Lo zombie di Montelepre

Creato il 09 novembre 2010 da Casarrubea

La notte dei morti viventi (George Romero,1968)

Come in un gioco d’azzardo, cominciano a venire alla luce frammenti di una verità quasi impossibile. Lentamente. Ma qui non si gioca a carte. Ci sono di mezzo sette anni di storia italiana, 411 morti ammazzati e diverse stragi. Bambini e donne innocenti, lavoratori inermi, carabinieri e poliziotti alle prime armi. Senza contare le decine di vittime della lupara bianca o di improbabili suicidi connessi alla vita e alla morte del più noto terrorista italiano del secolo scorso, Salvatore Giuliano. Ne ha assassinati più lui che Kappler alle Fosse Ardeatine.

Emergono ora dettagli sullo stato di quel cadavere esumato il 28 ottobre scorso. E le sorprese non mancano. All’apertura della bara di zinco, sotto la lente delle telecamere della polizia scientifica è apparso un corpo. Si ipotizza sia stato sepolto nudo.

Ha il capo poggiato sui resti di una giacca di velluto, si vedono alcuni capelli, la calotta cranica presenta un taglio dovuto a un intervento chirurgico. Si scorge la dentatura e un segno a forma di Y sul torace. Il pube è coperto da un pezzo di stoffa, mentre tra le gambe spuntano due scarponcini.

Non vogliamo sostituirci ai periti medici legali che nelle prossime settimane effettueranno l’esame del Dna e l’analisi della dentatura, che sembra in buono stato. Ma ci sono elementi che, da studiosi di storia, sentiamo il dovere di mettere in rilievo.

Apprendiamo, ad esempio, che la bara “per alcuni anni è rimasta seppellita in un altro luogo e poi trasferita nel cimitero di Montelepre”. Ce lo racconta “Lasiciliaweb” dell’8 novembre 2010.

Elemento, questo, a dir poco sconcertante e non certo noto al grande pubblico. Se comprendiamo bene la lingua italiana, quel cadavere sarebbe stato custodito in un luogo che non è quello della cittadina dove Salvatore Giuliano è nato e cresciuto. Possibile? E se così fosse, quali  motivi avrebbero spinto a questa operazione inusuale?

E poi: che storia è questa di un cadavere che, dopo l’autopsia,  sarebbe stato collocato nudo dentro a una bara con la giacca sotto la testa, un pezzo di stoffa sul pube e le scarpe posate tra le gambe? Qualcuno o aveva una gran fretta o ha voluto lasciare un messaggio.

Sembra, insomma, che il corpo di quest’uomo non abbia ricevuto le sacrosante e rituali attenzioni collettive che si prestavano ai morti a quell’epoca, e  ancora oggi, in Sicilia.

Possibile che una veglia funebre sia stata celebrata, in pubblico o in privato, dinanzi a un cadavere in queste condizioni? Sarebbe stato un evento sacrilego.

Prova ne sia che le decine di fotoreporter e cineoperatori sguinzagliati tra Castelvetrano e Montelepre, dopo il 5 luglio 1950, non hanno mai scattato un’immagine o girato un metro di pellicola su questa scena. Fino a prova contraria.

Il mistero continua. Nella miglior tradizione dei racconti dell’orrore.

Giuseppe Casarrubea e Mario J. Cereghino


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