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Lo Zen e l'arte di non sapere cosa dire, di Stefano Bolognini (2010)
Creato il 08 novembre 2011 da PsichetechneAnno: 2010 Editore: Bollati Boringhieri Pagine: 150 ISBN: 978-88-339-2149-5 Euro: 14,00
Considerata l'ininterrotta pioggia battente di questi giorni e i cieli plumbei che ci sovrastano, mi sembra buona cosa alleggerire l'aria e l'atmosfera autunnale, parlando di questo gustosissimo libro di Stefano Bolognini, psicoanalista di Bologna, Presidente della Società Psicoanalitica Italiana e da pochissimo eletto Presidente dell'IPA (International Psychoanalytical association). E' utile premettere che questa sua ultima opera non è un libro di psicoanalisi, cioè non si rivolge affatto agli addetti ai lavori. Al contrario si rivolge a chiunque, poichè vuole descrivere, come recita il sottotitolo in copertina, "le strabilianti avventure nascoste nella vita quotidiana". Con mano leggera e spirito associativo-evocativo da uomo della strada che cammina nel mondo e riflette sui cambiamenti dell'oggi, non dimenticandosi della memoria sociale e familiare che sottende questo "oggi" che viviamo, Bolognini ci propone semplicemente sue riflessioni riguardanti il quotidiano, dipinto secondo le sue varie coloriture. Si tratta di brevi capitoletti a tema, quali ad esempio, l'uso che i giovani fanno dei progetti Erasmus, oppure da dove deriva il gusto universalmente condiviso della cotoletta, oppure ancora le sensazioni nascoste che proviamo quando i mendicanti per strada ci chiedono l'elemosina. Come si vede sono temi derivanti dalla quotidianità più quotidiana, una quotidianità dietro la quale si celano mondi, immagini, storie, che attraversano la Storia e giungono al Presente formando e informando le nostre percezioni giornaliere. Lo stile di Bolognini è spassoso, e insieme delicato, riflessivo, introspettivo, come era accaduto anche nel suo precedente "Come vento, come onda" (2008), altra opera che consiglio vivamente di leggere. "Lo Zen e l'arte di non sapere cosa dire" sembra un dipinto ad acquerello, composto da lievi tratti dai colori pastello, come quei piccoli arcobaleni che si intravvedono in giardino, tra una quercia e una camelia, durante certe pioggerelline primaverili. E' un toccasana per lo spirito, un digestivo delicato per questi tempi bulimici, perchè invita a fermare il tempo, a fermarsi di fronte alle vicende quotidiane che ci occorrono, invitandoci a pensarle, disvelarle, soppesarne l'importanza. Il libro è anche un omaggio alla Storia e alla memoria in quanto tale, poichè in molte sue parti ha come protagonista la famiglia bolognese dell'Autore, cioè i suoi "avi": il quadrisnonno Raffaele, che "emigra" da Bologna a Imola intorno al 1880, ma poi, terrorizzato da tale distanza (circa 30 chilometri), fa dietrofront e ritorna alla sua amata Bologna; la nonna Clementina, che, interpellata su vari argomenti, soleva appunto rispondere "Non si sa che cosa dire", sospendendo il senso delle cose, e aprendo la mente altrui a pensieri ulteriori e insaturi. Dietro queste storie si coglie la grande umilità e soprattutto il grande amore per l'Umano, da parte di un Autore la cui passione per la Psicoanalisi, come metodo conoscitivo e come cura (di sè e dell'altro), si coglie palpabilmente, in filigrana, tra le pagine del libro. "Lo Zen e l'arte di non sapere cosa dire": consigliatissimo, e da leggere mentre fuori piove, seduti sulla poltrona più comoda del salotto, sorbendo una tisana calda, e lasciandosi andare, abbandonando la mente ad una dimensione il più possibile sognante e introspettiva.
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