di Tommaso Manzillo
Luigia Sanfelice trasportata da Palermo a Napoli il 2 settembre per essere decapitata, 1884. Olio su tela, cm 114 x 177. Napoli, Museo Pignatelli
Il 17 marzo di quest’anno si è celebrato il 150mo dalla nascita del Regno d’Italia, proclamato dal re Vittorio Emanuele II di Savoia, grazie all’intesa opera diplomatica svolta da Camillo Benso conte di Cavour e alla impresa dei Mille guidata da Giuseppe Garibaldi.
Anche Galatina ha ricordato l’evento con la presentazione e distribuzione gratuita del libro di Tommaso Manzillo e Donato Lattarulo, “Il protagonismo di Galatina dal Risorgimento alla Costituente”, con prefazione del prof. Giancarlo Vallone, presente alla serata, insieme al sindaco, dott. Giancarlo Coluccia, al senatore Giorgio De Giuseppe, all’onorevole Ugo Lisi e alle altre personalità istituzionali locali, tutti coinvolti in un appassionante dibattito, moderato dal dott. Rossano Marra, ricordato da quel pugno duro battuto sul tavolo dallo stesso senatore De Giuseppe, segno evidente della carica ideale del suo pensiero.
Il processo di unificazione italiana ebbe un forte impulso con la nascita della Repubblica Partenopea del 1799 (22 gennaio – 13 giugno), figlia, a sua volta, della grandi rivoluzioni europee, prima fra tutte quella francese con la diffusione degli ideali della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità e la decapitazione della sorella della regina di Napoli Maria Carolina d’Asburgo-Lorena, ossia Maria Antonietta.
Di questa prima esperienza rivoluzionaria e libertaria, che fu rappresentata dalla Repubblica Partenopea, il nostro Gioacchino Toma ci ha lasciato due stupende raffigurazioni di Luisa Sanfelice, figlia di un generale borbonico di origine spagnolo, decapitata nel settembre del 1800 per aver smascherato la congiura dei Baccher, dopo aver diverse volte rimandato la sua esecuzione perché ella riteneva di essere incinta. Per questo il nostro Toma la raffigura nella sua cella intenta a preparare il corredino per un bimbo che non nascerà mai. Una di queste tele trovasi presso il museo Capodimonte a Napoli, mentre la seconda presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma.
Come alcuni studiosi hanno sottolineato, la grandezza del Toma si esprime proprio attraverso la sua straordinaria capacità di ridurre all’essenziale un episodio ricco di profondi sentimenti e di tragiche situazioni. Gioacchino Toma è ancora ricordato a Napoli come il “Grande Toma”, come ho piacevolmente notato la scorsa estate, e fu coinvolto anch’egli nelle lotte rivoluzionarie del 1860, quando si aggregò alla Legione del Matese con il grado di sottotenente, partecipando all’assalto di Benevento “che prendemmo piegando poi su Padula”. Da questa esperienza trasse l’ispirazione per alcuni dipinti patriottici quali O Roma o morte del 1863.
Gli effetti della Rivoluzione napoletana si ebbero anche a Galatina quando il sindaco, Donato Vernaleone, fece issare nel febbraio del 1799 l’albero della Libertà in piazza San Pietro, segno dei tempi che stavano mutando. Difatti, l’arrivo dei napoleonidi e la legge di eversione della feudalità, determinò a Galatina, tra l’altro, anche la soppressione del microcosmo feudale cateriniano, risalente al 1384 e arricchito dalle successive donazioni ricevute.
Gioacchino Toma: Luigi Sanfelice
L’abate Antonio Tanza (Galatina, 1740 – Galatina, 1811) fu tra coloro che accolsero con favore la riforma del 1806, divenendo una delle voci salentine più autorevoli del momento. È in questo periodo che prendono forma le società segrete, che nascono per il desiderio di indipendenza e di una modesta forma di liberalismo, che si esprimeva nell’esigenza di un costituzione come strumento di difesa contro gli arbitrii del dispotismo e la tirannide.
Queste associazioni si svilupparono anche nella nostra città, dove si riunivano periodicamente presso la masseria della Torre, in agro di Soleto, sulla via che porta verso Corigliano d’Otranto, soprattutto durante le giornate delle fiere o dei mercati, quando a Galatina vi giungevano in tanti, provenienti dai paesi vicini, ed era più facile nascondersi tra la folla. Le loro riunioni si svolgevano persino nelle chiese, come il 13 giugno 1816, giorno del Corpus Domini, nei locali della sagrestia della chiesa della Grazia (o del Collegio), in cui i Domenicani furono cacciati anni prima a causa della soppressione degli ordini religiosi, e con la connivenza di un certo clero, vicino alle posizioni liberali. Di questi moti carbonari è ricordata dalla storia la vendita dei “Novelli Bruti”, cui era affiliato persino il nostro Orazio Congedo, uno dei primi liberali che emergono nel nostro risorgimento cittadino.
Congedo studiò presso le Scuole Pie di Campi Salentina, e conseguì la laurea in giurisprudenza presso l’Università di Napoli, mentre esercitò a Galatina la sua professione, proprio nel periodo dell’affrancamento della feudalità con l’applicazione delle nuove leggi sulla proprietà terriera, dedicandosi gratuitamente alla difesa dei suoi concittadini che trovarono difficoltà nell’affrancare le loro terre dai vincoli feudali. Insieme ad Orazio Congedo occorre ricordare la figura di Innocenzo Calofilippi, laureato in lettere e filosofia, e poi anche in giurisprudenza, fervente mazziniano, fondò a Galatina una “curia” della “Giovane Italia”, le cui riunioni si svolgevano nella sua abitazione, in piazza San Pietro, per la lettura e il commento dei testi classici del Settembrini, del Manzoni e tutti quegli scritti che esaltavano gli ideali di Mazzini della libertà e della patria.
La dominazione francese e i suoi proclami avevano provocato nel tessuto sociale del meridione profondi cambiamenti, i cui effetti si sono esplicati soprattutto nel Quarantotto, l’anno del grande entusiasmo con i suoi protagonisti più attivi, tra i quali va ricordato Pietro Cavoti. Dopo aver frequentato le scuole dei Gesuiti di Lecce, curò le illustrazioni della “Storia dell’Italia antica” per il suo amico Atto Vannucci, ricoprendo anche l’incarico di Presidente della Commissione Conservativa dei Beni di Terra d’Otranto e di Ispettore dei monumenti, affidatigli da Sigismondo Castromediano. Al Cavoti si deve, inoltre, l’elevazione della basilica minore di Santa Caterina d’Alessandria al titolo di monumento nazionale dal 1886. Di animo più romantico e passionale, con una fantasia accesa e dalle tendenze contraddittorie, divenne segretario del Circolo patriottico provinciale di Lecce, e svolse un lavoro penetrante, silenzioso, in tutti gli strati della popolazione galatinese.
Lo stesso amico Cosimo De Giorgi, nei suoi “Bozzetti di viaggio”, ebbe a sottolineare il carattere nervoso e a volte scorbutico del nostro artista, definito dallo stesso De Giorgi una “torpedine elettrica”. La notizia della Costituzione del 1848, concessa dal re di Napoli al popolo, giunse in città grazie al cocchiere delle poste, Domenico Trani, uomo cui si affidava il Cavoti per mandare le notizie da Lecce a Galatina. Entrò trionfalmente dalla porta delle beccherie, la porta principale sita in piazza San Pietro, dove nelle vicinanze vi era il venditore delle vuccerie, con la coccarda tricolore impettita e gesticolando portava la lieta notizia della Costituzione.
L’entusiasmo si esaurì nei giorni seguenti, quando il re sciolse il Parlamento, provocando violente reazioni nella capitale del Regno, coinvolgendo un altro nostro concittadino, un tal Giovanni Sambati, studente di Veterinaria, rinchiuso in carcere a Castelnuovo, insieme al Settembrini. Il ’48 non finì invano perché gettò nel tessuto sociale, tra la popolazione agricola e analfabeta del Mezzogiorno e di Galatina, il seme della lotta per la scalata alla libertà costituzionale e la formazione dello stato unitario.