Standard&Poor’s declassa gli Stati Uniti. Qualcuno dirà: “Che cazzo c’entra un’agenzia di rating con Umberto Bossi che di economia non capisce una mazza?” Eppure, purtroppo, c’entra. Il declassamento degli USA ha fatto scattare un segnale d’allarme planetario (e, ci dice Il Giornale, anche su Marte non è che abbiano accolto la notizia a tarallucci e vino delle Terre Rosse). Sono tutti seriamente preoccupati, il mondo intero è preoccupato, a iniziare dalla Cina che dell’America possiede il 25 per cento del debito pubblico. L’unico essere umano (si fa presto a dire umano), nell’universo, a esserne felice è stato lui, il più grande leader padano degli ultimi 150 anni, secondo solo a Alberto da Giussano vissuto però nei 150 precedenti. Dalla sua sjøhus vichinga sul lago di Varese, Umberto, a proposito della contestatissima (dal Tesoro di Washington) valutazione di S&P ha dichiarato: “La cambiale di Faust è arrivata all’incasso anche in USA. L’America ha pagato la globalizzazione, è saltata per aria”. Ora, a parte che per Bossi Senior “S&P” ha sempre significato “Salumi e Porchetta”, ci siamo immediatamente chiesti dove diavolo vive il ministro del Federalismo e se il “cerchio magico” che lo circonda ha provveduto nel frattempo a fracassargli il ciriveddro più di quanto già non lo fosse. Quando Umberto Bossi vaneggia a ruota libera, di solito combina sconquassi. È sufficiente mettergli davanti un microfono o una telecamera, e lui si trasforma all’improvviso, come se la sindrome di Mr.Hide lo avesse colpito ancora una volta irreparabilmente, tanto che prima di tornare ad essere Jekyll occorre attendere che l’effetto del “filtro del male” cessi. Accadeva quando, in canottiera da allevatore di bestiame della Bassa, dichiarava ai giornali che Berlusconi era un mafioso e doveva rispondere agli italiani di dove cazzo avesse preso i soldi con i quali aveva costruito il suo impero. E accadeva quando, sigaro toscano in bocca, mandava rutti e scoregge a Roberto Formigoni e dava dello stronzo a Gianfranco Fini. Nell’estate calda del 2011, i suoi bersagli preferiti sono diventati gli Stati Uniti: “La globalizzazione voluta dagli USA – ha infatti detto Bossi tradotto da Rosy Mauro – ha portato la finanza al potere e non la politica mentre la crisi finanziaria ha chiesto alla politica di salvare le banche, come è accaduto con la Lahman...Lahmen...Lehmen...Lehman proters”. E con l’Euro: “Forse noi al Nord, in Padania, potremmo farcela con una moneta forte, ma il Sud rischia di fallire. Quando l'Italia è entrata nell'euro, lo ha fatto con paesi come l'Irlanda che faceva le padelle, la Grecia che non faceva un cazzo, e il nostro Sud che faceva, come la Grecia, un cazzo”. Per terminare con un giudizio lapidario sulla storia d’Italia recente affermando: “L’ingresso nell’euro è stato un errore storico, infatti noi padani rintrodurremo a breve i Denari”. Che Bossi sia uno statista tale e quale a Silvio lo sapevamo da un pezzo ma non avremmo mai immaginato che avesse le idee tanto chiare su quello che è accaduto in Europa e nel mondo negli ultimi 20 anni. Umberto è un politico sopraffino, un novello Klemens von Metternich, un redivivo Charles-Maurice deTalleyrand-Périgord, la reincarnazione di Winston Churchill, l’erede spirituale di Henry Kissinger, ed è per questo che domani, quando Giulio Tremonti andrà a trovarlo nella sjøhus sul lago di Varese, Umberto gli offrirà su un piatto d’argento la soluzione ai problemi delle imprese italiane: “Niente tasse per i prossimi 150 anni. Nessun limite di produzione stabilito dalla UE. Multe pagate dallo Stato (Sud compreso). Niente contributi previdenziali. Nessuna sicurezza sul lavoro ché gli extracomunitari se muoiono non ce ne frega un cazzo. Prestiti dalle banche figlie di puttana a un tasso di interesse pari allo 0,000001 per cento e, soprattutto, niente licenze, niente pratiche burocratiche per aprirle, niente visite veterinarie alle vacche padane che stanno benissimo. E poi – ha detto Bossi – basta dare ai negher e ai baluba mussullmmanni il permesso di pregare in fabbrica. Lo andassero a fare a casa loro recuperando il tempo perso il giorno dopo”. Se non fosse che l’80 per cento dei rimedi proposti da Bossi sono già in essere, quasi quasi lo scambieremmo sul serio per un fine economista. Ma è il 7 agosto. È domenica. Fa caldo. E ci girano le palle come non mai.
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Lo statista Bossi (padre) e l’incoercibile forza dell’ignoranza simil-vichinga
Creato il 07 agosto 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Standard&Poor’s declassa gli Stati Uniti. Qualcuno dirà: “Che cazzo c’entra un’agenzia di rating con Umberto Bossi che di economia non capisce una mazza?” Eppure, purtroppo, c’entra. Il declassamento degli USA ha fatto scattare un segnale d’allarme planetario (e, ci dice Il Giornale, anche su Marte non è che abbiano accolto la notizia a tarallucci e vino delle Terre Rosse). Sono tutti seriamente preoccupati, il mondo intero è preoccupato, a iniziare dalla Cina che dell’America possiede il 25 per cento del debito pubblico. L’unico essere umano (si fa presto a dire umano), nell’universo, a esserne felice è stato lui, il più grande leader padano degli ultimi 150 anni, secondo solo a Alberto da Giussano vissuto però nei 150 precedenti. Dalla sua sjøhus vichinga sul lago di Varese, Umberto, a proposito della contestatissima (dal Tesoro di Washington) valutazione di S&P ha dichiarato: “La cambiale di Faust è arrivata all’incasso anche in USA. L’America ha pagato la globalizzazione, è saltata per aria”. Ora, a parte che per Bossi Senior “S&P” ha sempre significato “Salumi e Porchetta”, ci siamo immediatamente chiesti dove diavolo vive il ministro del Federalismo e se il “cerchio magico” che lo circonda ha provveduto nel frattempo a fracassargli il ciriveddro più di quanto già non lo fosse. Quando Umberto Bossi vaneggia a ruota libera, di solito combina sconquassi. È sufficiente mettergli davanti un microfono o una telecamera, e lui si trasforma all’improvviso, come se la sindrome di Mr.Hide lo avesse colpito ancora una volta irreparabilmente, tanto che prima di tornare ad essere Jekyll occorre attendere che l’effetto del “filtro del male” cessi. Accadeva quando, in canottiera da allevatore di bestiame della Bassa, dichiarava ai giornali che Berlusconi era un mafioso e doveva rispondere agli italiani di dove cazzo avesse preso i soldi con i quali aveva costruito il suo impero. E accadeva quando, sigaro toscano in bocca, mandava rutti e scoregge a Roberto Formigoni e dava dello stronzo a Gianfranco Fini. Nell’estate calda del 2011, i suoi bersagli preferiti sono diventati gli Stati Uniti: “La globalizzazione voluta dagli USA – ha infatti detto Bossi tradotto da Rosy Mauro – ha portato la finanza al potere e non la politica mentre la crisi finanziaria ha chiesto alla politica di salvare le banche, come è accaduto con la Lahman...Lahmen...Lehmen...Lehman proters”. E con l’Euro: “Forse noi al Nord, in Padania, potremmo farcela con una moneta forte, ma il Sud rischia di fallire. Quando l'Italia è entrata nell'euro, lo ha fatto con paesi come l'Irlanda che faceva le padelle, la Grecia che non faceva un cazzo, e il nostro Sud che faceva, come la Grecia, un cazzo”. Per terminare con un giudizio lapidario sulla storia d’Italia recente affermando: “L’ingresso nell’euro è stato un errore storico, infatti noi padani rintrodurremo a breve i Denari”. Che Bossi sia uno statista tale e quale a Silvio lo sapevamo da un pezzo ma non avremmo mai immaginato che avesse le idee tanto chiare su quello che è accaduto in Europa e nel mondo negli ultimi 20 anni. Umberto è un politico sopraffino, un novello Klemens von Metternich, un redivivo Charles-Maurice deTalleyrand-Périgord, la reincarnazione di Winston Churchill, l’erede spirituale di Henry Kissinger, ed è per questo che domani, quando Giulio Tremonti andrà a trovarlo nella sjøhus sul lago di Varese, Umberto gli offrirà su un piatto d’argento la soluzione ai problemi delle imprese italiane: “Niente tasse per i prossimi 150 anni. Nessun limite di produzione stabilito dalla UE. Multe pagate dallo Stato (Sud compreso). Niente contributi previdenziali. Nessuna sicurezza sul lavoro ché gli extracomunitari se muoiono non ce ne frega un cazzo. Prestiti dalle banche figlie di puttana a un tasso di interesse pari allo 0,000001 per cento e, soprattutto, niente licenze, niente pratiche burocratiche per aprirle, niente visite veterinarie alle vacche padane che stanno benissimo. E poi – ha detto Bossi – basta dare ai negher e ai baluba mussullmmanni il permesso di pregare in fabbrica. Lo andassero a fare a casa loro recuperando il tempo perso il giorno dopo”. Se non fosse che l’80 per cento dei rimedi proposti da Bossi sono già in essere, quasi quasi lo scambieremmo sul serio per un fine economista. Ma è il 7 agosto. È domenica. Fa caldo. E ci girano le palle come non mai.
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