Il ciclo vitale delle farfalle dovrebbe essere noto a tutti, dato che probabilmente è quello più illustrato nelle scuole per spiegare la metamorfosi degli insetti. Ma avete mai osservato il processo da vicino? Credo valga la pena di approfondire la questione.
Prima di passare alle farfalla ritengo sia necessario fare un piccolo approfondimento sugli insetti, le larve e i bruchi.
Le farfalle appartengono all’ordine dei Lepidotteri e sono insetti Olometaboli insieme agli Imenotteri (api, vespe, formiche), ai Coleotteri (tutti gli insetti simili a scarabei o coccinelle), ai Ditteri (mosche e zanzare), più vari altri ordini minori molto meno famosi: Rafidiotteri, Neurotteri, Megalotteri, Strepsipteri, Tricotteri, Sifonatteri (pulci) e Mecotteri. Gli Olometaboli hanno un ciclo vitale diviso in quattro fasi ben distinte: uovo, larva, pupa (o crisalide nei Lepidotteri) e adulto. Di solito la larva ha una dieta e un modo di vita molto diverso da quello dell’adulto, in modo da evitare che giovani e adulti della stessa specie competano tra loro per il cibo e aumentando, quindi, le probabilità che i giovani giungano a loro volta all’età adulta per riprodursi. Quindi la caratteristica fondamentale degli Olometaboli è la metamorfosi completa che subisce l’animale durante la fase di pupa, in cui l’organismo viene massicciamente riorganizzato.
Vi siete mai chiesti che aspetto abbia un uovo di farfalla?
Quell’oggetto tondeggiante al centro della foto è un uovo di farfalla, per l’esattezza della specie chiamata Pieris rapae, comunemente nota come “cavoiala minore”. Infatti l’ho trovato su una pianta di cavolo (una delle tante varietà della Brassica oleracea) verso la fine di ottobre. E’ una specie piuttosto comune (a distribuzione Paleartica, significa che si può trovare in tutta l’Eurasia dall’Europa a Giappone), che di solito vola da marzo a ottobre e si iberna in inverno in forma di pupa, ma se le temperature sono miti non è raro trovarne anche i bruchi in inverno. La schiusa dell’uovo è un’operazione molto faticosa per il bruco, che deve aprirsi la strada all’interno del guscio con le proprie mandibole, questa operazione puà durare anche varie decine di minuti. Utilizzando un microscopio USB ho potuto registrare proprio questa fase:
Il video è stato molto accelerato in fase di montaggio, dato che l’animale ha impiegato oltre quaranta minuti per emergere dal guscio. Appena nato il bruco era lungo circa tre millimetri e si è riposato qualche minuto prima di iniziare la sua attività. I bruchi sono caratterizzati da un appetito insaziabile, che li spinge a divorare grandi quantità di cibo per accumulare l’energia necessaria alla metaformofosi in adulti. Man mano che crescono, mangiano quantità sempre maggiori di cibo, tanto che spesso divorano tutto il lembo delle foglie lasciando solo le venature. I bruchi in genere sono caratterizzati da una particolare struttura fisica: tutto il corpo ha una cosistenza piuttosto molle, solo la testa (o meglio, la capsula cefalica) risulta essere particolarmente dura, questo perché essa ospita le mandibole e i muscoli masticatori; inoltre i bruchi hanno anche delle pseudozampe, cioè delle zampe accessorie oltre alle sei tipiche di tutti gli insetti, che vengono usate per ancorarsi saldamente al substrato (sono simili a delle ventose).
Ingrandimento di pseudozampe di una larva di Lepidottero
La vita del bruco scorre monotona per alcune settimane durante le quali accresce le sue dimensioni, fino a superare i tre centimetri.
I bruchi di questa specie sono caraterizzati da un colore verde e da una riga gialla che corre lungo tutto il dorso e ben visibile nella foto, più la presenza di setole abbastanza corte. Al contrario di altre, le larve di Pieris rapae non hanno meccanismi di difesa come setole urticanti o veleni, la loro strategia di protezione si basa sul mimetismo. Una volta superati i tre centimentri circa di lunghezza, il bruco smette di mangiare e cerca un luogo dove impuparsi, cioè iniziare la sua metamorfosi. Di solito P. rapae si salda agli steli delle foglie o ai rametti delle piante ospiti tessendo della seta, però non si avvolgono in bozzoli come il celebre baco da seta (Bombyx mori). Dopo essersi saldamente appeso al substrato, il corpo del bruco va incontro a delle modificazioni: resta immobile per alcuni giorni e si accorcia di circa la metà assumendo una forma più tozza. Ultimata questa fase l’animale fa la muta, cioè cambia pelle per emergere come una pupa, che nei Lepidotteri è conosciuta col più famoso termine di crisalide. La parte frontale è a sinistra, nell’immagine. Osservando la pupa con attenzione di possono notare già i contorni degli occhi, delle zampe e delle ali.Durante la metamorfosi, che può durare svariati giorni, il colore della pupa vira dal verde verso il bianco-giallino per via della formazione dei pigmenti delle ali. Una volta pronta, la farfalla fa una nuova muta e abbandona l’involucro della pupa per emergere in tutto il suo splendore. Purtroppo non ho potuto filmare questa fare, in quanto credevo che vista la stagione la larva si fosse ibernata, invece una mattina ho trovato la farfalla che svolazzava nel contenitore. Appena emersa dall’esuvia (la vecchia “pelle”) le ali sono piccole e ripiegate su loro stesse, ci vuole del tempo affinché il cuore dell’animale vi pompi fluidi all’interno in modo da dispiegarle.
Una volta finito il processo abbiamo una splendida farfalla!
La quale si presterà a posare per delle spettacolati fotografie purché sia maneggiata con dei semplici accorgimenti per evitare di provocarle dei danni. Dopo il “servizio fotografico” può tranquillamente essere liberata all’esterno, se la caverà benissimo da sola.
L’adulto e la larva sono talmente diversi da non sembrare nemmeno lontamente imparentati, questo aspetto rende la metamorfosi un fenomeno assolutamente affascinante, non trovate? E’ increbile che possa avvenire una trasformazione così massiccia.