Lo spirito del ‘94

Voglio spiegarla facile e perciò, per capirci, non ho alcuna intenzione di entrare nel merito del dibattito sul post berlusconismo che sta coinvolgendo alcune illustri penne del giornalismo nostrano (il triangolo Ferrara-Sofri-Rocca, per capirci al quadrato). Arrivo dritto al punto: da settimane, anzi da mesi, nel centrodestra si invoca un ritorno allo spirito del ‘94. O, al limite, si auspica che Berlusconi torni ad essere quello di una volta. Non solo un tale desiderio è anacronistico, è persino dannoso. Nel 1994 Berlusconi fece delle promesse ed oggi siamo ancora in attesa di quella rivoluzione liberale che avrebbe dovuto riformare tanto l’economia quanto la giustizia. Il premier, al quale non possono essere certo addossati tutti i mali del Paese, ha fallito miseramente nel suo intento. Tornare allo spirito del ‘94 significa ricominciare daccapo, dalle promesse, poiché non c’è nulla o quasi di già intrapreso (a parte qualche legge ad personam). Diremmo che l’Italia necessita di ben altro, se non fosse un inutile esercizio retorico.