9 giugno 2013 Lascia un commento
E’ un modo d’intendere il cinema che non condivido o meglio la mia passione per Antonioni e’ solo ed esclusivamente dal lato tecnico, sul quale egli eccelse e col quale realmente ha saputo creare una nuova estetica e una nuova grammatica.
Con rare eccezioni o dovrei dire escludendo certi momenti all’interno dei suoi film, non mi riconosco nei suoi testi e tantomeno mi sento di condividere scelte letterarie, anche ideologiche ma questo sarebbe il meno se fossero sostenute da un testo potente, il che non avviene quasi mai.
Ad ogni modo Antonioni e’ realmente una parte importante del nostro cinema a prescindere da tutto e una mostra a lui dedicata oltretutto nella sua citta’ natale, e’ un evento che non potevo perdere.
Si aprono le porte della prima sala e i curatori con giusto slancio, evidenziano due elementi importanti della poetica del regista, nebbia e deserto.
Quella di Antonioni e’ una nebbia che esiste nelle strade, nelle campagne, e’ l’umidita’ che proviene dalle paludi e che Ferrara, provincia che con un filo sottile separa terra e mare, ti fa entrare nelle ossa fermandosi nell’anima.
Nebbia come livello d’esistenza ed e’ innegabile che tutta la produzione del regista sino a "Deserto rosso", sia stata influenzata fortemente da quel velo silenzioso che si manifesta con silenzi ed interrogativi e in qualche modo collega cio’ che si vive con cio’ che si sente.
Deserto invece come estensione della pianura ma dalla luce accecante, spazi immobili ed infiniti, a loro volta sinonimo di solitudine ed impossibilita’ di comunicare ma in fondo unica via di fuga accettabile da chi non puo’ fuggire dalla propria natura.
E’ cosi’ che Antonioni passa da una solitudine all’altra rendendo affini due situazioni molto molto diverse.
In questo modo la mostra procede e dopo il preambolo, si succedono le diverse sale organizzate in ordine cronologico. Gli esordi in odore di neorealismo, l’importante trilogia dell’incomunicabilita’ inclusa l’estensione se cosi’ vogliamo dire di "Deserto rosso", grande spazio e non potrebbe essere altrimenti, dedicato al suo film piu’ importante, "Blow up" sino ad arrivare alla sua ultima opera con un minimo di senso, "Identificazione di una donna".
Lettere, fotografie e qualche memorabilia, un regista raccontato attraverso le lettere scritte e ricevute che dentro le teche narrano immobili e suggestive , un grande fermento di intellettuali e letterati attorno a lui e al suo lavoro.
L’arte appunto, altro cruccio del regista che la mostra devo dire con piacere, e’ esibita ove possibile attraverso alcune opere di Sironi, Balla, Morandi, diversi altri e naturalmente non poteva mancare De Chirico al quale certamente si ispiro’ e certo non solo per affinita’ geografica delle sue opere, per tratteggiare il deserto urbano che cosi’ bene seppe rappresentare.
Diversi suoi quadri, libri, macchine fotografiche e non manca l’Oscar alla carriera ed un paio di Leoni d’oro, c’e’ davvero un po’ di tutto, un tutto che in qualche modo delimita i confini della mostra.
Se da un lato una lettera autografata da Fellini e’ una grande curiosita’, quella di Tarkovskij commuove, se si vorrebbe persino rubare lo script originale di "Zabriskie Point" o bramare gli appunti di Tonino Guerra, in fondo si sta guardando qualche documento strabiliante per il visitatore ma molto ordinario nel concreto.
Molte mostre dedicate ad artisti sono cosi’ ma forse si vorrebbe sempre di piu’ o solo un po’ di piu’ laddove si esce senza grosse conferme o soprese per un uomo certamente complesso che la mostra non svela oltre quanto e’ gia’ noto.
Purtroppo quando questo post sara’ pubblicato, la mostra sara’ gia’ conclusa ma ugualmente l’avrei consigliata a chi conosce Antonioni, meno per chi avesse voluto con la mostra farsene un’idea.
Pagina web della mostra