Intervistato da Luca Andrea Palmieri, per europinione.it, Gramaglia dice la sua sulla professione giornalistica.
"Più l'informazione disponibile si dilata, sul web o altrove, più c'è la necessità che qualcuno ne verifichi l'attendibilità e ne selezioni la rilevanza: questo è il compito del giornalista oggi, compito che si somma e si integra a quello più tradizionale della ricerca della notizia. Se il singolo cittadino dovesse da solo acquisire l'informazione per lui rilevante, perderebbe molto più tempo e non sarebbe mai sufficientemente sicuro d'esserci riuscito. [...]
I social media stanno cambiando il modo di comunicare. Ma il social media che più influenza e trasforma il modo di fare informazione è certamente Twitter: la fonte fa la notizia, produce la sua dichiarazione, già sintetizzata, senza mediazioni giornalistiche. Le agenzie sono state, ovviamente, le prime a subirne l'impatto. Il tweet ha già la struttura e l'efficacia di un flash o di un bulletin: ma i tweet sono migliaia, milioni. E le vere notizie molte meno: scatta il meccanismo della selezione di ciò che è rilevante in una montagna di ciarpame. [...]
Il web facilita la circolazione dell'informazione, non della cattiva informazione. Di per sé, è un elemento potenzialmente (e pure di fatto) positivo: come, prima nel tempo, lo erano stati la tv, la radio, la stampa. L'informazione prolifica più facilmente e soprattutto più velocemente sul web, che sia cattiva o che sia buona.
produrre buona informazione costa, e pure molto, e se uno vuole buona informazione deve pagarla. Se no, non si lamenti se gli viene servita, gratis, informazione spazzatura".
Tratto da " Lo stato del giornalismo italiano: intervista a Giampiero Gramaglia", Luca Andrea Palmieri, europinione.it.
A cura di Ornella Rodi