
Mentre la mia febbre cyberpunk ha fornito il coraggio sufficiente per imbarcarmi in Deus Ex: Human Revolution (e che mi sta piacendo - lo guardavo con titubanza forte del mio amore per il videogame del 2000) mi è sorta in modo spontaneo una riflessione.
C'è un certo perverso, genuino piacere nel giocare stealth anche quando lo si potrebbe tranquillamente evitare.
Non parlo quindi necessariamente dei vari Metal Gear Solid, Thief e Splinter Cell, ma di un discorso in senso lato:
l'idea stessa di vivere un videogioco in modo stealth, muoversi in modo invisibile, senza lasciare tracce.
Quasi stessimo ammirando il mondo virtuale creato dal videogioco solo dall'esterno, come dei fantasmi, pur essendoci inequivocabilmente dentro, consci del fatto che basta un nulla perché quell'incantesimo si spezzi:
un movimento troppo brusco, una traccia lasciata in bella vista, e il nostro castello di carte crolla.
Il giocatore stealth gioca con e contro se stesso, prima ancora che contro le difficoltà che il gioco ha pronte per lui.