Lo Sputtanapoli comincia già sui banchi di scuola

Creato il 11 novembre 2014 da Vesuviolive

Lo Sputtanapoli, come abbiamo avuto già occasione di vedere, è cominciato ben prima del biennio 1860-61, quello dell’invasione piemontese appoggiata dagli inglesi ai danni del Mezzogiorno e mascherata da nobiltà di intenti puntualmente disattesi. Dopo l’Unità, pure questo è un fatto noto, si decretò la chiusura delle scuole del Sud per ben 15 anni, per cancellarne la memoria storica e plasmarla in maniera utile al progetto di cui sopra, e per l’occasione i libri di scuola sono stati resi estremamente lacunosi circa le vicende che hanno riguardato il Mezzogiorno per secoli, pur essendo stato questo territorio florido e importante, esaltando invece gli eventi occorsi altrove ed edulcorando la spedizione dei Mille, che pure dal punto stilistico è raccontata come una favoletta.

A oltre 150 anni di distanza, con un’Unità non ancora compiuta sul piano della realtà e che tuttavia non si trova nei piani dello Stato, che continua a investire e sviluppare solo una parte del Paese, la scuola è ancora il luogo della memoria storica perduta, il quale lascia ai singoli il compito di scoprire chi è e da dove si viene, e, peggio, è spesso il luogo dove si rafforzano dei pregiudizi, colmate a volte soltanto dall’onestà degli insegnanti. L’immagine che vedete sopra è stata scannerizzata dal testo “In prima pagina”, stampato da Medusa Editrice, con sede in San Giorgio a Cremano: si tratta di un articolo di giornale focalizzato sul problema dell’alcol e i giovani, ma che scade in una considerazione perfettamente inutile oltre che dannosa:

Anche perché, dopo una certa ora, molti sono fuori di testa e basta uno sguardo, una battuta, una frase di troppo per arrivare alle mani o anche ai coltelli, come succede in alcune grandi metropoli, a Napoli in particolare.

A Napoli, non si deve negare, capita a tutti prima poi assistere a litigi nelle prossimità di locali dove si consuma alcol, però quello che non si comprende è a cosa sia servito affermare che “a Napoli in particolare” si viene alle mani ed ai coltelli, e sulla base di quali elementi oggettivi. Se non ci fosse stato il riferimento alla città partenopea l’articolo sarebbe stato meno convincente o qualitativamente più scadente? Bisogna per forza citare Napoli per la sua buona riuscita? Secondo i più recenti dati, inoltre, Napoli è più sicura di Milano e Roma, così come di Torino, Bologna, Firenze e addirittura Rimini, tutti centri ai primi posti di questa classifica che vede Napoli alla posizione numero 36.

Siamo di fronte all’ennesimo caso di cattiva informazione, reso più grave dalla circostanza che l’articolo è contenuto in un testo per la scuola media, i cui studenti saranno perciò destinatari di un pregiudizio abituandoli a ad avere in scarsa considerazione la propria città, immettendo in questi cervelli senso di inferiorità. Lo scopo originario di quel redattore è tutt’altro che malvagio, perché è sua intenzione mettere in guarda i nostri giovani su determinati pericoli, ma evidentemente alcune menti sono state così ben colonizzate e plasmate da non poter fare a meno di esporre i propri difetti per contagiare quelle degli altri.


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