Lo scultore mario zanoni

Da Teoderica

Qualche tempo fa ho conosciuto l’artista Mario Zanoni, in quell’occasione ho avuto modo di apprezzare le sue sculture in ceramica a lustro dai colori smaglianti ma dalle strane forme allungate come fiammate, un’iconologia mitologica, ma un mito furente e indomabile, i titoli delle opere possono essere apollinei, greci ma qui la saga, l’epopea, il racconto è norreno, ovvero i fiabeschi Vichinghi, ed anche Mauro ha un aspetto un po’ nordico, coi toni “aranciati” del volto e dei capelli e gli occhi buoni e birichini dietro le lenti degli occhiali. Mauro Zanoni  si avvicina alla scultura attraverso un lungo percorso artistico che va dalla musica rock degli anni ‘60 al teatro sperimentale degli anni ‘70. L’incontro, negli anni ‘80, con lo scultore e docente dell’Accademia di Belle Arti Giovanni Scardovi, di cui diverrà allievo e amico contribuirà fortemente alla sua formazione di scultore. Sue opere monumentali sono esposte a Lugo e a Ravenna, ma l’autore  espone raramente in quanto tutto il tempo lo dedica alla sua ricerca intima e personale, quasi chiuso dentro alla bolla del suo mondo visionario. Dopo quest’incontro, per la stesura di un mio romanzo, mi sono imbattuta nei Nani di stirpe  Brisinga, i racconti del mito norreno mi hanno rammentato Mauro e le sue opere, in questa leggenda io vi ritrovavo le sue forme infuocate, ognuna in lotta in un estenuante battaglia dove gli  avversari  rimangono fermi allo stesso posto, un po’ come accadde nella Prima  Guerra Mondiale  dove gli eserciti erano in stallo ognuno nella propria trincea, poi improvvisamente il giorno di Natale i soldati disobbedendo ai superiori invece di spararsi contro fecero una partita di pallone, le opere di Mauro sono proprio così, un’eterna lotta dove sul più bello o sul più brutto può  esserci la pace. Brisinghi  dovrebbe significare  “stirpe del fuoco”  i Nani lavoravano nelle miniere e forgiarono una collana d’oro meravigliosa che Freyja la dea della bellezza vide e chiese  a loro il monile, i Nani acconsentirono, a patto che la dea giacesse una notte con ognuno di essi, a turno. Freyja accettò il patto, e così il monile fu suo, ma Odino il suo sposo quando venne a sapere il fatto ordinò al dio Loki di rubarle il gioiello. Odino pose a Freyja come condizione per riavere il monile di istituire una guerra eterna e Freyja accetto. Questa tensione, la battaglia ancestrale fra il “giusto” e lo “sbagliato” continua oggi ed è ciò che ritrovo nelle fantastiche/misteriose/insondabili opere di Mauro… speriamo che alla fine non vinca la lussuriosa ed avida Freyja.   


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