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Lo stato di natura

Creato il 23 settembre 2011 da Patrizia Poli @tartina

 

Lo schema delle novelle è preciso:

Marcovaldo sente il riaffiorare delle stagioni nelle vicende atmosferiche e nei minimi segni di una vita animale e vegetale all’interno della grande città

Sogna il ritorno allo stato di natura

Va incontro a un’immancabile delusione.

La vignetta finale è a sorpresa (anzi a brutta sorpresa) come sui giornalini degli anni 60, nelle storielle brevi.

A volte i racconti sono amari, quasi realistici, fino ad arrivare a quelli in cui stato d’animo e paesaggio sono predominanti (“Il coniglio velenoso”, “La foresta sbagliata”). Come per sottolineare il carattere di favola, i personaggi di queste scenette – siano essi spazzini, guardie notturne, magazzinieri – portano tutti nomi altisonanti, medievali, da eroi di poema cavalleresco. Solo i bambini hanno nomi normali, perché non sono caricature.

La città non è mai nominata, ma potrebbe essere Milano, o meglio, Torino, per il fiume e le colline. Non è una città ma è la città, astratta e tipica come le storie raccontate, e come la Sbav, la ditta dove Marcovaldo lavora.

A contrasto con la semplicità quasi infantile della trama di ogni novella, lo stile è basato sull’alternarsi di un tono poetico-rarefatto, quasi prezioso, quando si parla della natura, e di un tono prosastico e ironico quando si parla della vita urbana. Quindi, nel linguaggio, la natura è collegata alla poesia, mentre la città alla prosa.

Lo spirito del libro è proprio in questo contrappunto stilistico spesso concentrato nella prima frase delle novelle, che ha sempre la funzione di introdurre il tema stagionale.

Il vento, venendo in città da lontano, le porta doni inconsueti, di cui s’accorgono solo poche anime sensibili, come i raffreddati del fieno, che starnutano per pollini di fiori d’altre terre.”

continua…


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