«È sangue quello che vedo, babbo?». Deciso, profondo e tagliente, l’incipit che apre le porte all’esordio narrativo di Giuliano Sangiorgi. Parole forti, che mettono il lettore sulla giusta strada per assaporare il profondo senso della lettura, e per lasciarsi scivolare tra le righe della travolgente storia di un ragazzo qualunque. “Lo spacciatore di carne” (edito da Einaudi nella collana Stile libero big – pp.169), è il primo lavoro narrativo del leader della band salentina dei Negramaro, che all’età di 33 anni decide di mettersi ancora una volta in gioco, confrontandosi con un pubblico diverso da quello che è solito affrontare calcando il palcoscenico. In uno scenario carico di aspettative, Sangiorgi risulta la voce fuori dal coro, quella che mancava nel vasto panorama già esistente di cantautori – scrittori, come Vinicio Capossela, Vasco Rossi, Ligabue ecc. «Per una volta racconto di qualcuno che non sono io», commenta l’autore. Questa è la storia di un universitario pugliese trapiantato a Bologna, figlio di un macellaio, che si troverà a fare i conti con la vita e con l’indelebile lugubre ricordo del lavoro del padre. Le parole tra le pagine suonano familiari, a tratti “cantano” come i suoi testi; il foglio bianco danza insieme alle frasi, spesso lunghe, sofferte e dolorose, altre volte brevi e taglienti, piene di senso del ritmo, piene di quello stile che contraddistingue i dischi dei Negramaro. La copertina, di Emiliano Ponzi, raffigurante la bocca di una donna che tiene sulla lingua un pezzettino di carne, sembra quasi una finestra aperta su ciò che si andrà ad esplorare. Inizialmente, nei primi tre capitoli Giuliano sembra aver fatto un buco nell’acqua. Ben sedici pagine per un cocktail di parole incalzanti in una sorta di pentolone pieno di tutto ciò che si può metter dentro, insomma il classico “chi più ne ha, più ne metta”. Il primo impatto, deludente per le aspettative di chi conosce i Negramaro, fa trasparire un esperimento riuscito piuttosto male, con un Sangiorgi che sembra scrivere una canzone lunga, lunghissima, quasi infinita; ma un romanzo non ha nulla a che vedere con le strofe musicali. Si riprende, poi, quando descrive la notte in cui Edoardo, il protagonista della vicenda, decide di lasciare la casa del padre per dare un cambio di direzione importante alla sua vita, ed un tono ai genitori regalandogli quel foglio appeso al muro con la scritta “Avvocato”.
Cambio di direzione che, in realtà, si rivela una fuga per levarsi di dosso l’odore del sangue e delle carcasse appese nella cella frigorifera, e dagli occhi le piastrelle sporche dal rosso degli agnelli sgozzati; Edo fugge dalla sua casa, dove tutto questo è il pane quotidiano e la garanzia per potersi permettere il Due di tutto e due di niente per lui. Il romanzo inizia realmente solo al quarto capitolo Di vaniglia e carne, dove il protagonista, semplice ragazzo del sud, figlio e destinato erede di un macellaio, in viaggio in treno verso la sua nuova vita da studente universitario incontra Stella, che gli riempirà la vita ma nello stesso tempo gli svuoterà l’anima. Per Edoardo detto Edo, nome scelto non casualmente per il chiaro rimando alla radice latina “edere – mangiare”, Stella sarà croce e delizia della sua esistenza che lo trasporterà verso un modo di vivere a lui totalmente estraneo. Quando la ragazza lo tradirà, la carne per lui diventerà una vera e propria ossessione tanto da iniziare a spacciarla, utilizzandola come denaro contante. Un racconto moderno della pazzia amorosa, con toni mistici e i tormenti di una generazione che arranca per sopravvivere. Carne utilizzata per sostituire il denaro, profezia di un mondo in crisi che un giorno non lontano potrebbe tornare al baratto; parole ridondanti come “sangue” ed “odore” trasportano il lettore in questo gioco tra lingua, mito e scrittura, suddiviso in trentacinque capitoli colmi di coinvolgenti e colorati dettagli e minuziosità. Definito un “Orlando furioso metropolitano”, Giuliano Sangiorgi spacca in due la critica. Da una parte c’è chi ha già imparato a conoscerlo e ad apprezzarlo come scrittore, dall’altra chi tra il cantautore ed il narratore preferisce il primo, commentando la sua prova di romanziere con un sarcastico: «Giuliano poi sta male!».
Le due fotografie di Giuliano Sangiorgi inserite nell’articolo sono di Flavio&Frank