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“Il rischio – per Roberto Pertici – è che l’ammirazione per la sua ultima battaglia oscuri la precedente azione politica contrassegnata invece da limiti ed errori”. Ben venga, dunque, questa biografia di Giacomo Matteotti scritta da Gianpaolo Romanati (Un italiano diverso. Giacomo Matteotti – Longanesi, 2011), che però “suggerisce piuttosto che tirare conclusioni esplicite”. Poco male, per quelle ci pensa il Pertici (L’Osservatore Romano, 18-19.7.2011). E comincia col sottolineare che “Giacomo Matteotti non fu il primo morto ammazzato della sua famiglia. Anche il nonno Matteo era stato ucciso: davanti al suo negozio, durante una rissa”. Evidentemente l’avevano scritto nel sangue, e chissà che quelli della banda Dumini non siano stati solo uno strumento del destino. D’altronde i Matteotti, oltre ad essere socialisti, dunque laicisti, avevano un peccato originale gravissimo: erano ricchi, avevano fatto fortuna “mettendo le mani su vaste proprietà ecclesiastiche espropriate con le leggi del 1866 e del 1867”. Son cose che si pagano, ed ecco il Pertici, mandato dagli espropriati a far pipì sulla tomba di Matteotti: pisello piccolino, getto storto, ma per lo sfregio è il pensiero che conta.
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