© Festival del film Locarno
Siamo in quel nord (Europa) in cui la luce è quasi verde, in sottofondo c’è una musica inquietante e l’incipit del film di cui parliamo oggi è degno dei migliori thriller: cadaveri, spari e uomini nell’ombra. Si tratta di “The Keeper of Lost Causes” l’opera con cui si è chiusa la giornata di sabato, notte fatta di risate prima e di tensione dopo, perfetto mix da offrire a un pubblico accorso davvero numeroso in Piazza Grande questo weekend.
La storia narrata nell’opera del regista Mikkel Nørgaard è quella di un caso che viene riaperto da Carl Morck, agente sopravvissuto ad una operazione di polizia andata male. Dallo shock l’uomo viene prima rimosso dalla omicidi per diversi mesi e al suo rientro viene riassegnato al dipartimento Q, modo elegante di indicare lo scantinato in cui vengono custoditi i casi oramai in naftalina. Nessun punto di contatto con la serie televisiva “Cold Case” a parte il fatto che i casi di cui si occupa il protagonista non siano più “freschi” o abbiano attrattiva.
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“The Keeper of Lost Causes” segue uno schema ben preciso e di efficace risultato: il protagonista è ancora segnato dal trauma vissuto, mal sopporta il suo nuovo incarico e soprattutto è scontroso col prossimo, nuovo assistente incluso, ci dovrà quindi pensare il fato a rimettere in ordine le cose. Intendiamoci, nessun cambio di registro, sempre di thriller si tratta e sempre di casi archiviati si occuperà il duo sullo schermo, soprattutto sarà la scomparsa di Merete Lynggaard, un’esponente politica svanita nel nulla durante una traversata in battello qualche anno addietro, a dare il LA all’azione.
Tutte le tessere del musaico sono a questo punto, infatti, sul tavolo e la ricerca di una soluzione al rompicapo può avere inizio. Catturata l’attenzione dello spettatore, attraverso un modello narrativo che incuriosisce molto (noi vediamo ciò che i protagonisti non sanno e ci arrovelliamo ad intuire come possano venire a capo del mistero), la corsa contro il tempo entra nel vivo.
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Il regista sfrutta tutti gli strumenti a sua disposizione per confezionare un gran bel thriller che mi fa dimenticare le prove non superate da suoi colleghi nord-europei durante la scorsa stagione cinematografica. Qui l’oscurità è preponderante, a un cupo presente si contrappongono eterei e luminosi ricordi ma, nonostante siamo nella fredda Scandinavia, la luce diviene sempre più calda e avvolgente ogniqualvolta ci si trova in interni, quasi a contrastare il livido paesaggio esterno e a far dimenticare le buie scene forti.
Interessante come la tensione riesca a crescere nonostante gli appassionati del genere possano intuire come volgerà la storia. A questo punto, poco importa, l’intrattenimento ha funzionato e il pubblico appare soddisfatto. La sottoscritta di sicuro lo è, e lo promuove a pieni voti nonostante sia tratto dall’ennesimo best seller, ma forse proprio perché mai letto
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