dal blog "
Fotocrazia" di Michele Smargiassi Leggi il post completo.Narciso è sull’orlo di una crisi di nervi. Nulla va come dovrebbe andare. Il mito s’è imbizzarrito. Guarda la superficie limpida dello stagno, ma quel che ci vede non gli piace. Non s’innamora più della propria immagine. La trova insopportabile. Brutta. No, peggio: insignificante. “Sono venuto male”, dice. Prova a cambiare stagno. Poi ne cambia un altro, poi un altro. Terrorizzato dalla possibilità che nessuno stagno gli restituisca più l’immagine bellissima di sé, comincia a barare. Fa smorfiette, tira fuori la lingua. Macchia l’acqua del laghetto con colorini e inchiostrini. Le prova tutte, ma non c’è nulla da fare. Il copione del suo mito lo costringe ancora a specchiarsi, compulsivamente, nell’immagine di se stesso, ma quell’immagine non lo attira, non lo soddisfa, non lo seduce più. Narciso non si butta più nell’acqua per raggiungere l’Io adorato. Continua invece a cercarlo, all’infinito, ripetendo compulsivamente l’atto di specchiarsi. Chiama tutto il mondo a raccolta, tutti gli amici, anche quelli che non conosce, mostra loro tutti i suoi ritratti insufficienti, e chiede conforto, tremebondo: be’, almeno questo a voi piace? E questo? E quest’altro? Sono davvero io? Sono davvero così? In quale sono davvero così? In nessuno. La sindrome dello specchio vuoto: così la chiama Ferdinando Scianna, in un piccolo saggio molto saggio che esce da Laterza. (...)
E mi fa anche un po’ rabbia, Scianna, perché scrive benissimo, apparentemente senza sforzo, come fotografa. Certe sue intuizioni trovano posto dentro tre righe ben equilibrate e chiare come dentro il mirino della sua Leica. Per esempio:
“Tutti hanno diritto al loro quarto d’ora di celebrità, profetizzò Andy Warhol. Il guaio è che non ci sono abbastanza quarti d’ora per tutti”.Fine parentesi. Sì, non c’è abbastanza celebrità per tutti, sui media, la promessa di Warhol era stata troppo generosa. Ma un dio vendicatore è arrivato a fornire un buon surrogato dell’illusione di notorietà. E dunque pubblichiamo la nostra faccia sul Web, e la disseminiamo potenzialmente a qualche miliardo di nostri spettatori. Pochissmi dei quali la vedranno, e quei pochi per pochi secondi, ma facciamo finta di non saperlo e aspettiamo il conforto dei like, spiccioli di popolarità, lenitivi dell’insicurezza.Al Narciso di massa basterebbe comunque questa fallace sensazione. Ma anche lui comincia a capire che non c’è bisogno di essere su Snapchat per vedere i nostri speranzosi avatar dissolversi subito, perdersi nel flusso gigantesco delle immagini e quindi dimenticati dopo pochi istanti perfino dai nostri amici. “Come un certificato di esistenza in vita che duri solo qualche secondo, il tempo minimo per ricominciare a fuggire”, dice Scianna. Senza essere apocalittico - non è nella sua natura di intellettuale della Magna Grecia – questa volta Scianna apre, mi pare, uno spiraglio sul lato oscuro della condivisione di massa, ubiqua e omnidirezionale, della fotografia privata nell’era del Web.L’immagine di un’umanità di Narcisi in posa angosciata davanti allo specchio che non rimanda più nessuna immagine soddisfacente ha qualcosa di angoscioso: l’ombra della solitudine che si allunga proprio sul massimo dell’esposizione sociale.È l’effetto perverso della sovrapproduzione di immagini del sé: “Nessuno può guardare con interesse qualcuno che sta perennemente in posa, soprattutto se è a sua volta occupato a stare in posa pure lui” (ecco, accidenti, questa è un’altra delle sintesi che ti invidio, Ferdinando…).Non sappiamo bene dove ci porterà la deriva della condivisione compulsiva dell’Io. Ma Scianna ha intravisto qualcosa. Non si tratta solo di farsi un bel ritratto per piacere agli amici e avere tanti like.C’è qualcosa che queste immagini stanno cambiando nel nostro approccio con la realtà, soprattutto con quello che della realtà non ci piace (compresi, a volte, noi stessi).NOTE1) Sul narcisismo leggi pure: "Vogliamo piacere a tutti ma dentro di noi c'è il nulla. Il narcisismo ai tempi di Fb".2) Da segnalare "L'Anima errante. Variazioni su Narciso" (Flower-Ed), una raccolta di saggi - a cura di Luigi Turinese - sul tema del narcisismo. In particolare il saggio dal titolo "Patologie politiche del Novecento: dall'Isteria alla Depressione al Narcisismo" di Federico Gizzi. Un giorno ci scriverò qualcosa, perchè è un libro pieno zeppo di spunti. Puoi trovarlo qui. 3) Questo post va letto insieme ad altri di StupeFatti Blog, tipo: "Perchè vogliamo tutti sputtanarci e perchè vogliamo essere tutti oggetti e merci", e "Il primo bacio di Dawson's Creek, le ansie, le paure e le crisi di panico" e poi "AfterSex Selfie e Orgasmo femminile", e "Dipendiamo dagli altri e ci sentiamo in dovere di avere opinioni su tutto. Perchè la nostra identità è finita in questa mischia?".
4) Alcuni spunti. Uno che si specchia di continuo ma che non vede più nessuna immagine riflessa allo specchio, come i vampiri. Si diventa dei vampiri, dunque? E cosa si vampirizza? A cosa si è succhiato il sangue fino a prosciugarlo del tutto di ogni linfa vitale? Tutto gira attorno a qualcosa che manca. Il grande orrore di tutta questa faccenda è proprio l'assenza di qualcosa. Qualcosa Che Manca. Narciso e Dracula, la strega di Biancaneve. Specchio Specchio Delle Mie Brame. Mmm.