‘Lisbon Revisited’, in 3D
Ormai si sbaracca. Tra poco, alle 21, in Piazza Grande comincia la cerimonia di premiazione, seguirà la proiezione di Geronimo di Tony Gatlif (di cui ho già scritto, avendolo visto ieri sera in anteprima stampa). Poi si chiude per quest’anno. Oggi il momento centrale è stato quella della conferenza stampa delle 11 con la comunicazione dei vincitori, di cui già saprete tutto (nel caso non fosse così, ecco la lista). Nel pomeriggio tre film son comunque riuscito a vederli.
ore 14,oo: Lola di Rainer Werner Fassbinder. Nell’ambito dell’omaggio a Armin Mueller-Stahl.
Son passati 33 anni da questo film, ma Fassbinder sa colpire ancora, tant’è che alla fine il pubblico – non i soliti addetti ai lavori, il pubblico che il biglietto se lo paga – è scoppiato in un applauso che non finiva più. Moltissimi i tedeschi, per i quali quello che allora era il regista della gran trasgressione e del peccato oggi è un monumento nazionale. A ragione, peraltro. Lola fu uno dei suoi maggiori successi commerciali, come si legge nella biografia di RWF Un giorno è un anno è una vita – autore Trimborn Jürgen – uscita qualche mese fa dal Saggiatore. Lola ha una qualche affinità con L’angelo azzurro, a partire dal nome della protagonista e dal suo mestiere, chanteuse in un cabaret-bordello. Di lei si innamorerà l’integerrimo responsabile comunale dei lavori pubblici, senza sapere niente di lei e del suo mestiere. Siamo nella Germania anni Cinquanta in piena ricostruzione e voglia di arricchirsi. In un piccolo centro in forte crescita economica c’è una cricca di speculatori immobiliari, con tanto di collusioni politiche, che sembra Le mani sulla città in versione teutonica. Ma il tono qui è quello della commedia, e in fondo oggi a interessarci non sono tanto le noiose e datatissime tirate ideologiche anni Settanta contro il capitalismo e la libera iniziativa privata di cui abbonda Lola, ma la doppia vita della protagonista, le sue ansie di legittimazione e riscatto sociale e il perdersi per amore, anzi per passione, dell’integerrimo signore di cui sopra. Fantastica Barbara Sukowa, flessuosissima e ultrasexy, e signora mia, come passa il tempo, com’è cambiata la Sukowa da allora, come si è visto l’anno scorso in Hannah Arendt (dove peraltro è formidabile). Da ripescare su Youtube la scena in cui canta I pescatori di Capri, travolgente. Oltre ad Armin Mueller-Stahl, con quegli occhi là che sappiamo (“ero il Brad Pitt della Ddr”, ha detto), c’è Mario Adorf.
ore 16,30: Parole de kamikaze di Sawada Masa. Fuori concorso.
La giuria dell’opera prima gli ha dato stamattina la menzione speciale e siccome me l’ero perso, nel pomeriggio son corso alla videolibrary a recuperarlo. Ne valeva la pena. Un’ora e mezza di intervista a un signore ultranovantenne che si arruolò volontario nel 1944 nello squadrone volante dei kamikaze, i soldati giapponesi votati alla morte. Spiega come tecnicamente avveniva l’attacco suicida, spiega come mai lui sia sopravvissuto (“il mio superiore non mi ha mai scelto per una missione”). Poi scopriamo tutta la verità. Era il trainer dei kamikaze e toccava a lui decidere chi mandare a morire, tra i dieci e i quindici alla volta, tutti ragazzi di vent’anni o poco più. Da vedere, nel caso arrivasse in Italia. Dai titoli di coda si scopre che le riprese dell’intervista, realizzata in più momenti e in ambienti diversi, sono di Bertrand Bonello. Ragione in più per non perderselo.
ore 18,30: Lisbon Revisited di Edgar Pêra. Fuori concorso.
3D d’autore per questo film di poco più di un’ora sospeso tra videort e cinema (ma tanto che ci importa dei confini e degli sconfinamenti? quel che conta è la cosa). Pretenziosissimo. Costruito su testi assai oscuri e enigmatici di Pessoa declamati in portoghese, francese e inglese, quasi sempre sconnessi dalle immagini che ci roteano davanti agli occhi. Quando non usate addirittura come puro suono. Visualità piuttosto cafona, rutilante, cose di natura (acque, boschi, fiori, animali grandi e minuscoli ecc.) riprese selvaggiamente e con filtri colorati. Qua e là vedute di Lisbona mescolate a tutta quella roba di rami, foglie, bestie. Un po’ neopsichedelico, fracassone, pacchiano. Allora, scusate, cafonaggine per cafonaggine preferisco Tony Gatlif.