Magazine Cinema
Caso credo più unico che raro, io e Giulia siamo rimasti sempre in contatto durante tutti questi anni. Entrambi oggi ci siamo fatti una famiglia (lei sposata, senza figli, io convivente, con due gatti a carico) ma questo non ci impedisce di organizzare talvolta delle belle serate, in compagnia dei rispettivi marito/fidanzata, con l’accompagnamento di rosse bistecche e rosse bottiglie di vino.
In realtà, al di là dell’apparente grande affiatamento e serenità che dimostriamo, il tempo trascorso ha eroso la spensieratezza della fanciullezza per lasciare il posto ad una poco più che semplice cordialità. In altre parole di quell’amicizia lontana è rimasto solo un vago sapore, che la maturità ci ha portato via inesorabilmente. Ci si raccontano tante cose, ma mai nessuna veramente personale, mai nessuna veramente intima. (Scusa Giulia, spero tu non ti offenda, ma la verità è questa...) Non sapevo nemmeno conoscesse questo blog, visto che io personalmente non gliene ho mai parlato. Viceversa l’ho scoperta solo adesso essere una mia fedele e silenziosa lettrice, chissà da quanto tempo.
È stata pertanto una vera sorpresa quando, come detto, qualche giorno fa ricevetti una sua e-mail che riporterò qui integralmente. Non so cosa l’abbia spinta ad aprirsi con me in questo modo. Sarà un po’ per via della nostra amicizia di vecchia data, e un po’ per via del riferimento allo specchio che ho inserito nel nome del mio blog, ma quello che ho letto è qualcosa che mi ha lasciato senza parole. Una storia a cui faccio ancora fatica a credere. Incredibile, inquietante, terrificante, scegliete voi l’aggettivo. Io mi limiterò ad un copia/incolla qui di seguito. Naturalmente non è mia abitudine urlare ai quattro venti i fatti degli altri, specialmente se si tratta di cose intime. Se lo faccio è solo perché la mia amica me lo ha chiesto esplicitamente, con la sola preghiera di utilizzare nomi di fantasia al posto di quelli veri.
Forse sarai stupito nel sapere che so del tuo blog e che leggo con interesse tutti i tuoi post. Non perderò tempo a spiegarti come faccio a conoscerlo, perché adesso ho troppa fretta di arrivare al punto... Ti scrivo per parlarti di una cosa che non posso raccontare a nessun altro. Intanto scusami se mi appoggio a te, ma ho visto che il tuo blog contiene spesso riferimenti a fatti strani e inspiegabili e ho pensato quindi che magari tu potevi ascoltarmi senza ridere. Magari tu (o qualcuno dei lettori del tuo blog) potrai trovare una spiegazione per quello che mi è successo (magari la stessa che mi sono data io) e dirmi che cosa devo fare adesso, o se non è così dirmi sinceramente se pensi invece che sono una povera pazza visionaria. Da te, potrei anche accettarlo… Di sicuro non posso chiedere aiuto a Carlo né fidarmi di lui, e andando avanti a leggere capirai il perché…
Tutto è iniziato più o meno un mese fa. Quella sera io e mio marito siamo andati a letto presto, come facciamo spesso ultimamente, dato che lui spesso è troppo stanco e distratto non dico per parlare, ma persino per guardare la tv insieme. Erano circa le dieci di sera: quella volta ero però io ad essere molto stanca, sono andata a letto e mi sono addormentata immediatamente, nemmeno il tempo di appoggiare la testa sul cuscino, mentre Carlo stava ancora leggendo. Non so per quanto tempo andò avanti a leggere, come detto io mi addormentai subito. Mi sono svegliata di soprassalto in piena notte. Non so dirti cosa esattamente mi svegliò. Credo un urlo strozzato o forse, più probabilmente, un lamento. Era molto buio e non riuscivo a vedere ad un palmo dal naso, ma avevo la netta impressione che ci fosse qualcosa di strano. Dopo qualche secondo, il tempo che i miei occhi si abituassero al buio, realizzai che Carlo era seduto sul letto e che stava farfugliando qualcosa di incomprensibile. Gli chiesi se stesse bene, ma non mi rispose. Quando allungai la mano verso di lui e lo toccai lo sentii freddo come il marmo. Preoccupata cercai l’interruttore dell’abatjour sul comodino dal mio lato, ma nella foga la presi dentro facendolo cadere per terra. La lampadina si è rotta, quindi ho dovuto alzarmi e camminare a tentoni fino all’interruttore principale. Ho acceso la luce, mi sono voltata ed è stato allora che ho visto qualcosa di agghiacciante. Carlo stava seduto con gli occhi sbarrati e fissi verso un punto indefinibile davanti a sé. Aveva le mani strette sul petto e una smorfia di dolore sul viso. Mi spaventai moltissimo perché pensai subito ad un attacco di cuore, ma non feci in tempo ad organizzare le idee, a decidere se chiamare il 118 oppure caricarlo in macchina, che il viso di Carlo si rasserenò. All’improvviso mi parlò come se nulla fosse successo e mi chiese cosa ci facessi lì in piedi e perché mai avessi acceso la luce. Gli raccontai quello che avevo visto e lui mi disse che effettivamente aveva avuto nel sonno una sensazione strana, come di un grosso colpo sul petto, quasi come se qualcosa di pesante gli fosse precipitato addosso. Nonostante fossimo entrambi a questo punto un po’ scossi, ci riaddormentammo di lì a breve. La mattina successiva ho dovuto insistere parecchio perché andassimo al pronto soccorso, e ho detto a Carlo di raccontare del dolore al petto come se gli fosse appena successo. La tattica ha funzionato e dopo un’attesa relativamente breve lo hanno visitato e fatto il cardiogramma, ma tutto risultava normale. Questo ci ha rasserenato un po’, ma la sera stessa mi sono accorta di una cosa strana, alla quale però ho dato importanza solo in seguito: l’armadio ai piedi del letto ha uno specchio al suo interno, incollato (od avvitato, non so) all’anta. Ebbene, lo specchio era incrinato. C’era uno sbrego orizzontale lungo dieci centimetri, più o meno a metà della sua altezza. Non avevo la più pallida idea di cosa lo avesse provocato ma, essendo solo noi due in casa, diedi la colpa a mio marito e alla sua proverbiale sbadataggine. Ma con tutte le cose che avevo per la testa allora mi passò subito di mente, e non gliene accennai neanche.
Una settimana fa c’è stato un secondo episodio. Questa volta è stato davvero terrificante… Carlo era rimasto muto e pensieroso tutta la sera. Avevamo guardato un film alla tv, ma più volte ho avuto la netta sensazione che i suoi pensieri fossero lontani, che forse distratto da qualcosa. Qualche problema in ufficio, forse. Una volta a letto mi avvicinai a lui e cercai di abbracciarlo da dietro, ma inspiegabilmente mi respinse. Era strano, non era mai successo. Anzi, di solito sono io che lo spingo via quando ho sonno e lui si sdraia troppo appiccicato. Mi sono addormentata con una strana sensazione, qualcosa di indefinibile. Come la prima volta mi sono svegliata di soprassalto in piena notte. Fu un rumore sordo a svegliarmi, come se qualcuno avesse sollevato il comodino e lo avesse lasciato ricadere pesantemente sul parquet. Carlo era nuovamente seduto, con lo sguardo fisso, solo che questa volta le braccia non erano strette al petto, ma le roteava davanti a sé come se cercasse di scacciare qualcosa… Mugolava, mugolava qualcosa di incomprensibile. Io ero terrorizzata, cercai di svegliarlo, ma inutilmente. Accesi la luce e, come la volta precedente, tutto improvvisamente terminò come se nulla fosse successo. Carlo ricordava solo di aver sognato e la stessa sensazione di un peso che gli gravava addosso, come la volta prima. Sembrava più preoccupato per me e per la mia agitazione che per se stesso. Comunque quello che attirò la mia attenzione in quel momento fu l’armadio. Questa volta l’anta era semiaperta. Mi avvicinai e notai che lo sbrego si era allargato e ora tagliava lo specchio in due da un’estremità all’altra. Mi è capitata la stessa cosa l’anno scorso al parabrezza dell’auto: un piccolo graffio nel tempo si è allargato a dismisura fino a costringermi a far sostituire il vetro. Solo che all’interno dell’armadio non c’è la pressione dell’aria e quindi non mi spiegavo come potesse essere successa la stessa cosa allo specchio. Comunque in quel momento ero troppo stanca per pensarci e mi rimisi a letto. Spegnemmo la luce e cercammo, per il momento, di non pensare a quanto era appena successo: il giorno successivo forse sarebbe stato il caso di andare a richiedere una TAC, poteva essere qualcosa di serio ed era meglio non sottovalutare i sintomi, per quanto singolari… Ma quello che mi fece gelare il sangue nelle vene accadde da lì a poco: spegnemmo la luce, dicevo, ma non riuscii ad addormentarmi subito. Immersa nei miei pensieri improvvisamente sentii qualcosa che, ti giuro, non posso essermi inventata. Erano passi, erano chiaramente dei passi, qui nella mia stessa camera da letto, e si avvicinavano a me. Sentivo distintamente il tac-tac dei tacchi sul parquet. Erano decisamente scarpe femminili quelle che si avvicinavano. Le sentii arrivare proprio accanto a me, poi non le sentii più. Ero terrorizzata. Non riuscivo ad aprire gli occhi, non riuscivo a muovermi, non riuscivo a richiamare l’attenzione di mio marito che, evidentemente, non si era accorto di nulla. Sentivo una specie di respiro, come se qualcuno stesse avvicinando il suo viso al mio, percepivo la sua presenza. Poi, improvvisamente, sentii la sua voce: una sola parola, urlata all’improvviso nel mio orecchio: “Puttana!”.
Urlai. Carlo accese la luce e solo allora io aprii gli occhi. Accanto al letto non c’era nessun altro, solo Carlo che mi chiamava: Giulia! Giulia! Che cavolo succede?!? Gli ho raccontato tutto. Dovevo sembrargli mezza matta in quel momento, e lui aveva la faccia perplessa, all’inizio, eppure… eppure anche lui in qualche modo sembrava scosso, e pensieroso. Mi disse solo che lui non aveva sentito i passi né la voce, e mi chiese se fossi proprio sicura che quei rumori non venissero dall’appartamento di sopra. Ca..o, sì che ero sicura!!! Naturalmente nessuno dei due quella notte riuscì più a dormire. Alla fine ci alzammo prestissimo e prima dell’alba eravamo già fuori casa. Trovammo un bar aperto e facemmo colazione in silenzio, ognuno perso nei suoi pensieri. Poi lui dovette andare in ufficio e io pure. La sera lo attesi davanti alla porta di casa. Non volevo entrare da sola, così preferii attendere il suo rientro.
Il terzo episodio è stato giusto ieri. Ora sono davvero terrorizzata, non so più cosa fare... Ho paura anche della mia ombra. Perché ho capito che là fuori c’è qualcuno che mi odia, che vuole farmi del male, lo so… e forse mi sta osservando anche in questo momento...
Ieri sera, ti dicevo, ero a casa da sola ad attendere il ritorno di mio marito. Avevo fatto scongelare due bistecche e stavo per preparare la tavola. Erano già le sette e mezza quando suonò il telefono, era Carlo, c’erano stati non so quali problemi con non so quale cliente e mi diceva che sarebbe rientrato tardi. Non era la prima volta che accadeva, specialmente negli ultimi tempi rientrava spesso più tardi del solito, ma non me ne ero mai preoccupata. Una volta non era così. Nonostante Carlo occupi un posto di responsabilità nella sua azienda mi sono sempre stupita del fatto che, non so come, non abbia mai avuto bisogno di fermarsi nemmeno un’ora per un po’ di straordinari. Ogni sera era sempre puntuale a casa. Ogni sera fino a qualche mese fa, perlomeno. Cose che capitano, mi dissi. Buttai una delle due bistecche nella padella, mangiai rapidamente, poi feci sparire piatto e pentola in lavastoviglie e mi misi sul divano a leggere mentre attendevo il suo ritorno. Verso le undici ancora non era rientrato. Si sarà fermato in giro a mangiare qualcosa o a bere una birra con qualche collega, pensai. Ero leggermente irritata, perché non mi aveva detto che avrebbe cenato fuori casa, ma non ci pensai più di tanto. Ho sparecchiato la tavola, fatto una doccia veloce e, raccogliendo tutto il mio coraggio, sono andata a letto. Non so che ora fosse quando l’ho sentito entrare in camera a passo felpato. Ero talmente stanca che l’ho sentito appena infilarsi sotto le lenzuola e girarsi dall’altra parte.
Poi è successo di nuovo. Un rumore. Dapprima indistinto, poi ancora quel rumore di tacchi, tac-tac, sempre più vicini, e un tonfo. Ho acceso immediatamente l’abatjour. Ho visto Carlo in piedi oltre la porta della camera da letto, probabilmente stava andando in bagno. Non appena accesi la luce lui si voltò e guardò verso di me. Ma non guardava me, no. Guardava qualcosa alle mie spalle. Feci per voltarmi, ma una forza sovrumana mi spinse di lato. Caddi giù dal letto, per terra. Un dolore improvviso. Come se due mani mi avessero afferrato per i capelli. Li sentivo tirare verso l’alto. “Puttana!” La voce che pronunciò quella parola era la stessa di una settimana fa, ma questa volta era ancora più nitida. Ma non c’era nessun altro nella stanza oltre a me!! Improvvisamente l’anta dell’armadio si aprì. Si aprì di colpo e fu in quel preciso istante che la vidi. Fu solo una frazione di secondo, nell’attimo preciso in cui lo specchio all’interno dell’anta si trovò nell’angolazione corretta per permettermi di vedermi riflessa. Alle mie spalle c’era una figura femminile. Indossava una vestaglia bianca, e lunghi capelli neri le coprivano solo parzialmente il viso. Mi teneva per i capelli. Vidi i suoi occhi… Non li dimenticherò mai. Erano grandi e neri, come quelli di un demone, e cattivi, pieni di rabbia, anzi odio. Fu solo un istante. L’anta dell’armadio completò la sua corsa, andò a sbattere contro la sedia accanto all’armadio e in quel preciso momento lo specchio andò in mille pezzi. Carlo sobbalzò violentemente e io invece urlai come non avevo mai urlato prima. Urlai a squarciagola, come in un film dell’orrore. Non so per quanto tempo urlai.
Devo essere svenuta, visto che quando riaprii gli occhi ero in soggiorno, sdraiata sul divano. Carlo accanto a me mi accarezzava la fronte. Lo guardai, ma non dissi nulla. Soprattutto non gli dissi che credevo di aver riconosciuto quella figura femminile nello specchio. Sembrava proprio Monica, la nuova segretaria di Carlo, una giovane che mio marito aveva assunto in prova un paio di mesi prima. Era la sua prima segretaria in assoluto da quando lavorava lì e Carlo me l’aveva presentata il mese prima, una volta che ero passata da lui in ufficio a portargli il portafoglio (con annessa patente) che aveva sbadatamente lasciato a casa... Una ragazza molto giovane e attraente, non c’è che dire, ma che a me istintivamente non è piaciuta fin dal primo momento. So cosa starai pensando adesso, ma ti assicuro che il suo aspetto non c’entra. Non l’ho presa in antipatia perché è molto carina (e obiettivamente lo è), anche se la trovo troppo vistosa (quando l’ho vista io aveva una scollatura abissale, secondo me anche fuori luogo nell’ambiente un po’ “ingessato” dove lavora Carlo), ma perché è scostante e insolente. Quando mi ha vista mi ha squadrata da capo a piedi, e quando ci siamo presentate mi ha guardata appena e mi ha stretto la mano con la punta delle dita, come se le desse fastidio afferrarmi la mano. La cosa mi ha imbarazzata parecchio e una volta a casa l’avevo anche detto a Carlo: Ma quanto se la tira la tua nuova segretaria!! Già, Monica non è un mostro di simpatia, ma comunque cosa ci faceva nel mio incubo?? Per un attimo ho pensato di aver avuto un’allucinazione, che forse il mio subconscio avesse lavorato troppo, ma ho abbandonato immediatamente quest’idea. Perché vedi, come tu sai io sono sempre stata una persona razionale, ma ti posso assicurare che quello che ho avuto non era affatto un incubo. Ma quale incubo!!! Lo specchio è ancora là in mille pezzi. Mille frantumi sparpagliati per tutta la camera. E a me faceva male la cute. No, non è stato un incubo, questo è certo. Ma perché ho visto LEI?
Sfinita, mi riaddormentai per breve tempo. All’alba, stamattina, mi sono alzata e ho buttato due fette di pane nel fornetto. Ho preparato il caffè. Con la luce del sole tutto mi sembrava diverso, mi sentivo anche un po’ stupida. Ero contenta che i nostri vicini non si fossero accorti di nulla e non fossero venuti a bussare alla porta di casa per insultarmi – forse avranno pensato che fosse la tv.
Io e Carlo abbiamo cominciato a parlare del più e del meno, evitando accuratamente ogni riferimento a quanto successo. Le notizie del TG. Due commenti sulla tizia del piano di sopra. Poi gli ho chiesto a che ora fosse tornato la sera prima. Come risposta ha farfugliato qualcosa, ma era evidente che non aveva voglia di parlarne e difatti ha cambiato rapidamente discorso. “Hai visto le previsioni? Dicono che nel week-end pioverà…”. Io odio questi discorsi da ascensore, e soprattutto odio che me li faccia mio marito, ma non ho voluto insistere. Dal canto mio, mi sono ben guardata dall’accennargli quello che mi sembra di aver visto (che ho visto) ieri notte nello specchio. Gli ho chiesto invece, più per rompere il silenzio che per vero interesse: “Ehi, a proposito, come va la tua nuova segretaria?”. Dopo qualche interminabile secondo di silenzio, senza guardami, lui ha risposto: “L’ho licenziata proprio ieri. Non andava bene”.
L’ha detto con tono che voleva essere neutro, ma involontariamente si è lasciato sfuggire una smorfia. Non saprei dire bene cosa fosse, se tristezza, preoccupazione o sollievo, o magari tutti e tre. Il fatto è che conosco troppo bene Carlo e ho intuito subito il suo disagio.
Allora sono rimasta in silenzio, mentre un terribile dubbio si faceva strada dentro di me e si sedimentava. È solo una coincidenza? Quella tizia viene licenziata e la stessa notte... Poi finalmente ho capito. Era chiaro. Tutto filava. Tutti i tasselli andavano al loro posto, e il comportamento di mio marito in queste ultime settimane trovava finalmente una spiegazione. Ho buttato un po’ di vestiti in valigia e me ne sono andata in fretta e furia. Carlo ha cercato di trattenermi, ma si è beccato due schiaffi. Il bastardo!! Adesso sono provvisoriamente da una mia amica, mi ha detto che posso fermarmi da lei quanto mi pare, ma ho paura, anzi so, che non è finita qui e che non dormirò più sonni sereni.
Alla mia amica per ora non ho raccontato nulla… le ho solo detto che ho bisogno di “staccare” da mio marito per un poco… non so come potrebbe reagire se le dicessi la verità, e adesso non potrei sopportare se non mi credesse, o peggio se ridesse di me.
Capisci ora perché mi sono rivolta a te? Non so davvero che cosa fare. Secondo te sono pazza? Sto sbagliando tutto? Ho forse frainteso? Non credo proprio. Se non fosse stato per quella parola, puttana, forse avrei continuato a non capire, a tenermi su il mio bel paraocchi… Non posso più contare su Carlo. Dovrei essere preoccupata anche per lui, ma sono troppo furiosa per questo adesso. Sono furiosa e spaventata a morte.
Qui (dopo alcune frasi di commiato che vi risparmio) termina il lungo sfogo di Giulia. Sinceramente non so cosa dire. A volte la mente delle donne è davvero insondabile. Giulia ha aggiunto ancora, in un Post Scriptum, di pubblicare tutto questo sul mio blog. Lo faccio nella speranza che qualcuno possa aiutarmi a capire, perché se io stesso non sono in grado di comprendere non posso certo aiutare la mia amica. Cosa è successo realmente in quella stanza? Quali sono le conclusioni a cui è giunta Giulia? Perché dice di non potersi confidare con suo marito? Se qualcuno ha qualche ipotesi da fare, per favore la faccia... Io mi sono fatto un’idea di quello che può esserle passato per la mente, ma non oso metterla nero su bianco.
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