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Lo spontaneismo è sempre controproducente

Creato il 16 ottobre 2011 da Malvino

A vederlo assaltare un autoblindo, ti viene il sospetto che si tratti di un infiltrato. Solo quando è morto, e gli scopri il volto, t'accorgi che si trattava di un ragazzo. Anche un bravo ragazzo, a detta di sua madre e dei suoi amici. Dovresti sentirti un verme: come hai potuto sospettare che si trattasse di un agente mandato in piazza a creare disordini? Devi deciderti: o smetti di sospettare che una pacifica protesta possa degenerare in altro solo a causa di un piano ordito da chi vuole sabotarla, e allora con coerenza devi mandare a cagare la madre e gli amici del ragazzo morto, o con animo sereno e onesto accetti l'evidenza che nessuna protesta può essere tanto pacifica da dare piena assicurazione che resti tale. In altri termini: o metti in discussione le ragioni della protesta, quali che siano, o metti in discussione il dogma della nonviolenza.

Io ti consiglierei la seconda opzione, perché la protesta è sempre legittima, è sempre un diritto, talvolta è addirittura un dovere. Il fatto è che in sé ha sempre il germe della violenza, anche quando riesce a rimanere pacifica, che senza dubbio può essere preferibile, spesso conveniente, e tuttavia non sempre riesce ad essere possibile, anche quando la piazza non sia infiltrata da agenti provocatori. Negare il germe della violenza nella protesta è da ingenui e gli ingenui non hanno alcun diritto di lamentarsi.

Tutto sta - io credo - nel decidere la forma da dare alla violenza che è insita nella protesta (è per questo che chi professa il dogma della nonviolenza rigetta addirittura il termine "protesta"): quando è preferibile che non si traduca in atti violenti, ma dia segno di sé solo in potenza, c'è bisogno che la massa sappia darsi struttura organizzata, rinunciando al lirismo del momento spontaneo. Ogni protesta che assume forma spontanea dà luogo prima o poi ad atti violenti, perché l'istinto a tradurre in atto la potenza è proprio di ogni massa non organizzata. "Il principale avvenimento all'interno della massa è la scarica. Prima, non si può dire che la massa davvero esista: essa si costituisce mediante la scarica. All'istante della scarica i componenti della massa si liberano delle loro differenze e si sentono uguali. [...] Solo tutti insieme gli uomini possono liberarsi dalle loro distanze. È precisamente ciò che avviene nella massa. Nella scarica si gettano le divisioni e tutti si sentono uguali. [...] Ma l'istante della scarica, tanto agognato e tanto felice, porta in sé un particolare pericolo. È viziato da un'illusione di fondo: gli uomini che d'improvviso si sentono uguali, non sono divenuti veramente e per sempre uguali" (Elias Canetti, Massa e potere, Adelphi 1981).

Io ti consiglierei di unirti alla protesta di una massa non organizzata solo se sei disposto a fare i conti con quella perdita più o meno grande della responsabilità personale che è inevitabile quando vuoi illuderti. Per meglio dire: nel farti parte di una massa non organizzata, ti assumi una quota di responsabilità che è sempre superiore a quella tua, e non parlo di responsabilità giuridica, ovviamente, ma di quel genere di obbligazione che è ineludibile nel mettere le proprie ragioni insieme a quelle altrui, nello stesso istante, nello stesso luogo, in nome di una comune protesta. Devi mettere in conto come minimo la delusione di veder fallire la protesta negli obiettivi che le avevi personalmente assegnato, fino ad essere costretto a constatare che tra un bravo ragazzo morto e uno schifoso agente provocatore passa la stessa differenza che c'è tra un Francesco Caruso e un Francesco Cossiga, che in pratica, per gli obiettivi che ti eri posto nel partecipare alla protesta, è nulla. Lo spontaneismo è sempre controproducente.


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