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Lo zen e i koan parte seconda

Da Marta Saponaro

LO ZEN E I KOAN PARTE SECONDA Un uomo incontra il suo maestro e gli dice: "Maestro ho deciso di raccontare la storia dello Zen. Nel momento stesso in cui ho preso questa decisione mi sono reso conto che, forse, non sarà un compito facile, per questo sono venuto da lei. Vorrei dei consigli, non so se sarò all'altezza di questo compito!" "Tanti, ragazzo mio, si sono cimentati, c'è chi ha scritto storie sullo zen, chi, invece, ha narrato la storia dello zen. Anche tu, se vuoi, puoi farlo". "La via che devi seguire è quella di non inventare nulla e nemmeno di fare copie da scritti altrui." L'uomo rimane sbigottito: come poter scrivere una storia zen senza inventare o senza rifarsi a scritti altrui, cosa rimane? Ma, prima di rispondere al maestro quest'ultimo riprende il discorso ponendogli una domanda: "in realtà cosa inventiamo di nuovo noi"? E' presunzione asserire che si può inventare; nulla ci appartiene persino il nostro involucro non è veramente nostro, così come i pensieri che produce. Inventare è pericoloso perché si può diffondere un dharma corrotto e nella nostra era ci sono molte persone che lo stanno facendo. Per loro si stanno aprendo le porte dell'inferno. Quando l'anziano saggio alza lo sguardo vede il biancore sul viso dell'uomo, così, per rassicurarlo gli dice che, comunque, anche l'inferno è una cosa costruita. Scrivere la storia dello zen è, come ho già detto prima, difficile. Per spiegare lo zen è meglio rifarsi ai miti, ai koan e alle leggende. La storia può essere ingannevole ed è mutevole. Mentre i due uomini sono seduti l'uno di fronte all'altro, il maestro ad un certo punto riprende a parlare narrando dell'illuminazione del Buddha Shakyamuni. Il discepolo approfitta dell'attimo di sosta dell'anziano maestro per prendere lui la parola e dire che è proprio da qui che vuole partire perché lo zen ha origine dall'illuminazione del Buddha Shakyamuni. Da un certo punto di vista ha ragione il giovane ma poi il il maestro aggiunge che si dice che Shakyamuni, il Saggio degli Shakya, apparteneva alla stirpe del Bambino nato dall'uovo, cioè di suo figlio Okkaka, canna da zucchero. L'uovo d'uomo è il primo uomo, lo stesso che gli indiani chiamano Manu. Manu, però, è anche l'antica comunità umana che viveva in pace, in armonia tra loro e con il mondo che la circondava. Non conosceva avidità, fame, freddo e paura. In quel tempo non esistevano le caste e le religioni,  gli uomini erano così beati che non sentivano il bisogno di cercare la via della Liberazione, vivevano in uno stato puro e libero senza bisogni senza falsità senza nulla.  Lo zen è la pratica della religione prima che esse venissero inventate. Il dharma, trasmesso da Manu  e giunto fino a noi, è l'eredità che proviene dalle sei generazioni passate di umanità. "In che senso", chiede il giovane discepolo, "come sei generazioni prima della nostra attuale"? Il maestro a questo punto con un sorriso dolce inizia un nuovo racconto. C'è stato un tempo in cui l'uomo viveva nell'età dell'oro, un tempo dove l'umanità era in armonia, poi succedettero altre tre ere, il Kitra, che comprende il Tetra Yuga, il Dvapara Yuga e il Kali Yuga. Quest'ultima è l'era oscura che è presente ancora oggi. In tutte queste ere la Vacca della Giustizia si è retta sulle sue zampe ma per ogni era trascorsa ha perso una zampa perché tre malattie sono diventate sempre più forti e potenti corrompendo gli animi: desiderio, fame e vecchiaia. A queste piaghe se ne aggiunsero man mano altre fino ad arrivare a novant'otto. Il mondo e l'umanità sono, così, scese nelle tenebre e nell'oblio e per far luce sulla terra sono giunti alcuni Buddha. Shakyamani, nato da stirpe regale, nacque nell'era Kaly Yuga. Alcuni pensano che sia il non avatara di Visnu. La stirpe shakya, che significa abile, perché anche se isolati  e in esilio riuscirono a prolificare e moltiplicarsi. Egli  aveva il compito di riportare la luce ma non riuscì, fallì anche lui.  Alla fine venne esiliato". Il giovane rispose che la storia della grande capacità di moltiplicarsi degli Shakya è presente anche nella sua religione, la cattolica. Infatti anche nella bibbia si racconta che Abramo ebbe una stirpe numerosa tanto quanto sono le stelle in cielo. " E come nella religione ebraica il suo discendente, il grande profeta Gesù, venne esiliato, così anche in quella indiana il Buddha ebbe la stessa sorte.  Inoltre, come nella religione cristiana Gesù vuole salvare gli uomini, anche Shakyamuni che di fronte ai santi e agli asceti del paranirvana si divide in due, uno di essi si assumerà il compito di non abbandonare i diecimila esseri ma di salvarli tutti e perciò rimarrà immerso nel divenire fino a quando anche l'ultima creatura dispersa non rincaserà. Così Shakyamuni ridiscende nel mondo fenomenico. OkNotizie

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