Lo Strano caso dell’Apprendista Libraia
di Deborah Meyler
Titolo: Lo Strano Caso dell’Apprendista Libraia
Autore: Deborah Meyler (Traduttore: C. Marseguella)
Serie: //
Edito da: Garzanti
Prezzo: 13,94 €
Genere: Narrativa
Pagine: 360 p.
Trama: Esme ama ogni angolo di New York e soprattutto il suo posto speciale: The Owl, la piccola libreria nell’Upper West Side. Un luogo magico in cui si narra che Pynchon amasse passare pomeriggi d’inverno. Un luogo che può nascondere insoliti tesori, come una prima edizione de Il Vecchio e il mare di Hemingway. Tra quei vecchi e polverosi scaffali Esme si sente felice. Ed è lì che il destino ha deciso di sorriderle. Sulla vetrina della libreria è appeso un cartello: cercasi libraia. E’ l’occasione che aspettava, il lavoro di cui ha tanto bisogno. Perchè a soli ventitrè anni è incinta e non sa cosa fare: il fidanzato Mitchell l’ha lasciata prima che potesse parlargli del bambino. La più grande passione di Esme è la lettura, ma non ha nessuna idea di come funzioni una libreria. Eppure ad aiutarla ci sono i suoi curiosi colleghi: George, che crede ancora che le parole possano cambiare il mondo; Linda, che ha un consiglio per tutti; David e il suo sogno di fare l’attore. E poi c’è Luke, timido e taciturno, che comunica con lei con la sua musica, con le note della sua chitarra. Sono loro ad insegnarle la difficile arte di indovinare i desideri dei lettori: Il Mago di Oz può salvare una giornata storta, Il giovane Holden fa vedere le cose da una nuova prospettiva, e tra le opere di Shakespeare si trova sempre una risposta per ogni domanda. E proprio quando Esme riesce di nuovo a guardare al futuro con fiducia, la vita la sorprende ancora: Mitchell scopre del bambino e vuole tornare da lei…
di Sil.lav
Non ho idea del perché ho finito questo libro. Però l’ho fatto, anche se l’ho chiuso con un sentimento di delusione, per il grande potenziale sprecato nella storia. Sconforto, perché pur partendo da un idea già usata, la storia poteva avere le carte in regola per diventare un libro veramente carino.
Tanti erano gli ingredienti che potevano dare il via ad un libro piacevole e, perché no, a modo suo, indimenticabile: la piccola libreria nel centro nevralgico del mondo, un’oasi che qualunque lettore vorrebbe trovare nella sua città, dei personaggi che si raccontano da soli…
E poi, è chiaro, c’è anche l’odore rassicurante di carta, nuova o vecchia, che ricorda a chiunque la prima volta che si è infilato il naso dentro un libro. Ma quello che mi piace di più è la compagnia: mi piace la gente che lavora lì e i clienti che arrivano a tarda sera per farsi un giretto e scambiare due chiacchiere. George è quasi sempre al suo posto, e un po’ meno spesso anche un ragazzo all’incirca della mia età di nome David. Di domenica la responsabile è Mary, che di solito arriva con il cane, Bridget, un enorme pastore tedesco. Ero convinta che la semplice presenza di quel bestione avrebbe scoraggiato i clienti ad entrare, ma a quanto pare è l’esatto contrario. La gente entra apposta per vedere Bridget, e finisce per comprare un libro. Di sera il responsabile è Luke, un ragazzo che indossa spesso una bandana. Ha le spalle larghe e non ama parlare. Deve avere una trentina d’anni. Quando è al bancone, senza George nei paraggi, Luke ogni tanto si mette a suonare la chitarra. Mi fa un cenno di saluto quando entro, ma non mi viene mai in mente nulla da dirgli. Mi piace accovacciarmi sull’economica moquette marrone e curiosare nello scaffale di libri d’arte mentre Luke prova e riprova i suoi pezzi. Lui non mi vede perché in mezzo c’è il reparto Sud est asiatico, ma io lo sento.
… poi lei, la protagonista Esme. Insomma, da una giovane donna, che si è trasferita dall’Inghilterra a New York per conseguire un dottorato di ricerca in storia dell’arte alla Columbia University grazie ad una borsa di studio, ti aspetti intelligenza, intraprendenza, che in pratica, faccia fronte alle difficoltà con piglio e decisione. Pensi di trovarti a seguire le vicende di un personaggio unico, invece, è tutto una delusione. Si fa irretire dal primo mammalucco che passa per strada, bello ricco e poco altro. Perché se dovessimo soffermarci sul carattere di Mitchell, potremmo aprire un libro intero di parolacce. Come fa, dico io, un’intelligente giovane donna ad innamorarsi così di un uomo del genere!?! Passi le fette di salame sugli occhi iniziali, ma poi… c’erano mille indizi e diverse situazioni che rendevano palese che tipo di uomo fosse. Uno di quelli da lasciar perdere e alla svelta. Non vi dico altro, per non rovinarvi la sorpresa (o l’incazzatura, nel leggere di quanto è tonta la protagonista a lasciarsi intortare da Mitchell).
Altra idea gestita veramente male è la gravidanza non programmata, argomento già usato e abusato, che però poteva funzionare se sviluppata veramente bene. La decisione di tenere il piccolo, le difficoltà di una mamma single a New York, tra il barcamenarsi per sbarcare il lunario (lavorando nel sogno di ogni lettore: una libreria con uno stile tutto suo!), e il tentare di portare avanti gli studi per cui si era trasferita oltre oceano. Non ultimo, una carrellata di personaggi intriganti, che avevano veramente del potenziale. Purtroppo, nel corso del libro spesso mi dicevo: “vedrai che tra poco la storia parte, darà un calcio ben assestato a Mitchell e si accorgerà che c’è di meglio in giro”. Vedevo, infatti, profilarsi per Esme una nuova storia d’amore. Idea che forse è stato solo parto del mio desiderio di vedere qualcuno di valido al fianco della protagonista per dare un senso al libro.
Invece, ho chiuso l’ultima pagina con la sensazione che il libro non fosse mai veramente iniziato. I mille comprensibili dubbi sulla gravidanza potevano dare spunto a simpatiche situazioni, le quali però, non si sono mai verificate. La stessa protagonista si perde nel racconto, diviene una persona che subisce gli eventi senza prendere veramente in mano le redini della sua vita. Peccato, veramente un peccato, tante belle idee sviluppate male.