Alcuni brani tratti da In Sicilia, (Longanesi, 2004) (1), di Matteo Collura. Un gran bel libro, un viaggio in un’Isola che è carica di Storia e di storie fino a scoppiare, oltre l’inverosimile, alla ricerca della vera essenza dei siciliani, che forse sono – come ben racconta l’autore – nient’altro che tragicomici “inquilini della storia” che però hanno dentro di sé insieme l’orgoglio e il disagio di essere così troppo carichi di storia, e di storie, troppo, davvero troppo, oltre l’inverosimile, fino a scoppiare. Inquilini della storia che cercano sempre, disperatamente e invano, di essere sfrattati.
Il paesaggio ragusano, ancorché spettacolare, non esprime forme drammatiche. E il perché è dato dalla sua quieta vastità, dal suo mostrarsi subito aperto da qualunque parte vi si giunga (…). Un’altra realtà paesaggistica, questa, rispetto a quella occidentale, a quella parte della Sicilia che sembra essere stata squassata – il mondo appena concepito – da uno spaventoso sisma, e poi così abbandonata, le calcinate plaghe esposte al sole e alla pioggia per millenni (…).Eppure certi angoli di questo litorale, quelli che meno esprimono la pur rara potenza del Mediterraneo e in cui si esalta, viceversa, la pacifica natura, oggi vengono scelti per fare da sfondo a banali serial televisivi, in cui fasulli quanto improbabili commissari di polizia trovano momentaneo rifugio tra un caso e un altro. Ed è da tenere nel conto, da indagare questa predilezione per una delle zone paesaggisticamente più miti della Sicilia, nell’ambientarvi storie in cui la violenza, fasulla anch’essa, fa da filo conduttore. (pag. 214).Poi, parlando del paesaggio della Sicilia occidentale, quella “che sembra essere stata squassata da uno spaventoso sisma”. Un mondo “appena concepito”: (Ecco ndr) i toni di incubo che, nel descrivere gli interni dell’isola, l’autore del Gattopardo ha saputo trovare: “Riapparve l’aspetto della vera Sicilia, quello nei cui riguardi città barocche e aranceti non sono che fronzoli trascurabili: l’aspetto di una aridità ondulante all’infinito in groppe sopra groppe, sconfortate e irrazionali, delle quali la mente non poteva afferrare le linee principali, concepite in un momento delirante della creazione: un mare che si fosse pietrificato nell’attimo in cui un cambiamento di vento avesse reso dementi le onde...” (…) Non c’è dubbio che il vero protagonista del romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa sia il paesaggio, la sua irredimibilità. È così, perché nell’elencare difetti e pregi dei siciliani, a un certo punto, il principe di Salina inequivocabilmente spiega: “Ho detto i siciliani, avrei dovuto aggiungere la Sicilia, l’ambiente, il clima, il paesaggio siciliano. Queste sono le forze che insieme e forse più che le dominazioni estranee e gli incongrui stupri hanno formato l’animo: questo paesaggio che ignora le vie di mezzo fra la mollezza lasciva e l’arsura dannata; che non è mai meschino, terra terra, distensivo come dovrebbe essere un paese fatto per la dimora di esseri razionali…”. Il livello di civiltà degli europei si misura con lo spessore del pastrano: più è spessa la stoffa del pastrano, più alto è il grado di civilizzazione, ne dedusse, ragionando su Mastro Don Gesualdo, David Herbert Lawrence. Ma qui non è soltanto questione di civiltà, bensì anche e soprattutto di razionalità; quella razionalità che – appunto mostra Tomasi di Lampedusa – manca al paesaggio siciliano. (pag. 17)Don Fabrizio principe di Salina dice al piemontese Chevalley di Monterzuolo: “Siamo vecchi, Chevalley, vecchissimi. Sono venticinque secoli almeno che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori, nessuna germogliata da noi stessi, nessuna a cui noi abbiamo dato il la; noi siamo dei bianchi quanto lo è lei, Chevalley, e quanto la regina d’Inghilterra; eppure da duemilacinquecento anni siamo colonia…” (pag. 27)La fuga dal passato, voglio dire, come balsamica evasione da un mondo ridotto in macerie quanto si vuole, ma che tuttavia obbliga a un confronto, a una sfida, a una scelta. ogni giorno, per sempre. In quella sua “lettera” da Agrigento che un pò mi sta facendo da bussola, Brancati coglie con esattezza questo dramma, il dramma dei siciliani condannati a rinnegare il proprio passato o ad accettare un confronto che li annienta- Viene anche da qui quella strana forma di follia che sconcerta e affascina chi entra in contatto con gli abitanti di questa regione: dal residuo genio di un popolo che ciclicamente, inesorabilmente si è visto sopraffare dall’unico talento che le vicende umane sembrano voler premiare: la violenza dei conquistatori. E dunque, dice Brancati, quel “mandare se stessi e gli altri splendidamente alla malora” (pag. 62)Mi ha aperto gli occhi una riflessione con cui Mario Praz conclude un libro che raccoglie i suoi scritti di viaggio (…): “Il massimo piacere del viaggiare si raggiunge quando allo spostamento nello spazio si unisce lo spostamento nel tempo. Se si trattasse solo di spazio, il viaggio d’America avrebbe facilmente il primato: in quale paese ci si può spostare più rapidamente e contemplare la natura negli aspetti più vari? Se il viaggio d’America, invece, lascia un’impressione di monotonia, ciò si deve alla poca profondità di spostamento nel tempo che esso offre. Non esistono tante città americane quanto la città americana, col suo volto industriale stereotipo, la sua sky-line, i suoi motels, hotels, stazioni di rifornimento, cinematografi eccetera, mentre a parte pochi edifici storici, quante case restano in piedi dopo cinquanta o sessant’anni, venendo demolite prima che possano diventare vecchie? In quelle città lo sfondo storico è sottile: se, come a Charleston e a Savannah, si può evocare la Guerra di Secessione, par già di respirare un’atmosfera più ricca. In Sicilia, d’altra parte, il retroscena storico è profondissimo, e la varietà del paesaggio supplisce alla relativa ristrettezza spaziale, sicchè si potrebbe facilmente sostenere che questo di Sicilia è il viaggi perfetto” (pag. 171)Mi sono trovato a Catania, non molto tempo fa, mentre dal cielo oscurato vi pioveva questa sottilissima polvere di carbone (durante le eruzioni dell’Etna ndr), che s’insinua ovunque, rendendo secchi gli occhi e le gole. (…) Ma questo è il vento nero del vulcano, non c’entra con il buio annunciato dalla luce nel suo massimo splendore; quel buio che i siciliani si portano dentro.Può rivelarsi inaccettabile oltre che inverosimile associare queste immagini desolate a una terra che al primo impatto e nell’immaginario si mostra come un angolo di mondo dagli infiniti privilegi naturali. Ma chi un pò conosce la Sicilia sa che dietro le superficiali omologazioni essa conserva intatta, per dirla con Bufalino, la sua “vocazione e legislazione di morte” (…). Qui c’è troppa vita, troppa luce, troppo fervore vitale, troppa esuberanza della natura per non avvertire, qui, almeno una volta, il loro contrario. E appunto la stessa natura, a queste latitudini, lo dice e lo prova, perchè dove esplodono più rigogliose le messi già s’ìntravede il deserto. E’ un privilegio e una condanna per gli esseri umani che vivono in questa realtà; quel privilegio e quella condanna che portano a corteggiare il buio e la morte. Uno stato d’animo che il poeta Lucio Piccolo ha spiegato limpidamente: “Questa mia predilezione per l’oscurità, per la penombra, non è come potrebbe sembrare un’atteggiamento esteriore, risponde a un’esigenza interna comune a noi siciliani, credo, quasi a contrasto della troppa luce che ci circonda: rifugiarci nell’oscurità di noi stessi e ritrovare quanto abbiamo perduto, esorcizzare il tempo, la morte“.Note1) Puoi acquistare il libro su Amazon. Leggi pure l’intervista all’autore su Infinitestorie.it, recensione sul sito di Grazia Giordani, recensione su wuz.it, recensione sul sito di Gaspare Agnello, recensione su LiberoLibro, recensione su Amici di Sciascia.2) I luoghi dove viene girato il serial su Montalbano sono quasi tutti in provincia di Ragusa: Donnalucata, Noto, Modica, Scicli e Ibla. I romanzi di Montalbano invece sono ambientati in una zona vicina a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento. Leggi qui e qui.
2-bis) Proprio oggi spunta la notizia che il serial tv su Montalbano potrebbe trasferire le sue location in Puglia. Leggi su Repubblica. L’opinione di Pietrangelo Buttafuoco: “Montalbano in Puglia è la ciliegina sulla torta marcia del governo Crocetta” (Tazabaonews). Dal blog di Massimo Lorello su Repubblica: “Montalbano sono, e voglio un posto alla Regione“. Su Resapublica: “Ecco come gli inglesi vedono la Sicilia di Montalbano” e “La reazione del Daily Telegraph alla notizia”. Il 18 settembre colpo di scena. Da nulla a tanto. Crocetta vuole fare di Montalbano un “bene culturale” patrimonio della Sicilia. Leggi su BlogSicilia.