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Samuel Taylor Coleridge
La Ballata del Vecchio Marinaio.
"Lasceremo il villaggio dietro di noi
allegramente, tu ed io,
per vagare cantando al vento,
come gli zingari..."
James Joyce
Ci sono luoghi che nascono accompagnati da una pessima reputazione, dove ogni avvenimento anche il più piccolo sembra confermare l'aurea di mistero e di indeterminatezza che li accompagna.
Questa è la storia di uno di questi luoghi. Uno dei tanti.
Al largo estremo della Scozia si può trovare un piccolo gruppo di isole situate nell'Oceano Atlantico, perfino più lontane delle Ebridi. Isolate da tutto e da tutti.
Esiste un nome poetico per definirle, i locali le chiamano Flannan cioè le sette cacciatrici.
In realtà sono quasi tutte dei grossi scogli, ma se il viaggiatore anche il meno distratto volesse rintracciarle sulla carta avrebbe qualche difficoltà ad indicare perfino la più grande tra loro.
Ed Eileann Mor significa per l'appunto in gaelico, Isola Grande.
Non ci si mette d'accordo nemmeno sul nome, alcune fonti chiamano l'isola Eilean Mor, con una n sola, fonti che aggiungeranno una e finale trasformando la definizione in Eilean More.
Ciò che conta veramente è che l'isola esiste.
Ed ha una sua storia da raccontare.
-STORIA DI UN ISOLA.
Eileann Mor.
Ci sono ricchi pascoli erbosi sull'isola, da sempre
i pastori delle vicine Ebridi da sempre sono abituati a trasportare lì le loro greggi di pecore per sfamarle.
Nessuno però disposto a trascorrervi la notte, nessuno disposto a dormire sull'isola.
La leggenda sostiene che chiunque lo faccia è destinato a scomparire nel nulla senza mai più essere ritrovato.
E' così almeno dal XVII secolo da quando un vescovo si decide di costruire una Cappella, si vocifera di spiriti e della presenza del "piccolo popolo".
Ma il progresso se ne frega delle leggende, la civilizzazione ha le sue regole, regole che non tengono conto degli spiriti o dei folletti.
Il traffico commerciale marittimo aumenta in continuazione, si sente sempre più il bisogno di costruire un faro.
E nel 1895 si decide di costruirne uno proprio a Eileann Mor.
- IL FARO.
Ci vuole un po di tempo, i lavori non procedono bene, ci sono ritardi.
Ma il 7 dicembre 1899 il Faro finalmente entra in funzione.
Data la posizione dell'isola e la complessità del lavoro vengono assegnati ben tre uomini, tre guardiani del Faro per un' isola con una superficie di centocinquantasette chilometri quadri, e un suo massimo punto in altezza supera di poco i 200 metri.
Viene prevista anche una turnazione quindicinnale, un modo per alternare gli uomini al lavoro.
Le cose sembrano funzionare, il Faro dell'isola per un intero anno. Per un intero anno i tre guardiani impediscono il verificarsi di naufragi in quel tratto di mare così difficile.
Finchè....
Sembra una notte come tante altre quella del 15 dicembre 1900, è una notte come tante altre anche per il battello Archtor. Il capitano Holman ha effettuato quel viaggio centinaia di volte, a suo modo è un pendolare abituato a tutto.
Eppure nota subito che qualcosa non va: il Faro è spento e dall'isola non giunge nessun segno di vita.
Holman segnala subito il problema, lo stesso faranno nei giorni successivi altri comandanti.
Tuttavia il mare è in tempesta, il maltempo rende difficile ogni tentativo di approdo.
Sarà solo il 26 dicembre, nel giorno di Santo Stefano che la nave rifornimento Hesperus, carica di rifornimenti e con i tre guardiani di sostituzione, dopo ben tre tentativi di attracco riesce a sbarcare su Eilean Mor .
A guidare la spedizione è il sovrintendente Joseph Moore.
Moore è il primo a sbarcare a terra, l'uomo ha dei motivi personali per essere preoccupato, tra i guardiani c'è un suo amico d'infanzia e il sovrintendente ha promesso alla moglie del suo amico di riportarlo a casa.
Ad accogliere i soccorritori si palesa uno scenario surreale, sull'isola tutto sembra essere rimasto al suo posto, perfino dentro al faro tutto sembra in ordine.
Quello che manca, quello che nè Moore, nè nessun altro troverà mai più sono i tre uomini.
Non ricompariranno mai più né vivi nè morti.
( Fine Prima Parte. Continua....)
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