© Festival del film Locarno
Le voci durante la giornata sostenevano che ieri sera in Piazza Grande sarebbe stata proiettata una commedia d’autore, dopo tanti giorni di drammi e documentari per il Ferragosto ci saremmo rilassati, “Mr. Morgan’s last Love”, con protagonista Sir Michael Caine, prometteva i fuochi d’artificio. Invece questo film, che non è commedia leggera o una dramedy, si è rivelato un dolcissimo e triste racconto dedicato all’amore e alla vita, quando quest’ultima pian piano fa di tutto per spegnersi.
Il signor Matthew Morgan (Michael Caine) è un americano che vive da anni a Parigi con la moglie, è un marito devoto ed il suo amore è tale d’assecondare sino all’ultimo le volontà di una compagna morente così ora si ritrova imprigionato nella città in cui ha vissuto anni felici. Il caso vuole che un giorno Matthew incontri Pauline (Clémence Poésy), una giovane insegnante di danze, e che tra i due si crei un legame particolare che instilla nuova linfa vitale sia nella oramai triste routine del vedovo sia nella vita alla deriva della ragazza.
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Mr. Morgan inizialmente non riuscirà a inquadrare la situazione e, sino a quando non darà la giusta collocazione nella propria esistenza alla giovane, continuerà ogni giorno ad andare avanti con maggiore energia, cosa che farà crescere sempre più il sospetto dei familiari (i figli di Mr. Morgan hanno i volti di Gillian Anderson e di Justin Kirk) che – ovviamente – non comprendono quale sia il legame tra i due e soprattutto temono che Pauline sia un’approfittatrice.
Il film della regista tedesca Sandra Nettelbeck è l’adattamento di un romanzo (“La douceur assassine” di Françoise Dorner) sull’amore, sull’amicizia, sul supporto reciproco, sulla complicità che si può creare tra esseri umani in ogni luogo e in ogni momento a prescindere da tutto il resto. I due personaggi sono diversi per provenienza, passato ed età, ma hanno i medesimi desideri e necessità affettive: compagnia e voglia vivere non conoscono, infatti, alcuna barriera.
© Festival del film Locarno
Questa pellicola non è l’ennesima storiella sulla solitudine o sull’amore intergenerazionale – mai film è stato più distante (!) – ma narra di qualcosa di universale ed umano, ed è girato con una tale delicatezza da portarmi ad essere altrettanto dolce nel parlare del suo punto debole.
Perché nonostante le interpretazioni equilibrate e prive di sbavature, nonostante la fotografia calda e confortevole, nonostante l’attenzione ai luoghi e nonostante l’eleganza delle inquadrature, il film soffre di una lentezza che potrebbe far assopire i più adrenalinici e, normalmente, anche la sottoscritta. Stranamente, invece, la mia attenzione è rimasta ai massimi livelli, segno che molto più di quanto percepito abbia funzionato, quindi non posso che promuovere quest’opera che trasuda storia, cultura ed è un visibile prodotto del vecchio continente.
Voto: 6+. Non è “Amour”, ma vale un passaggio.