Tiziana Daga per non solo Mozart
Il clima spensierato e l’euforica fiducia nel progresso industriale ed economico che caratterizzarono l’Europa degli ultimi vent’anni dell’800 fino al primo decennio del ‘900 – la così detta belle époque – insieme al desiderio di modernità e rinnovamento, ebbero nell’Art Nouveau la loro bandiera. In tutte le maggiori capitali europee – a Parigi come a Vienna, a Londra, Bruxelles, Praga o Barcellona – il nuovo gusto borghese coinvolse tutti gli aspetti della società: dall’arte, alla moda, alle arti applicate, caratterizzandosi per uno spiccato gusto per il floreale e il decorativo, che trova la sua più compiuta espressione nel ritmo elegante della linea avvolgente, dinamica, serpentina dell’inconfondibile motivo a frusta.
Il desiderio di novità che caratterizzò l’epoca è implicito nello stesso termine che questo stile assunse nei diversi paesi europei. In Germania prese il nome di Jugendstil (stile giovane) con riferimento alla rivista Jugend pubblicata a Monaco dove, nel 1892, si ebbe la prima Secessione che insieme a quella di Vienna del 1897 – capeggiata da Klimt – e a quella di Berlino del 1898 avrebbero contribuito in modo determinante all’affermazione del nuovo gusto. Nei Paesi Bassi verrà definito Nieuwe Kunst (arte nuova), in Spagna Arte Joven o Modernismo.
Parigi, edificio Art Nouveau
Foto: dalbera
In Francia la definizione di Art Nouveau derivò semplicemente dall’insegna della Maison Bing, il negozio aperto a Parigi nel dicembre del 1895 dall’imprenditore e mercante d’arte tedesco Siegfried (“Samuel”) Bing, che proponeva alcuni oggetti dal design innovativo, tra cui anche raffinati oggetti d’arte giapponese. Allo stesso modo in Inghilterra il nuovo stile sarà definito, oltre che Modern style, Liberty dal nome dei magazzini londinesi Liberty & Co. aperti nel 1875 da Arthur Lasenby Liberty in Regent Street, dapprima per vendere prodotti d’arte orientale e poi, soprattutto tra il 1890 e il 1905, oggetti e arredi prodotti in proprio come mobili, tessuti, argenti e peltri. Il successo della ditta londinese è testimoniato dal fatto che anche in Italia, dopo l’apertura di un nuovo negozio in Galleria Vittorio Emanuele a Milano, troviamo la definizione di stile Liberty accanto a quella di Stile floreale.
Foto: dalbera
Di fatto le diverse declinazioni dell’Art Nouveau rappresentano le prime compiute risposte al problema di conservare una qualità estetica agli oggetti prodotti industrialmente e al dibattito che su questo tema si era sviluppato già alla metà dell’Ottocento proprio nel paese che più di ogni altro aveva conosciuto un precoce e vivace progresso tecnologico ed industriale, l’Inghilterra. Nel maggio del 1851, nella Londra vittoriana, si era tenuta una delle prime e più memorabili esposizioni universali, destinata a rappresentare, attraverso il trionfo della macchina e dell’industria, il ruolo guida dell’Impero Britannico nel processo che caratterizzò la seconda rivoluzione industriale. Nei padiglioni del Crystal Palace, l’immensa architettura in ferro e vetro realizzata da Joseph Paxton per ospitare l’esposizione, milioni di visitatori poterono ammirare animali e piante esotiche mai visti fino allora, insieme ad opere d’arte orientali e stravaganti congegni meccanici, mentre uno smeraldo gigante donato dal maraja indiano alla regina Vittoria pendeva dalla cupola. In questo clima maturerà la reazione degli artisti inglesi in difesa dell’artigianato e con queste intenzioni William Morris fonderà nel 1888 l’associazione Arts and Crafts, la cui attività avrebbe gettato le basi per una nuova concezione delle arti applicate e per la nascita del moderno design.
Lalique, diadema-orchidea
Nonostante l’Art Nouveau abbia avuto in ogni paese caratteristiche diverse e varianti tipicamente nazionali, sul piano stilistico in essa si possono rintracciare alcuni elementi costanti, quali l’ispirazione alla natura e l’asimmetria e il gusto per la linea decorativa – sia sinuosa che geometrica – vitale espressione di quel nuovo e di quella modernità che quest’arte vuole tradurre. Linea e ornamento sono dominanti nelle creazioni dei geniali artisti che hanno contribuito allo sviluppo di questo stile; sinuose sono le curve che disegnano le chiome fluenti delle fanciulle dei manifesti di Mucha come di quelle dipinte da Gustav Klimt; allo stesso modo è la linea mista e mossa a disegnare la visionaria architettura di Antoni Gaudì, come le stazioni della metropolitana parigina di Hector Guimard o, ancora, a modellare le architetture e gli arredi del belga Victor Horta e i candelieri di Henry Van de Velde, come i gioielli di Réne Lalique o i vasi di Emile Gallé.
Mentre, in opposizione alle ondulate asimmetrie dei belgi e dei francesi, si muove la ricerca sia della Scuola di Glasgow, capeggiata dal geniale architetto scozzese Charles Rennie Mackintosh, sia quella degli artisti della Secessione viennese. Le loro raffinate composizioni sono caratterizzate dal rigore formale e dalla ricerca di ritmi decorativi giocati su eleganti stilizzazioni e geometrie che per molti versi anticipano sia le linee guida del Funzionalismo che quelle dell’Art Déco.
Lampada Tiffany
La natura è la primaria ed inesauribile fonte d’ispirazione per questi fecondi artigiani della modernità; quella natura che la cultura simbolista e teosofica di fin de siècle vedeva come il principio generatore di ogni cosa e che essi seppero tradurre in motivi e linee capaci di dare energia al ferro, alla ceramica, al mosaico, all’alluminio o al vetro, tutti quei materiali che – entrati a far parte dell’arredo delle città moderne – divennero con l’Art Nouveau il modo di colorarne il grigiore. In particolare in questo periodo conobbe uno straordinario sviluppo la lavorazione del vetro come dimostrano le geniali creazioni di Emile Gallé che, all’ingresso del suo laboratorio, fece scrivere “le mie radici sono nel cuore dei boschi”, o quelle dell’americano Louis Comfort Tiffany famoso per le sue lampade e vetrate realizzate con vetri coloratissimi e legati a stagno, detti vetri Tiffany, ma anche pittore e creatore di gioielli ed elementi di arredo, ancora oggi apprezzati in tutto il mondo.
Lalique, spilla a forma di libellula
L’ispirazione alla natura e l’uso di nuovi materiali dettero un rivoluzionario impulso anche all’oreficeria che ebbe in René Lalique, l’inventore del gioiello moderno, uno dei suoi più geniali creatori. Con lui la tradizione orafa ottocentesca tesa all’esaltazione dei materiali preziosi venne superata per un gioiello capace di avere valore espressivo di per sé, prescindendo dal valore dei materiali usati. Nacquero così capolavori straordinari come la spilla a forma di Libellula (1897–98), oggi nella collezione Gulbenkian, il petroliere e collezionista armeno che condivise con il gioielliere francese un’amicizia fondata sulla comune passione per i materiali preziosi e per la natura. Inquietante e seducente appare questo animale–donna che rimanda alla femme fatale per l’aggressività ed il senso di pericolo latente espresso negli artigli dorati. Fatale come le donne capaci d’indossare questi gioielli con disinvoltura sulla scena come nella vita, a cominciare dalla “divina” Sarah Bernhardt, la famosa attrice francese alla quale apparteneva la spilla acquistata nel 1903 da Gulbenkian.
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E proprio l’immagine femminile è un altro dei temi ricorrenti delle creazioni di questo periodo, una figura sensuale, sofistica e sfuggente, a volte ambigua e viperina, come nei bellissimi disegni di Beardsley, o ammiccante e di solare bellezza come nei manifesti di Mucha. A questa visione della donna seduttrice si associa quella della danza e dell’arabesco musicale che si traduce nell’immagine della danzatrice serpentina, emblematica espressione sia dell’amore–odio per la donna agli albori della sua emancipazione, sia di quella linea dinamica e generatrice di energia che contraddistingue il nuovo stile.
Proprio questa originalità e capacità di sovvertire ogni convenzione, nelle sue varie forme e nei suoi diversi livelli di ricercatezza, farà dell’Art Nouveau un fenomeno rilevante ben oltre i suoi tradizionali confini storici, influenzando l’arte e il design di tutto il XX secolo: dal Surrealismo all’arte hippy degli anni ‘60, fino al Post–modernismo.
Articolo di Tiziana Daga, storica dell’arte, tra i fondatori de La Serliana.