Il concorso internazionale si diversifica sempre più ogni ora che passa e ci fa dimenticare la giornata novembrina all’esterno. Senza alcun rammarico (nessun cielo azzurro ci attende, al massimo l’ennesima secchiata di acqua gelida in testa) affrontiamo “Dos Disparos” il film argentino in concorso qui a Locarno67.
© Festival film Locarno
“Dos Disparos” è la storia di Mariano, un ragazzino che, dopo una notte pischedelica, fa un tuffo in piscina, rientra in casa e, trovata una pistola, si tira due colpi ben assestati: uno pancia e uno in testa ma, ironia della sorte, sopravvive.
La vera storia parte da qui.
Una pallottola viene estratta, l’altra si è persa nel corpo del giovane, il quale non pare avere alcun disturbo sino al giorno in cui riprende in mano il flauto dolce e inizia a suonare. Una nota si sdoppia, un sibilo nuovo rimbalza nell’aria, e il ragazzo si mette subito in testa sia frutto di una interferenza della pallottola che non si trova più. Di sicuro, questo primo “incidente” da il via ad una serie di situazioni bizzarre che, col passare dei minuti, trasformano un film iniziato drammaticamente in un’opera ironica.
L’idea è interessante, la realizzazione invece soffre di lentezza e staticità. Tanti i silenzi che si alternano a dialoghi “riempitivi”; molta l’attesa che qualcosa accada, mentre una lunga serie di riprese si fissano su piccoli gesti del quotidiano che non paiono arricchire la narrazione, ma sembrano essere un escamotage per allungare un brodo che se fosse rimasto ristretto avrebbe potuto trasformarsi in un buon mediometraggio di un’oretta. Ma non è finita qui: a metà del nostro viaggio, il registro cambia, la scena viene occupata da nuove figure e ci perdiamo nelle retrovie Mariano. Insomma, il film non c’è più e il motivo di questa ennesima nota stonata è rimasto un mistero.
© Festival Film Locarno
Tutto questo stupisce giacché il regista, Martin Rejtman, è una persona con alle spalle un bel po’ di anni di esperienza sia in TV sia sul grande schermo. Mi sarebbe quindi piaciuto sapere se quest’opera fosse il suo “sassolino nella scarpa”, il divertissement che aveva sempre sognato e mai realizzato, perché in cuor suo temeva sarebbe andato in contro a critiche, oppure sia solo un progetto non andato nella direzione sperata. Noi non l’abbiamo capito, rimaniamo con i dubbi irrisolti. Ora tocca al pubblico.
Vissia Menza