MOSCA 24 SETTEMBRE – All’indomani delle sanzioni imposte dall’Occidente alla Russia e dell’annuncio da parte di questa dello stop alle importazioni, già scompaiono dai supermercati della federazione le più comuni merci di provenienza europea. Nei carrelli ora troviamo vini e oli d’oliva georgiani, formaggi rigorosamente russi, frutta e verdura sudamericane e asiatiche. “Fino a poco tempo fa acquistavo sempre pomodori e arance provenienti dall’Italia perchè li ritengo i migliori, ma ora sono completamente stati ritirati dal mercato” spiega Sonija, studentessa dell’MGU (Università statale di Mosca).
I pochi prodotti italiani che persistono tra gli scaffali sono vini e oli, mentre la pasta sta via via lasciando il posto alla sua versione made in Russia. Tuttavia ora il prezzo di queste merci è aumentato in maniera esponenziale, costringendo i consumatori ad orientarsi verso i più convenienti prodotti russi o georgiani.
Questo incremento dei prezzi non può che giovare alle aziende russe che ora vedono un incredibile aumento di vendite ad esempio del “Rossijskoe šampanskoe”, la versione russa dello champagne, che dell’originale ha ben poco. Di fronte ad uno scaffale di spumanti dove il prosecco italiano costa 450-500 rubli (attorno ai 10 euro) e lo champagne russo appena 160 rubli (circa 3 euro), la scelta per molti consumatori (soprattutto se poco esperti in materia di vini) diventa obbligata.
Lo stesso vale per i bianchi e rossi da tavola italiani, francesi e spagnoli che si aggirano attorno ai 400 o 500 rubli e che cedono il posto nei carrelli agli innumerevoli vini provenienti dalle regioni del Caucaso, il cui prezzo rimane stabile sui 250 rubli. La nicchia dedicata ai vini europei negli scaffali tende ad assotigliarsi, mentre a farla da padrone sono proprio questi altri vini caucasici. Lo stesso succede per l’olio d’oliva: quello di marchio italiano supera i 500 rubli, mentre quello russo rimane attorno ai 100. A soffrire di questa situazione sono, qui in Russia, soprattutto i numerosi ristoranti italiani, che non riescono più a procurarsi i più comuni formaggi italiani per servire i propri clienti.
Non è però solo il reparto alimentare quello a risentire di questa situazione, ma anche il settore dell’abbigliamento. Se già prima di questa crisi internazionale acquistare capi occidentali in Russia voleva dire pagarli discretamente di più, ora i prezzi generalmente sono triplicati rispetto all’Europa.
Martina Napolitano
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