicatrici nascoste mi ha dato delle soddisfazioni. Il premio di “Autore emergente nazionale 2011” mi è giunto del tutto inatteso. Certo, sapevo che il mio editore aveva aderito al concorso, ma non avrei mai pensato di arrivare primo, a livello nazionale. Per quanto riguarda le vendite non so come stiano andando perché, da contratto, l’editore mi esporrà i dati solo a giugno prossimo. Comunque, alcuni segnali come le email che ricevo dai lettori, o recensioni varie, mi fanno ben sperare. Io credo che i punti di forza della mia opera siano soprattutto tre: la scrittura, semplice ma densa di significati, una trama coinvolgente e il fatto di essere partito da una vicenda storica effettivamente successa, nella Sicilia del XIX secolo.

8 ) Ci sono, invece, parti o aspetti del libro che, in base ad una successiva riflessione, modificheresti?

Io sono molto lento a scrivere. Una volta terminata la narrazione incomincia per me una fase di riflessione, in cui leggo e rileggo il testo per correggerlo, limarlo ed eventualmente cambiarlo. In questa fase lo faccio leggere ad alcune persone, per conoscere i loro giudizi. In base ai riscontri decido se modificare qualcosa oppure no. Quando sono soddisfatto del testo, sia dal punto di vista della trama sia della forma, lo considero concluso. Nel 1982 ho pubblicato, con una mia collega, un libro per insegnanti, “La didattica delle lingue straniere”. L’altro giorno, rileggendolo, mi sono chiesto se ora cambierei qualcosa. La mia risposta è stata no. Mi sono detto che per l’epoca, quel testo rappresentava il nuovo e che, dopo trent’anni, non è molto invecchiato. Magari, oggi ne scriverei un altro, parlando di cose diverse, ma quello non lo toccherei. Così mi succede anche coi romanzi.

9) So che ti stai dedicando ad un altro romanzo, vuoi darci qualche anticipazione ?

Ho terminato la creazione di un romanzo storico intitolato AAA. Vendo scrittoio antico, all’inizio del 2012. Ora sono nella fase di rilettura e limatura, che può durare anche alcuni mesi. Vi sono due protagonisti: una cinquantenne intellettuale di oggi e un personaggio vissuto alla fine del Medio Evo. Lei trova in un cassettino segreto di un mobile antico, che suo marito le ha regalato nel giorno del loro anniversario di matrimonio, le memorie di un signore vissuto nella seconda metà del ’400, nel Montefeltro. Il romanzo racconta l’evoluzione e i legami fra questi due personaggi: l’apprendimento ad una vita piena e autonoma della cinquantenne e la crescita intellettuale del signore medievale, grazie alla malattia e a un dramma incombente.

10) Che consigli daresti ad un esordiente che vuole scrivere un romanzo?

Innanzitutto deve aver letto molto. Se si sente pronto, gli consiglio di incominciare con un argomento che padroneggia bene e di inserire la storia in un contesto vissuto, o almeno conosciuto. Poi, di leggere e rileggere quanto ha scritto, togliendo ogni volta il superfluo, mantenendo l’essenziale e controllando che la parola sia quella giusta, pertinente. Infine dovrebbe curare la forma linguistica per renderla sempre fluida e scorrevole.

Grazie.

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