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Lo stato della ricerca in Italia su CCSVI e sclerosi multipla

Creato il 02 febbraio 2014 da Yellowflate @yellowflate

ccsvidi Alessandro Rasman (Trieste)

Sono passati quattro anni e mezzo da quando la scoperta italiana sull’insufficienza venosa conica cerebro spinale (Ccsvi) e la sua possibile correlazione con la sclerosi multipla venne annunciata alla stampa durante un interessante convegno internazionale che si tenne a Bologna l’8 settembre 2009. (1)

La scoperta, frutto della collaborazione tra il Centro Malattie Vascolari dell’Università di Ferrara diretto dal Prof. Paolo Zamboni e il Centro per la diagnosi e cura delle malattie neurologiche rare e neuroimmuni (il BeNe) dell’Ospedale Bellaria di Bologna diretto dal Dr. Fabrizio Salvi, fece molto scalpore soprattutto tra i malati, per una teoria che, riprendendo diversi studi del passato, finalmente si focalizzava su una possibile causa della sclerosi multipla, malattia gravemente invalidante che colpisce 63.000 italiani e per la quale purtroppo non si conoscono ancora né le cause né una terapia definitiva e valida per tutti, nonostante le ingenti risorse investite nella ricerca soprattutto nel ricco settore farmaceutico.

In Italia la scoperta del team di Zamboni e Salvi venne accolta con molta freddezza dai neurologi dei centri sclerosi multipla, da anni fossilizzati sulla non ancora dimostrata teoria autoimmune della malattia sulla quale si basano gran parte delle attuali costose terapie farmacologiche, e dalla stessa Associazione Italiana Sclerosi Multipla (Aism), che riceve finanziamenti dalle case farmaceutiche che producono i farmaci per i malati.

La ricerca su scala più vasta, come auspicato dagli stessi scopritori della Ccsvi, si è poi concentrata su due linee principali: dimostrare la correlazione tra le due malattie e dimostrare l’efficacia dell’intervento di angioplastica proposto da Zamboni per disostruire i blocchi venosi alla base della Ccsvi.

Nel primo caso sono stati imbastiti in tutto il mondo numero studi, per lo più ecografici, che hanno prodotto risultati molto differenti a causa delle diverse metodologie usate, dell’esperienza degli esaminatori e talvolta anche del potenziale conflitto d’interessi degli autori.

A livello mediatico spesso hanno fatto più notizia gli studi negativi e dunque contrari all’ipotesi di Zamboni, come ad esempio lo studio CoSMo, promosso e finanziato dall’Associazione Italiana Sclerosi Multipla, e pubblicato dopo molti annunci nel settembre 2013, secondo il quale non esiste alcuna correlazione tra Ccsvi (trovata solo nel 3% dei malati) e sclerosi multipla. (2)

Su questo singolo studio si sono già espressi numerosi esperti vascolari (3) che hanno evidenziato i numerosi difetti metodologici di uno studio nato in pratica per dimostrare l’inesistenza della Ccsvi, con gli investigatori principali (Comi e Mancardi) gravati anche da un pesante conflitto d’interessi per via dei loro rapporti con le case farmaceutiche.

Nonostante che per l’Aism e alcuni media il “caso Ccsvi” sia incredibilmente considerato “chiuso“, se passiamo in rassegna la letteratura scientifica internazionale troviamo tre meta-analisi che invece hanno trovato una forte correlazione tra Ccsvi e sclerosi multipla, ma sono state completamente ignorate dalla stampa. (4)

Inoltre, sono stati pubblicati diversi studi flebografici che, con una tecnica maggiormente affidabile e meno operatore-dipendente, hanno trovato una importante correlazione tra le due malattie (5).

Contemporaneamente a tutto ciò, sono stati anche avviati alcuni studi per dimostrare l’efficacia dell’intervento di angioplastica per trattare la Ccsvi nei malati di sclerosi multipla.

In Italia è faticosamente decollato lo studio multicentrico Brave Dreams, promosso e finanziato dalla Regione Emilia Romagna, studio osteggiato dalla ostile Società Italiana di Neurologia (Sin) e dalla stessa Aism, che ne ha anche negato il finanziamento. I primi risultati potrebbero arrivare entro il 2015.

Nel frattempo, grazie ad una circolare del Ministero della Salute del 2011, per la Ccsvi di fatto operano in Italia quasi esclusivamente i privati che, con una procedura non ancora convalidata per la Sm, hanno tratto grandi vantaggi dalla scoperta di Zamboni e dalla disperazione dei malati che non possono di certo attendere i tempi incredibilmente lunghi della ricerca.

Come prevedibile spesso e volentieri non si conoscono i risultati dell’efficacia terapeutica di questi interventi. Tra l’altro secondo il primo studio di Zamboni pubblicato nel 2009 e non ancora smentito da nessuno il rischio di restenosi per le vene giugulari è addirittura del 47%! (6)

La ricerca del team ferrarese ha anche scoperto in questi anni il ruolo importante della compressione muscolare sulle vene giugulari che potrebbe essere una causa delle restenosi ma che necessita di ulteriori studi etici stante l’invasività dell’intervento.

Altri studi a Ferrara si stanno anche focalizzando sull’ipoperfusione cerebrale, che probabilmente viene causata dalla stessa Ccsvi.

Come si può notare c’è ancora molto da studiare e da capire sulla Ccsvi. E’ necessario pertanto supportare con forza i ricercatori che stanno studiando questo campo così affascinante e diffidare invece degli incantatori di serpenti che sfruttando la scoperta di Zamboni e la disperazione dei malati e delle loro famiglie promettono miracoli che puntualmente poi non avvengono.

(1) http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/09/09/dalla-cura-dell-insufficienza-venosa-una-speranza.html

(2) http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24014572

(3) http://mediterranews.org/2013/09/sclerosi-multipla-pareri-dei-medici-sullo-studio-cosmo-di-aism-sulla-ccsvi/

(4) http://www.pagepressjournals.org/index.php/vl/article/view/CerebVenReturn.2013.2/1369

(5) http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23948669

(6) http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19958985


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