Questo tal popolo, ossia, non una qualunque massa di individui, ma un plesso di uomini così o così organizzati, o per naturali rapporti di consanguineità, o per artificii e consuetudini di parentato e di affinità, o per ragioni di vicinato stabile; questo tal popolo, su cotal territorio circoscritto e limitato, che è così o così ferace, ed è tale altra maniera produttivo, e fu in determinate forme acquisito al lavoro continuativo; questo tal popolo così distribuito su tale territorio, e così in sé spartito ed articolato, per effetto di una determinata divisione del lavoro, la quale abbia, o iniziativa appena, o già sviluppata e maturata questa o tale altra divisione di classi, o delle classi ne abbia di già erose e trasformate parecchie; questo popolo, che possiede tali o tali altri istrumenti, dalla pietra focaia alla luce elettrica, e dall’arco e dalla freccia al fucile a ripetizione e che produce in un certo modo, e conforme al modo del produrre conseguentemente spartisce i prodotti; questo popolo, che per tutti cotesti rapporti è una società, nella quale, o per abiti di mutua accomodazione, o per esplicite convenzioni o per violenze patite e subite, son nati già o stanno per nascere dei legami giuridico-politici, che poi metton capo nell’assetto dello Stato; questo popolo, nel quale, nato che sia l’organamento dello Stato, che è il tentativo di fissare, di difendere e di perpetuare le disuguaglianze, e che, per via delle nuove antitesi che vi reca dentro, rende di continuo instabile l’ordinamento sociale, si determinano i movimenti e le rivoluzioni politiche, e quindi le ragioni del progresso e del regresso: ecco la somma di ciò che sta a fondamento di ogni storia. Ed ecco la vittoria della prosa realistica sopra ogni combinazione fantastica ed ideologica. Ci vuole certo della rassegnazione a veder le cose come esse sono, oltrepassando i fantasmi che per secoli ne impedirono la retta visione. Ma questa rivelazione di dottrina realistica non fu, né vuole essere, la ribellione dell’uomo materiale contro l’uomo ideale. E’ stata ed è invece il ritrovamento dei veri e propri principi e moventi di ogni sviluppo umano, compreso quello di tutto ciò che chiamiamo ideale, in determinate condizioni positive di fatto le quali recano in sé le ragioni e la legge, e il ritmo del loro proprio divenire. Di sotto allo strepito e al luccichio delle passioni, sulle quali di solito si esercita la quotidiana conversazione, più in qua dai moti visibili delle volontà operanti a disegno, che è quello che cronisti e storici vedono e raccontano, più in giù dell’apparato giuridico e politico della nostra convivenza civile, a molta distanza indietro dalle significazioni, che la religione e l’arte danno allo spettacolo e all’esperienza della vita, sta, e consiste, e si altera e trasforma la struttura elementare della società, che tutto il resto sorregge. Lo studio anatomico di tale struttura sottostante è la Economia. E perché la convivenza umana ha più volte cambiato, o parzialmente o integralmente, nel suo apparato esteriore più visibile, e nelle sue manifestazioni ideologiche, religiose, artistiche e simili, occorre di trovare innanzi tutto i movimenti e le ragioni di tali cangiamenti, che son quelli che gli storici di solito raccontano, nelle mutazioni più riposte, e alla prima meno visibili, dei processi economici della struttura sottostante. Cioè, bisogna rivolgersi allo studio delle differenze che corrono tra le varie forme della produzione, quando si tratti di epoche storiche nettamente distinte, e propriamente dette: e dove si tratti di spiegarsi il succedersi di tali forme, ossia il subentrare dell’una all’altra, occorre di studiare le cause di erosione e di deperimento della forma che trapassa: e da ultimo, quando si voglia intendere il fatto storico concreto e determinato, bisogna studiare e dichiarare gli attriti e i contrasti che nascono dai varii concorrenti ( ossia le classi, le loro suddivisioni, e gl’intrecci di quelle e di queste ), che formano una determinata configurazione.


VIA EMILIA
Nessuno, è inutile,
può ritrovare ai bordi delle strade
le tracce dei propri pensieri
anche se lasciate esitando
negli anni del militare.
Il Senio ha straripato
giù per la discesa e sale in gola
alle finestre delle case lungo la via
nel periodo incerto delle piogge,
nel periodo ciclico dei patti
che chiama i mezzadri
dai campi a prendere la via.
Via Emilia è una grande arteria
livida di luci nella notte
dove svoltano i clakson
e i rumori s’abbreviano nel giorno
tra carri e schiere in bicicletta
che trillano un’allegra miseria operaia.
Il tempo vi s’incanala vivo
è palpabile di sentori,
qui, si fa sangue.
-Mario Socrate-
